di Andrea Braconi
Una breve riflessione sulle trasformazioni sociali in atto, sulla tragedia di Fermo e sulla necessità di un'informazione che vada oltre copie e click.
Caro Emmanuel,
adesso che è arrivata la conferma della tua morte, voglio chiederti scusa.
Lo faccio come giornalista perchè, troppe volte, la mia categoria ha la capacità di diventare veicolo di intolleranza e razzismo.
Le parole che utilizziamo, i titoli che consapevolmente forziamo per un pugno di copie o di click, non aiutano a comprendere quanto questo pianeta (e non soltanto la piccola comunità nella quale viviamo) si sia trasformato, arrivando a rovesciarsi.
Da stamattina, insieme alle mie colleghe Alessandra e Mery, cerchiamo dettagli, rincorriamo persone, scriviamo pezzi di nostro pugno, pubblichiamo i commenti più disparati sulla vicenda che ti ha visto, purtroppo, protagonista, monopolizzando (per nostra scelta) l'homepage del nostro sito.
Perchè sento, anzi, sentiamo una forte responsabilità: far conoscere la tua storia e quella della tua compagna al maggior numero di persone possibile. Una storia unica ma drammaticamente comune a tante altre vite in fuga dalla follia.
Oggi, quando sono entrato all'Ospedale di Fermo insieme ad uno sparuto gruppo di persone per abbracciare la tua Chimiary, ho avuto la possibilità di scattarle diverse foto.
Ho scelto di non farlo, perchè per me il rispetto viene prima di un titolo.
E questa non sarà mai per me un'occasione perduta, ma piuttosto un piccolo passo per rendere più umana la mia professione. E me stesso.
Non ho avuto il privilegio di conoscerti, ma sicuramente verrò a salutarti. E non lo farò da solo.
Perdonami. Perdonaci.
Tratto da: informazione.tv