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riina giuseppe salvatoredi Rino Giacalone
Il mestiere di giornalista e’ tra i più belli, per me, dal mio punto di vista, perché ogni giorno permette di conoscere e come diceva il buon Toto’ siccome gli esami non finiscono mai, per il giornalista medio non passa giorno che non si debba affrontare un esame. Spesso, ma non sempre, rappresentato dal giudizio di chi ti legge, di chi ti ascolta. Perché questa introduzione? Perché ho parecchio riflettuto sulla introduzione che il buon Bruno Vespa ha fatto mercoledì a notte fonda a proposito della intervista al Riina Jr (nella foto) Cosa ha detto Vespa? Ha giustificato l’intervista dicendo che “per conoscere meglio la mafia c’è bisogno di interviste come questa”. Torno sempre a Toto’ e me lo immagino a chiosare le parole di Vespa con un sonoro, ma mi faccia il piacere. Vuoi conoscere cos’è la mafia?

Ora a parte il fatto che un giornalista navigato come Vespa e’ incredibile che possa davvero ritrovarsi a corto di conoscenze sulla mafia da non poterle da solo girarle al pubblico, magari invitando i familiari delle vittime innocenti delle mafie, o chi per esempio è sfuggito al piombo e al tritolo di Cosa nostra- faccio due nomi Carlo Palermo, destinatario dell’attentato di Pizzolungo del 2 aprile 1985, e Rino Germana’ questore da un anno in pensione, sfuggito il 14 settembre 1992 ad un agguato tesogli a Mazara da tre mafiosi di peso,Messina Denaro,  Bagarella e Graviano – , ma vuoi conoscere cos’è la mafia, ma chiedi di intervistare i boss, Toto’ Riina, Provenzano, la sorella o il fratello di Matteo Messina Denaro, Patrizia e Salvatore, o ancora i Guttadauro di Bagheria. Risponderai che sono richieste senza speranza? Prova con altri, l’ingegnere Aiello, Toto’ Cuffaro, ma in ogni caso facendo domande alla Biagi o alla Marrazzo, non in ginocchio o dalle risposte scontate. Vuoi intervistare a tutti i costi il figlio di un mafioso, c’è Giovanni Impastato, il papà era un mafioso, morto ammazzato per non essere stato capace di mettere in silenzio Peppino.

Ma ci sono anche i figli di un mafioso “colletto bianco” di Mazara, architetto dell’ufficio tecnico comunale, Pino Sucameli, che il 19 luglio 2010 nel giorno del l’anniversario della strage di via D’Amelio dove fu ucciso Paolo Borsellino, presero carta e penna per dire che i loro eroi erano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non più il padre. L’intervista a Salvatore Riina, che mi sembrava essere uscita da quei serial USA tipo Dallas, le storie di famiglie danarose e potenti, ma sempre con un guaio, un inciucio o una tragedia tra i piedi, con la differenza che Toto’ u Curtis risolveva tutto ammazzando la gente, a non voler pensar male e’ stata un gancio per il lancio editoriale del libro, a pensar male quella intervista là si può inserire in uno scenario di incredibile guerra mediatica che si sta conducendo contro il mondo dell’antimafia. Come accade in periferia, e da tempo, facendo finta di parlar di mafia si finisce con l’attaccare l’antimafia. Il 23 maggio e il 19 luglio di ogni anno si elogiano e si celebrano Falcone e Borsellino che oramai sono morti e non possono più smuovere alcuna carta, e poi ogni giorno si calpesta il lavoro dei vivi, dei pochi vivi che vogliono far qualcosa contro la mafia. Anzi si fa di peggio e questo accade nei Palazzi di Giustizia e nelle redazioni delle testate giornalistiche, c’è chi in questi palazzi e’ preposto a mettere ostacolo al lavoro del collega che davvero la mafia la vuole contrastare e questo accade negli uffici dove si gira con la toga, o si tiene pronto tra le mani taccuino e penna. Qualcosa è già accaduta, e in commissione alla Camera l’indomani dell’intervista a Riina Jr c’è chi ha pensato ad abbassare le difese del 41 bis, magari si è pensato al povero babbo che non può più riabbracciare figli e i nipoti nel frattempo arrivati.

Vuoi conoscere caro Vespa cos’è la mafia, quella di oggi? Non è più quella di Riina, è quella di Matteo Messina Denaro che usa ancora i vecchi pizzini ma è la mafia dei figli dei vecchi boss di una volta che però sono cresciuti con il modello 2.0, vieni nelle imprese sequestrate e confiscate, vieni in periferia, prova a intervistarli e se non parli con loro parla con chi li affronta ogni giorno. Non aggiungo altro, tanti hanno commentato la scelta giornalistica di Bruno Vespa, che adesso ci propri era una azione riparatrice, come se tra mafia e antimafia bisogna tenere viva la par condicio. L’intervista di Bruno Vespa però sono contento che sia andata in onda, almeno per smentire che non è vero che a notte fonda la Rai manda in onda cose belle, anche schifezze, e poi perché Vespa e’ un maestro del giornalismo ed ai suoi allievi ha dimostrato quello che domani nessuno deve fare.

Tratto da: articolo21.org

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