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terra dei fuochi idrantedi Karim El Sadi
“Napule è mille culure" intonava così l'artista napoletano per antonomasia, Pino Daniele.
“Napule mille colori” è anche il rosso pomodoro il bianco mozzarella e il verde basilico, un brand italiano globalizzato all'estero ed in tutto il resto del mondo. "Napule è mille culure" ma anche "mille paure" perché al suo interno vige il terrore iniettato dalla camorra e inculcato nei cuori dei cittadini costretti a stare in silenzio di fronte a scandali internazionali, quello più eclatante è quello dello sviluppo delle ecomafie nella “Terra dei fuochi” di cui parleremo.
Tra i primi ad indagare su questo “flagello” è stato il poliziotto Roberto Mancini. Fu lui a consegnare, nei primi anni '90, un'informativa alla Procura di Napoli in cui rendeva noto ciò che aveva visto e soprattutto respirato tra le province di Napoli e Caserta nel corso di allucinanti sopralluoghi nei siti di stoccaggio di materiale, anche radioattivo, e in discariche anarchiche più che illegali. Fu tra i primi a indicare nel perverso intreccio camorra-aziende del nord la chiave di volta della strategia di quella strategia del veleno.
Un’informativa per lungo tempo rimasta “lettera morta” fino a quando è stata inserita negli atti del processo per inquinamento della falde acquifere contro i mammasantissima dei rifiuti cancerogeni, tra cui Cipriano Chianese.
Perché chi di dovere non si è interessato di quelle notizie di reato? Oggi, che Mancini non c’è più (è morto a causa di un cancro il 30 aprile 2014 dopo un lungo periodo di agonia, ndr) il ministro dell’Interno lo onora definendolo “vittima del dovere”. Certamente, come poter dire il contrario.
Non dimentichiamo però che per lunghi anni le Istituzioni hanno ignorato le denunce emanate dai cittadini malati di tumore, con risultati delle analisi di quelle aree che venivano camuffate o non tenute in considerazione.
Eppure Mancini non è stato il solo ad aver parlato della “Terra dei fuochi”. C’è anche un altro protagonista, l’ex boss dei Casalesi Carmine Schiavone diventato uno dei più grandi collaboratori di giustizia italiani. Questi ha rivelato in più occasioni le posizioni delle varie discariche abusive e la tipologia di materiali versati in esse. Ha scritto libri e ha tenuto numerose interviste fino al giorno della sua morte, il 22 febbraio 2015, per cause ancora non chiarite.
Per anni la camorra ha deciso di fare da "spazzino" dello Stato. In tutti i sensi perché le industrie Made in Italy (e non solo) hanno sempre fatto appello ad organizzazioni mafiose per disfarsi di quei rifiuti tossici che se bonificati, come le leggi suggeriscono, costerebbero un occhio della testa alle casse statali. Così la camorra avrebbe ricevuto camionette colme di rifiuti di ogni genere e tipo da emittenti dal "colletto bianco" per poi depositarle successivamente nei campi dei poveri contadini partenopei. Oggi oltre ad aver contaminato ettari ed ettari di campagne hanno impedito a quei pochi agricoltori di campare con quei miseri euro giornalieri che ricevevano vendendo le loro verdure al mercato. Prima che lo scandalo venisse portato alla luce la merce veniva naturalmente comprata e consegnata a quelle compagnie del centro e nord Italia che rivendevano a loro volta a noi consumatori. Ciò significa che persino noi potremmo non essere esenti da malattie tumorali dovute al consumo di frutta inquinata. Per non parlare dei vari roghi notturni accesi ai bordi delle stradine campagnole. Roghi che con l'innalzarsi del vento possono formare dei veri e propri incendi che a loro volta generano fumi (tossici naturalmente) che si propagano in ogni angolo delle campagne rendendo l'aria irrespirabile e l’acqua imbevibile. Le famiglie che ignare del pericolo hanno costruito casa e famiglia proprio sopra quei giacimenti tossici si ritrovano oggi con membri familiari deceduti a causa della "Malattia". Malattia con la M maiuscola come se fosse un nome proprio, perché gli abitanti del cosiddetto "triangolo della morte" non hanno più il coraggio di definire quel male come cancro. La gente non ha nemmeno il coraggio o la voglia di denunciare la cosa perché sa già che perderà in partenza sia per quanto riguarda l’insabbiamento della denuncia da parte delle Istituzioni (spesso vicine anche alle criminalità organizzate, ndr) sia perché temono eventuali ritorsioni peggiorando ulteriormente il loro status di cittadini.
Non ci si rende conto che "non esiste una sola discarica in Campania che non sia costituita per oltre il 50% di sostanze tossiche”. Parole dette dal ricercatore Antonio Marfella. Detto ciò sarebbe stato sufficiente denunciare la cosa prima che si raggiungessero gli attuali livelli di inquinamento, descritti da molti studiosi come punto di non ritorno. Una cosa è certa, come al solito tutti sapevano ma nessuno ha detto niente. E intanto morire di vecchiaia è diventato un lusso.

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