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penna giornalista bndi Giuliano Girlando
Come lavorano i cronisti delle province più disparate d'Italia? E quanto le intimidazioni, le pressioni, le minacce fanno davvero notizia? Certo un obiettivo, lo raggiungono spesso e volentieri quando riescono ad intervenire sull'eventuale editore per fermare qualche firma “scassiminchia” che va a ficcare il naso magari in cose che non lo riguardano o che riguardano i rapporti politici con l'eventuale editore. C'è anche chi riesce a scrivere, facendo cronaca con un semplice blog e allora lì basta poco e possono intervenire per azzittirli con le famose “querele temerarie” che tanti amici e colleghi cronisti conoscono bene. Ora in questi giorni molti di voi mi hanno e ci hanno chiesto cosa succede nella provincia di Roma e nel Lazio dopo gli eventi che hanno riguardato Mafia Capitale o anche prima. A questa domanda posso rispondere citando semplicemente i colleghi e le colleghe che lavorano con grande difficoltà e a cui non sono mai mancati segnali intimidatori. Non pensiate che basti un segnale a fermali, ma tanto può fare un eventuale “isolamento” e la mancanza di adeguati strumenti di informazione per l'opinione pubblica per lo più indifferente a ciò che accade nel proprio territorio. Tivoli come Guidonia o la zona del Prenestino, i Castelli Romani piuttosto che il resto del Lazio come la provincia di Viterbo sono zone in cui operano “cronisti confinati”, terre di confino non solo per chi fa cronaca ma anche per la storia di certe attività criminali passate e presenti del sottobosco che si fa fatica a scriverne. E le minacce e le intimidazioni non sono mai mancate anzi è il caso di rifare un elenco di quelle firme che sono state oggetto di certi segnali “intimidatori.” Era il 5 maggio 2015 quando una bomba carta a Guidonia viene lanciata contro l'auto di Elisabetta Aniballi, giornalista dell'hinterland che lavorava presso l'ufficio stampa del comune di Guidonia. All'inizio di settembre viene preso di mira a Viterbo con pesanti minacce fatte recapitare con una busta a Daniele Camilli giornalista della Tusciaweb e autore del libro “La Mafia a Viterbo” che già nel 2011 riceveva un biglietto intimidatorio con la scritta “sei morto”trovato sul tavolo del suo ufficio presso lo Sportello Antiusura del Comune di Vetralla gestito da Codici. Per anni invece tornando alla provincia di Roma è stato il “Dentro Magazine” a scrivere di scomode inchieste, rapporti tra politica locale e imprenditori e preso più volte di mira quando a dirigerlo c'era Anna Laura Consalvi, oggi anche cronista collaboratrice del Tempo finita nel mirino. Ci fu il caso di una cronista freelance di Rainews24, Maddalena Carlino, che oggi è una firma dell'Unità: subì insulti e varie intimidazioni dopo l'inchiesta vite crepate, e si è vista addirittura levare la telecamera dalle mani dall'allora capogruppo Pd del comune di Tivoli ed ex sindaco Marco Vincenzi con un modo alquanto antipatico per aver fatto una domanda troppo scomoda. Troppe domande scomode, troppi scassaminchia che creano una marea di problemi. Quello che capitò anche sui Castelli Romani quando Daniele Castri, firma de “Il Caffè” nel 2014, subisce una aggressione per aver rivolto una semplice domanda durante un consiglio comunale ad un consigliere. Daniele è stato un cronista ed è tutt'ora un cronista coraggioso e impegnato, così come è stato determinato per la battaglia contro l'inceneritore. Ecco, fatemelo dire e fatemi dire grazie al sindacato dei cronisti romani che ha acceso un faro e finalmente ha dato luce ad una provincia babba, ad una zona ombra per troppo tempo tenuta in disparte dalle grandi cronache. Eppure questi cronisti non hanno la notorietà ma spesso hanno il coraggio per affrontare la politica che troppe volte minaccia e censura, hanno il coraggio di denunciare con la propria firma i silenzi che si creano, l'omertà e il malaffare. In tanti mi hanno scritto cosa accadeva in quelle zone e del perchè eravamo sotto tiro, ebbene io cerco solo di fare il mio lavoro e l'ho fatto raccontando cose che non si potevano forse scrivere e scrivere nel modo più giusto, sempre citando fatti, carte e cercando riscontri. Ma andiamo avanti lo stesso perchè non serve piangerci addosso, serve fare rete e farci sentire. Diceva Giancarlo Siani che la mafia e la corruzione non si combattono solo con i carabinieri, le persone per scegliere da che parte stare devono sapere e allora occorre che ognuno di noi faccia il proprio dovere, ovvero quello di informare. Informiamo.

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