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referendum 2016di Barbara Scaramucci
Il 17 aprile si svolgerà un referendum di tipo abrogativo: si tratta di decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, cioè più o meno a 20 chilometri da terra, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il referendum dovesse passare – raggiungere il quorum con la vittoria del sì – le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter continuare a sfruttare il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge.

E’ il primo referendum nella storia d’Italia ad essere stato ottenuto dalle regioni. Sono stati infatti dieci consigli regionali, diventati nove dopo il ritiro dell’Abruzzo, ad aver depositato le firme necessarie per indire il voto popolare.

E’ un quesito piuttosto tecnico, che attiene essenzialmente ai problemi della sostenibilità ambientale, un passaggio cruciale dei nostri tempi. Le posizioni dei partiti e all’interno dei partiti sono frammentate come forse mai, e questo vale anche per le organizzazioni e le associazioni del settore. I risvolti economici sono notevoli (la maggior parte delle piattaforme è gestita dall’ENI), e la situazione è molto simile in altri paesi dell’Unione Europea come l’Inghilterra e l’Olanda.
Ma il punto non è questo. Su come votare ognuno la pensa come vuole e non sarà questo spazio di Articolo 21 a entrare tecnicamente nel merito. Però dedicheremo al referendum del 17 aprile questo spazio fisso perché chiunque voglia esprimersi pro o contro lo possa fare liberamente.

Questo significa semplicemente informare. La macchia nera, anzi nerissima, che inquina questa consultazione elettorale è il silenzio dell’informazione, la scelta, palesemente pilotata da molti poteri forti e fortissimi, è di non far conoscere neppure l’esistenza di questa consultazione, oltre che il contenuto.

Il dovere dell’informazione è la ragione sociale di Articolo 21. Ovviamente noi ci siamo e ci saremo, trasparenti come sempre. Il silenzio di questi giorni, quando siamo a meno di tre settimane dal voto, è purtroppo un altro segno tangibile di una democrazia che non se la passa affatto bene. Non ci piacciono nemmeno gli appelli all’astensione, pur sapendo bene che fanno parte delle campagne referendarie. Ma quello che non troviamo sopportabile è il venire meno del dovere dell’informazione e non possiamo non dirlo in chiave autocritica anche per la categoria dei giornalisti.
Diamoci da fare per rimediare.
(31 marzo 2016)

Tratto da: articolo21.org

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