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galluccio enza bndi Enza Galluccio
Poco più di un anno fa, commentavo la decisione del ministro della Giustizia Andrea Orlando di confermare il regime carcerario previsto dal 41-bis per Bernardo Provenzano, nonostante le procure di Caltanissetta, Palermo e Firenze fossero di parere contrario.
Oggi i fatti si ripetono con preoccupante ciclicità. Provenzano è attualmente ricoverato  in regime di 41 bis nell’ospedale San Paolo di Milano e la Corte di Cassazione risponde negativamente al ricorso presentato dai legali del boss, che ne chiedevano lo spostamento in un reparto di lunga degenza, perché la permanenza nella camera di sicurezza dell’ospedale sarebbe “fondamentalmente incentrata sulla necessità di tutelare in modo adeguato il diritto alla salute del detenuto”. In un reparto qualunque rischierebbe la propria “sopravvivenza” a causa della “promiscuità” e delle cure che risulterebbero meno delicate. Dovremmo dedurre a questo punto che la vera eccellenza sanitaria risiederebbe proprio nei reparti del carcere duro; se questa deduzione non fosse drammatica la riterrei assurda e ridicola.
Pur ribadendo la mia posizione, ferma da sempre sull’importanza del 41 bis per i reati di mafia, credo sia ancora una volta necessario ricordare alcuni passaggi riguardanti gli ultimi anni trascorsi in carcere da Provenzano .
Nel 2013 l’allora europarlamentare Sonia Alfano dichiarava in un’intervista che Bernardo Provenzano era disposto a collaborare; alla proposta della stessa, infatti, il boss aveva risposto con la seguente domanda “è fattibile?”, lasciando intendere la propria intenzione.

In seguito a quelle dichiarazioni si erano verificati numerosi episodi inquietanti. Prima le cadute in cella che avevano causato numerosi lividi ed ematomi, poi un tentato suicidio per soffocamento con un sacchetto di plastica. Cose impensabili per un detenuto in regime di carcere duro, quindi, sorvegliato 24 ore su 24.
Dopo quei fatti, il capomafia era stato sottoposto a numerose perizie che lo avevano descritto come “un soggetto impossibilitato a interloquire validamente, comprendere quanto accade intorno a lui, relazionarsi al contesto”. A causa di questo, era stata negata la sua presenza al processo di Palermo sulla c.d. trattativa tra lo Stato e la mafia, impedendo di fatto eventuali nuove confessioni  e testimonianze.
Oggi Provenzano è un ultraottantenne immobilizzato a letto con lo sguardo perso nel vuoto, forse veramente incapace d’intendere e di volere, tuttavia mi sembra lecito dubitare vista l’attenzione posta nel mantenere il suo isolamento. Difficile comprenderne pienamente la necessità.
Intanto Marcello Dell’Utri, condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, riceve le visite di Fedele Confalonieri, il quale si dichiara molto preoccupato per le condizioni mentali dell’amico recluso. Lo sconforto sarebbe causato dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo a proposito del “caso Contrada”. È infatti di qualche tempo fa la notizia che, secondo la Corte, Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in quanto all’epoca dei fatti quel reato non era ancora sufficientemente chiaro. Cioè l’ex numero tre del Sisde non poteva sapere che interloquire e agire con la mafia fosse un atto in violazione della legge. Tale paradossale conclusione della Corte europea, secondo Confalonieri, dovrebbe garantire per gli stessi motivi l’assoluzione di Dell’Utri…

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