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traffico di drogadi Piero Innocenti
La disinvoltura nelle strategie e nelle alleanze, la flessibilità nell’individuare sempre nuove rotte e nello stringere sempre nuovi legami, allorché la rete perde qualche maglia e subisce qualche strappo, per qualche azione di contrasto, dimostra, ogni giorno di più, che la globalizzazione del crimine, in primis quello del narcotraffico, funziona.
E sempre più spesso lo troviamo intrecciato con gli interessi, le operazioni, gli agenti delle organizzazioni politiche estremiste, rivoluzionarie e/o terroriste. Le esigenze di finanziamento, per il reperimento delle armi, per l’addestramento, per la sopravvivenza, rendono il fenomeno quasi ineluttabile e sempre più pericoloso, anche perché sempre più ambiguo.
Del resto anche gruppi o esponenti politici, inseriti in un normale sistema democratico, hanno spesso fatto ricorso a finanziamenti di dubbia provenienza o sfacciatamente illeciti.
Senza contare che le potenzialità di corruzione, dati gli ingenti profitti, inquinano, talvolta in modo determinante, le istituzioni dei paesi più avanzati e civili.
Ci si chiede, allora, se funzioni altrettanto bene la globalizzazione delle risorse impiegate contro la criminalità organizzata. Gli organismi internazionali e le varie agenzie dell’ONU, dell’UE, le polizie internazionali, le collaborazioni bilaterali e multilaterali tra i vari paesi sicuramente hanno riportato vittorie parziali nel campo.
Esiste, tuttavia, un problema di uniformità e di conformità nelle leggi, nei sistemi operativi, nella disponibilità delle risorse che si vogliono impiegare. Da questo punto di vista i problemi politici, sociali ed economici e anche di cultura e di mentalità (le rivalità e le gelosie dei vari apparati della sicurezza, l’interscambio informativo carente, talvolta assente) che possono dividere un paese dall’altro, sono senz’altro gli ostacoli da superare, con pazienza e perseveranza, ma è indubbio che certe resistenze abbiano invece a che fare con coinvolgimenti più o meno marcati, più o meno visibili, più o meno forti con il sistema di relazioni che, comunque, le varie mafie riescono a creare e a consolidare.
Non a caso, il sistema finanziario è il più impermeabile.
Il traffico internazionale di stupefacenti rappresenta, ancora oggi, la fonte maggiore di proventi illegali (in media 7,7 miliardi di euro l’anno, secondo il rapporto del 2013 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore- Centro Interuniversitario Transcrime).
Tuttavia il fenomeno del riciclaggio legato alla criminalità finanziaria è in crescita vertiginosa e le tecnologie dei cyberpagamenti non sono più soltanto mere ipotesi.
Tutti sono convinti, ormai da diversi anni, che nel contrasto alla grande criminalità organizzata la strategia da seguire sia quella dell’attacco alle ricchezze di provenienza illecita.
Sul piano legislativo molto è stato fatto, nei singoli paesi, nella lotta al lavaggio di denaro (l’introduzione, nel nostro ordinamento, della fattispecie dell’autoriciclaggio è il tentativo di completare un sistema normativo che vede il nostro paese in buona posizione nel contrasto ai patrimoni illeciti della c.o.).
Molto, tuttavia, rimane da fare sul piano dell’impegno concreto, anche se la piattaforma di scambio informativo assicurata da Europol, tramite le ARO (Asset Recovery Office) dei paesi membri (in Italia attiva dal 2012), è stata una confortante iniziativa, come ha sottolineato anche la interessante relazione – relatrice l’on Laura Garavini – della Commissione parlamentare antimafia, approvata il 17 giugno 2014, sulla lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed extraeuropea.
In Italia, l’ARO è operativa presso il Servizio di Cooperazione Internazionale della Direzione Centrale della Polizia Criminale, dove vengono concentrate le richieste delle ARO straniere, per poi essere distribuite, ratione materiae, alle forze di polizia ( privilegiata, naturalmente, la Guardia di Finanza per la comprovata competenza e alta professionalità) o alle strutture interforze (Direzione Investigativa Antimafia, Direzione Centrale per i Servizi Antidroga).
Naturalmente qualcosa deve migliorare e, ancora oggi, si registrano intollerabili ritardi nelle risposte con alcuni paesi (Ungheria, Croazia, Belgio) mentre con altri (Regno Unito) le esagerate puntualizzazioni formali, richieste nelle situazioni presentatesi, sono parse davvero eccessive per un’azione di repressione che si voglia definire seria e tempestiva.
Ora, poi, dopo il recente esito referendario della “Brexit”, con l’Inghilterra fuori dall’UE, la situazione di interscambio informativo in generale e su quello del riciclaggio in particolare, temo che subirà un drastico taglio. Con grande soddisfazione per la grande criminalità, anche quella italiana, che nella “City”, ricicla, da anni, denaro sporco.
30 giugno 2016

Tratto da: liberainformazione.org

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