Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

renzi matteo webdi Luciano Armeli Iapichino
Caro Matteo, chi scrive è un cittadino siciliano di questa Repubblica, classe 1975, come te. Chi scrive non si pone su una linea ideologicamente antitetica alla tua o di netto pregiudizio verso l’operato del Governo di cui rivesti la massima carica, Presidente del Consiglio dei Ministri.

No, non scrivo per questo!     
Chi scrive non giudica le tue scelte in materia di Economia, il bonus degli 80 euro, la tua “buona scuola”, le riforme in cantiere, la tua visione ecologica, quella referendaria, il tuo modus cogitandi e  comunicandi, i tuoi slogan, la tua agenda politica, i tuoi meriti e i tuoi demeriti.
Non entra nella sostanza del dibattito politico.
Nulla di tutto questo!
Ricordo, anzitutto, che appartengo (apparteniamo) ad una generazione che ha forgiato la propria visione delle umane cose a partire dalla gestione presidenziale di uomo che si chiamava Sandro Pertini.
Una generazione che ha iniziato a incassare i colpi della crudeltà dell’esistenza con la morte del piccolo Alfredino Rampi (lo ricordi l’incidente di Vermicino … avevamo 6 anni).
Abbiamo visto crollare le ideologie e mutare gli scenari geopolitici con la caduta del muro di Berlino. In tempi di liceo, soffrivamo per le preoccupazioni inerenti alla Guerra del Golfo; poi abbiamo preso dimestichezza con l’affaire Tangentopoli e la voglia di una rivoluzione socio-politica è diventata un’esigenza via via sempre più pressante.
La questione morale era lo snodo nevralgico di tutte le altre questioni.
Infine, è arrivato internet e ha rivoluzionato noi, i nostri tempi, il nostro stile di vita, anestetizzando, un po’ per volta, le esigenze di tipo morale a vantaggio di quelle materiali.
A proposito, questa non è una chicca mediatica da intercettare con un twitter come il petaloso di qualche tempo fa. Questa è una missiva diretta a quel Matteo che è ha vissuto la storia di cui sopra e che oggi, da uomo maturo vestito da Presidente del Consiglio, coglie e comprende tutti i linguaggi:
quello dei poteri-forti, quelli dei social - network e quelli della sua e della nuova generazione.  
È trascorso un trentennio e molto è cambiato. Della I Repubblica nessuna traccia, forse …
Di quelle speranze e aspettative la traccia, invece, esiste ed è localizzata nella necropoli della disillusione.
In Sicilia abbiamo percepito sulla nostra pelle, forse più di ogni altra terra, il significato della parola mattanza, quella umana ad opera della cosiddetta mafia;
una mattanza che ha coinvolto tutte le categorie umane e professionali: imprenditori, poliziotti, giornalisti, magistrati, genitori, figli, testimoni, passanti …          
In un modo o nell’altro, comunque, siamo cresciuti.
Tu sei toscano, e la Toscana è bella dentro ed è bella fuori.
Come la mia disgraziata Sicilia, crocevia di civiltà millenarie.
Sei venuto a Catania e a Palermo, passando per il viadotto Himera, ma non entro nel merito della questione. Avresti potuto fare anche un altro percorso. Non molto più lungo. Avresti potuto far visita a due genitori, a Barcellona Pozzo di Gotto nel messinese. I due genitori sono Angela e Gino Manca in attesa da tre lustri di verità e giustizia. Magari i nomi non ti dicono nulla. Sono la madre e il padre del Dott. Attilio Manca, un giovane urologo morto da tempo, nel 2004. Un sorta di Giulio Regeni nostrano. Un luminare dell’urologia morto fracassato di botte (e questo è il parere di alcuni e professionali anatomopatologi) e di inoculazione nell’avambraccio sinistro (il Dott. Manca era un mancino radicale) di un mix letale (tranquillanti, alcool e droghe) a Viterbo. Su questa morte, per la famiglia, per i legali, per la gli intellettuali e i giornalisti che hanno approfondito il caso, per alcuni pentiti, aleggerebbe la latitanza e l’intervento alla prostata del boss Bernardo Provenzano.
Di questa storia se ne è “occupata”, altresì, la Commissione Parlamentare Antimafia, Chi l’ha Visto?, Annozero … e adesso è nelle mani del giudice Prestipino a Roma.
Muri di accidia processuale, depistaggi, silenzi istituzionali hanno colorato di vergognosa inaccettabilità questa oscura vicenda della storia della Repubblica che tu, in questo momento e tra mille difficoltà interne ed esterne, traini nell’accidentato terreno della tua presidenza.
Una vicenda impantanata nelle sabbie mobili dell’omertà di Stato.
Nell’affaire Manca sembrano, “sciacalleggiare” (consentimi l’uso di questo termine che andrebbe coniato), infatti, certi poteri forti che a qualsiasi latitudine spaziale e temporale si aiutano in una sorta di mutualismo pro mantenimento dello status quo.
I poteri forti. Un’espressione che agli occhi del semplice cittadino, del popolo, dice tutto o forse non dice niente. Un’entità astratta, impercettibile ai sensi e inaccessibile alla ragione, che rimanda a livelli misteriosi e sovrumani, ad accordi di anticamera, a patti carbonari, a forgiatori di do ut des inimmaginabili, a fantomatici demiurghi dell’ordine mondiale, a ferree intese massoniche, a impenetrabili segreti di Stato deviato, ad intoccabili Innominati, a ciò che è invisibile, impenetrabile, inesistente .. in una parola: i poteri forti.
Eppure, Matteo, il dolore, lo scoramento, la scarnificazione d’animo dei coniugi Rampi, sul ciglio di quel fossato, in quel lontanissimo 1981, erano tangibilissimi e con quelle espressioni di morte, ben forgiate nel cuore, indelebili nello Chateau d’If della nostra memoria, siamo cresciuti.
Le stesse che ha vissuto, inaspettatamente, la famiglia Regeni.
Le stesse che continuano a vivere i genitori di Attilio Manca.
Tu, Matteo, forse, comprendi bene le logiche di certi poteri; li vivi sulla tua pelle; li tocchi con mano per la stabilità del Governo; penso a quelle delle Banche, dei Petrolieri, degli accordi partitici trasversali, delle leggi ad personam … in altre parole, penso a tutto quell’humus di potere invisibile agli occhi del popolo italiano.
Eppure, una tua netta, chiara e accorata presa di posizione sul caso Manca, considerato il silenzio del sicilianissimo Presidente della Repubblica che in certi suoi interventi rammenta alle nuove generazioni: Ci dicono che esistono grandi ideali e sogni da realizzare per cui vale la pena battersi e che vi sono buone cause da far trionfare”; e ancora: Su questi monti, in queste valli, con il sacrificio del sangue è stata scritta la parola libertà, oppure sul caso dello sfortunatissimo Giulio Regeni: “non possiamo dimenticarlo”, accenderebbe un lume di speranza a due genitori;
restituirebbe dignità al povero urologo trucidato già, altre volte, da alcuni mentitori dello Stato che hanno inumato in campo giurisprudenziale e istituzionale la categoria dell’imparzialità,
hanno inumato il manuale della deontologia professionale,
hanno inumato la maschera della vergogna;
restituirebbe, altresì, dignità ad una Nazione e a un popolo che ha sete di normalità, ha sete di civiltà, ha estremo bisogno di giustizia.
Caro Matteo, dinanzi a certi omicidi, dinanzi ad una fin troppo evidente crocifissione nel Golgota delle Paese Italia, anche i padri che respirano aria di potere forte, che vivono nella dimensione degli Intoccabili, che vedono il mondo dalle alte vette di chi conta nella gestione dell’ordine delle cose, che decidono della vita e della morte della povera gente, che oscurano l’anima dei genitori … anche loro dovrebbero dare una risposta. Il limite è oramai oltrepassato. La nazione offesa!
Il caso Manca è l’emblema di quell’Italia abbandonata dalla Istituzioni, quella a cui non interessano gli slogan o i viadotti Himera, le diatribe politiche o i conflitti d’interesse; quella che nonostante tutto arranca a fine mese, continua a far visita giornalmente ai propri figli nei cimiteri; quella muta che non fa testo e che non funge da serbatoio di consensi; quella cui non è applicabile la formula demagogica; quella che un Sandro Pertini non avrebbe abbandonato (come fece con la povera siciliana contadina, Francesca Serio, cui avevano massacrato il figlio Turiddu), quella che aspetta che un Presidente del Consiglio, padre, e della mia generazione, si occupi anche di essa.
Come spiegheresti ai tuo figli la morte di Attilio Manca?
Come definiresti loro una Nazione in cui è consentito un orrore di questa portata, lontana dalle democratiche civiltà europee?
Come lasceresti che crescano, studino e si realizzino in presenza di un Leviatano istituzionale, in agguato, che per la logica della Ragion di Stato è pronto a sbranarli senza vedere in faccia nessuno?
In una parola, qual è il senso di questo Paese … dopo i martiri della Resistenza e il sudore dei lavoratori …

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos