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di Sara Donatelli
Più di duecento ragazzi presenti all’interno dell’aula magna del Liceo Scientifico “Niccolò Copernico”, pronti a dare il proprio benvenuto al PM Antonino Di Matteo, loro nuovo concittadino. Il magistrato oggi è infatti divenuto un cittadino onorario della città di Bologna. Ed è proprio Bologna che spalanca le braccia per accogliere il PM palermitano. Un abbraccio caldo ed affettuoso, quello che questi duecento ragazzi, di appena sedici o diciassette anni, sono riusciti a dare al Dottor Di Matteo, visibilmente commosso dalla calorosa accoglienza. “Mi avete fatto commuovere oggi, i doni che mi avete fatto hanno per me un valore inestimabile. Avverto tanta solidarietà da voi, e per me questi incontri sono di fondamentale importanza. Tutto ciò, infatti, serve a ricordarmi quello che realmente è il mio ruolo di magistrato, ovvero rendere un servizio alla collettività. Oggi avete la possibilità di avere di fronte a voi, all’interno della vostra scuola, un magistrato a cui fare domande e, perché no, muovere anche delle critiche. E’ una grande opportunità per ognuno di noi, e solo attraverso queste occasioni si può creare quella reciproca fiducia che occorre per portare avanti il nostro dovere di cittadini”. Il PM prosegue il proprio discorso ai ragazzi ponendo l’accento sul rapporto, sempre più stretto, tra il potere ed il sistema mafioso: “Se la mafia si è sentita nella posizione di mettersi addirittura al pari dello Stato, è dovuto al fatto che da sempre essa ha goduto di un legame con il potere politico, economico, finanziario ed istituzionale. Oltre alle collusioni politico-mafiose, però, un altro fattore decisivo per il rafforzamento di Cosa Nostra è stato senza dubbio l’indifferenza della società civile. La lotta tra mafia ed antimafia è stata vista per troppi anni come una guerra a cui assistere da lontano. Questa è una cosa gravissima. Proprio per tali motivazioni, ragazzi, vi prego di una cosa: ognuno di voi avrà i propri sogni, progetti ed idee. Ma una cosa sola non potrete mai permettervi, e ve lo dico come se foste tutti figli miei. Vi prego, non potete permettervi di essere indifferenti, perché in quel caso sareste solamente dei sudditi e non più artefici del vostro futuro. Nessuno, negli anni passati, avrebbe osato uccidere un magistrato se l’opinione pubblica avesse preso una posizione. Nonostante tutto, non dovete mai cedere alla rassegnazione perché molte cose sono cambiate e non tutti gli sforzi fatti sono stati inutili. L’impegno provoca il cambiamento e ad oggi avvertiamo in maniera davvero forte il bisogno di una vera e propria rivoluzione culturale. E siete voi, solo voi, che dovrete darle vita”.
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A moderare il dibattito è stata la giornalista Laura Beccaria che ha chiesto al Dottor Di Matteo come sia possibile, ad oggi, che qualcuno continui ad insistere sulla inesistenza della mafia, soprattutto dopo fatti molto gravi come quelli accaduti recentemente a Roma ed in Emilia Romagna, con le inchieste ed i relativi processi MafiaCapitale ed Aemilia. Il PM palermitano ci tiene, in primo luogo, ad analizzare gli aspetti peculiari di Cosa Nostra. Aspetti che, in qualche modo, la distinguono da tutte le altre organizzazioni criminali presenti sul nostro territorio: “Essa è innanzitutto l’unica organizzazione criminale ad aver perseguito e messo in atto scopi criminali ferocissimi: le uccisioni di magistrati, giornalisti, presidenti di regione, politici, carabinieri hanno cambiato per sempre la storia del nostro paese. Il ruolo, non solo dei magistrati, ma anche della classe politica sta proprio nel prevenire il fenomeno mafioso. Per questo io, come cittadino, sogno una politica che non sia rimorchio della magistratura. Una politica che sbatta la porta in faccia ai mafiosi. Negli ultimi 20 anni, purtroppo, la politica ha rinunciato al profilo di controllo della legalità, facendo tanti passi indietro, salvo poi accusare la magistratura di invadere il campo della politica stessa”. La giornalista Beccaria ha parlato anche della lettera scritta da Salvatore Borsellino ed indirizzata al Presidente della Repubblica Mattarella, chiedendo ad Antonino Di Matteo cosa ne pensasse del silenzio istituzionale attorno alla propria persona. Il magistrato ha risposto in maniera molto decisa: “Non devo essere io, e non sarò mai io, ad invocare la solidarietà delle istituzioni. Io vado avanti con l’impegno di sempre. Ma non dimenticate, ragazzi, che le persone che spesso si scagliano contro il mio ufficio sono le stesse che oggi definiscono Borsellino e Falcone come degli eroi. Peccato che, quando i due giudici erano ancora vivi, sono state proprio queste persone i primi artefici dell’isolamento che precedette le terribili stragi di Capaci e di Via D’Amelio. Non hanno nemmeno il pudore, purtroppo, di stare zitti”. Al termine di questa introduzione sono arrivate le tante domande dei ragazzi, i quali hanno innanzitutto chiesto al magistrato la sua reazione alla notizia del conferimento della cittadinanza onoraria. “Si è trattato, così come in altre città, di un segnale proveniente dal basso, dai cittadini e dai vari movimenti o associazioni antimafia. Questo per me è sempre un onore. Io oggi non sono qui per ritirare un premio o un riconoscimento, ma sono qui per accendere i riflettori sulla lotta alla mafia. L’Italia ha purtroppo dato tante volte la dimostrazione di non avere piena consapevolezza del problema “mafia” e pochi, pochissimi, vogliono realmente parlarne. Veniamo ogni giorno bombardati da notizie inutili ma i media raramente parlano delle collusioni tra la mafia e il potere. Per sottovalutare un problema bisogna evitarlo. E tutto questo sta avvenendo anche a causa dei tanti giornalisti asserviti al potere”. Un ragazzo ha chiesto al magistrato, al termine del dibattito, quale sia la sua azione contro la mafia di cui va più fiero. “Essere magistrato non è come essere un medico. Il medico, infatti, con il proprio lavoro provoca benessere e spesso anche felicità nelle persone che cura o che entrano a contatto con lui. Per un magistrato è diverso: quando viene emessa una sentenza sappiamo benissimo che stiamo, in qualche modo, provocando sofferenza nella persona condannata e nella sua famiglia. Ma, al contempo, rendiamo un servizio all’intera comunità. Un magistrato non deve essere fiero di questo o di quel processo. Deve solamente continuare a fare il proprio lavoro senza aver paura di essere ucciso”. Al termine dell’intenso confronto tra gli studenti ed Antonino Di Matteo, un ragazzo di nome Luca ha preso il microfono e guardando in faccia i propri compagni ha riflettuto ad alta voce: “Trovo controverso il fatto che ieri la città di Bologna abbia riservato Piazza Maggiore a Silvio Berlusconi. Ed oggi, questa stessa città di Bologna, stia conferendo la cittadinanza onoraria ad un uomo come Antonino Di Matteo. Forse le istituzioni dovrebbero mostrarsi più coerenti”. Luca è di Bologna, ed ha appena 17 anni.
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