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giordano pippo web10di Pippo Giordano
E se provassimo a seppellire per sempre il dogma gattopardesco, ribaltando il motto “dobbiamo cambiare tutto per non cambiare nulla” in “rimbocchiamoci le maniche e ripartiamo da zero per una nuova primavera di lotta alla mafia”? Nel nome e per conto di coloro che tristemente ci hanno lasciati per mano violenta mafiosa, noi tutti dovremmo toglierci dagli occhi le fette di prosciutto e aprire quelle persiane per tanto tempo rimaste troppo socchiuse. Sarebbe necessaria una visita dall'otorino, per farci guarire dall'ipoacusia, malattia genetica che affligge il Popolo italiano sin dall'Unità d'Italia. Dobbiamo scrollarci d'addosso quella maledizione che riteniamo ineluttabile, secondo cui la mafia fa parte dell'arredo del nostro essere siciliani. Dobbiamo rispedire al mittente la più grande bugia propinataci con l'antidoto chiamato con l'altisonante nome “Antimafia”. Un antidoto inutile, inefficace e per certi versi odioso, laddove caimani senza scrupoli ne hanno fatto largamente uso per scopi personali, sia pecuniari che di carriera. Ed è fuori dubbio che l'anzidetto antidoto, nato dalla necessità di svegliare la società dormiente, ha fallito il suo obiettivo. Ad onor del vero, qualche timido risultato lo ha ottenuto riuscendo a scongelare il torpore omertoso. Ma il risultato è dovuto ai giovani e non agli attempati, che si sono ben guardati dallo schierarsi senza se e senza ma.
Quindi dopo l'annus horribilis dell'antimafia, con le vicende di Antonello Montante, Ivan Lo Bello, Roberto Helg, Silvana Saguto e per certi versi Pino Maniaci, un cambiamento è auspicabile se non necessario. Occorre azzerare tutto il “sistema” che gira attorno all'antimafia, riformando la normativa che regola le assegnazioni dei beni confiscati alle mafie. Parimenti, occorre rivedere le norme sull'elargizione di contributi pubblici a favore di associazioni ed enti che svolgono attività culturali riconducibili al mondo 'antimafioso'.
Diceva il grande scrittore siciliano Gesualdo Bufalino che per vincere la mafia ci vorrà un esercito di maestri elementari. Quindi perché non indirizzare tutti gli sforzi verso la scuola, invece di assistere a mega dibattiti e conferenze con poco impatto sia sui i giovani che verso gli adulti? Se gli esperti di “cose di mafie” andassero gratuitamente e senza luci della ribalta, nelle scuole a gettare il seme della legalità, allora si che potremmo parlare di un'antimafia genuina, vera e senza mire carrieristiche e di potere.
Si respira nell'aria la necessità di un cambiamento, si ha voglia, dopo la tempesta, di una primavera che ridia speranze a chi crede che avere un Paese senza condizionamenti mafiosi sia possibile. Ed è per questi motivi che faccio appello al nostro Presidente della Repubblica, affinchè si faccia promotore di una primavera all'insegna dell'onestà, col nobile fine di ricostruire la casa delle Legalità, ahimè deturpata da uomini delle istituzioni infedeli.
Un altro aspetto per cambiare l'antimafia fallita potrebbe essere la rivisitazione della legge sui beni confiscati, ovvero la legge Rognoni-Pio La Torre. E' sotto gli occhi di tutti il fallimento parziale di quelle che furono le intuizioni di Pio La Torre. Non sto a sciorinare dati e circostanze per evidenziare i fallimenti, oltre che gli abusi posti in essere, ma vorrei suggerire, anche sulla scorta di esperienze personali, una diversa regolamentazione dei beni confiscati alle mafie. Che i beni confiscati vengano assegnati a enti pubblici e associazioni senza scopo di lucro rappresenta il giusto riconoscimento per l'ingiustizia subita: una specie di risarcimento danni alla società ferita. Purtuttavia, bisognerebbe non perdere di vista un aspetto fondamentale, ovvero che la parte lesa del compendio criminale è l'intera società. E' lo Stato. E, come tale, la parte più consistente dei proventi delle mafie, dovrebbe essere appannaggio delle strutture investigative per rimpinguare le croniche carenze di uomini e mezzi. Accennavo alla mia esperienza personale, allorché in ragione del mio lavoro conobbi la realtà statunitense tramite l'FBI e l'Agenzia federale Marshals Service. Negli States, i beni confiscati vengono immediatamente venduti con aste pubbliche da operatori diversi. In sostanza a società esperte del settore, viene assegnata la vendita dei beni immobili e mobili, e tutto col fine di autofinanziare le Agenzie interessate. Ritengo, che anche nel nostro Paese, considerando l'evoluzione delle mafie, si possa prevedere l'immediata vendita dei beni confiscati, specialmente quando si tratti di attività commerciali e imprenditoriali, per salvaguardare i posti di lavoro. Riusciremmo ad ottenere un duplice scopo: ottenere il risarcimento del patito danno in tempi brevi e non gravare sui padri di famiglia, che dalle lungaggine dell'attuale legge pagano in prima persona.
Cambiare, si può! Basta con questa antimafia fatta da opportunisti, che offendono chi per amore di Giustizia ha perso la vita per mano mafiosa.

ANTIMAFIADuemila
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