Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

giuliano-boris-2Nel 36° anniversario dell’omicidio del capo della Squadra Mobile di Palermo, Boris Giuliano, riproponiamo un articolo scritto dal figlio di Mario Francese, Giuseppe, e pubblicato sul n. 14 (Luglio 2001) di AntimafiaDuemila.


Quella P38 dietro l'omicidio Giuliano. La pista che ha portato a Bagarella

di Giuseppe Francese

Ventidue anni fa, il 21 luglio 1979, avveniva l'omicidio del vice questore Boris Giuliano. Dietro la sua morte c'è anche la storia di una misteriosa pistola ritrovata in un bar ­trattoria di via Francesco Crispi a Palermo.

E' un'afosa mattina del 21 luglio 1979. Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo è solo in casa. La famiglia è fuori sede per le vacanze estive: per la verità Boris Giuliano, avendo ricevuto pesanti minacce ha preferito allontanare la famiglia dalla città. Quella mattina Giuliano compie qualcosa di insolito: si reca al bar. Lui che preferiva prendere il suo primo caffè mattutino in questura, insieme ai colleghi. Il vice questore fa una quarantina di metri a piedi, la distanza che intercorre tra la sua abitazione e il bar Lux, in via Francesco Paolo Di Blasi. Si avvicina al bancone, quindi sorseggia il suo ultimo caffè. Chi ha deciso la sua morte sa bene che Boris Giuliano è un esperto nei conflitti a fuoco. Bisogna coglierlo di sorpresa. Giuliano va alla cassa e sta per pagare il suo caffè. Il killer si avvicina alle spalle. Impugna una pistola calibro 7,65 e lo fredda con due colpi alla nuca, quindi quattro alla schiena. Moriva così Boris Giuliano, investigatore coraggioso. Nessuno, tranne gli inquirenti intervenuti sul posto e i pochi testimoni, ha mai visto il suo cadavere. 1 fotografi hanno avuto opportunamente l'accesso sbarrato. Ci rimane così immutato il ricordo del suo baffo impavido, della sua sicurezza e della sua audacia.

Ma perché quella mattina Giuliano è andato da solo al bar? Perché prima di uscire non ha atteso come di consueto il suo autista? Qualcuno, magari di sua conoscenza, gli ha teso un tranello dandogli un appuntamento? Sono domande che ancora oggi attendono una risposta.

«I128 luglio vi darò una notizia bomba», aveva dichiarato ai cronisti qualche giorno prima di essere spietatamente ucciso dalla mafia. Boris Giuliano muore portando con sé quel segreto.

Quando si rievoca la morte di Boris Giuliano si fa subito riferimento alla scoperta del rifugio-covo di via Pecori Giraldi, all'interno del quale gli investigatori rinvengono delle armi, quattro chili di eroina e una patente contraffatta sulla quale è incollata la foto di Leoluca Bagarella, cognato di Salvatore Riina. Ma come si giunge a quel covo? Rivediamo i fatti. L'8 luglio viene casualmente rinvenuto presso un bar-trattoria di via Francesco Crispi un revolver di grosso calibro. I proprietari della trattoria avvertono subito la polizia. Alcuni investigatori si recano sul posto e constatano la presenza di una pistola P.38. Gli investigatori rimangono in attesa che qualcuno cerchi di recuperare l'arma. L'intuizione degli uomini della polizia si rivela azzeccata. Dopo circa un'ora due individui, con un fare indifferente, si aggirano nel locale guardandosi intorno. La polizia dopo averli bloccati, procede all'identificazione. Sono Antonino Marchese della zona di Corso dei Mille e Antonino Gioè di Altofonte. 1 due negano ogni addebito, dichiarano di essere lì per caso e di non sapere nulla dell'arma. Condotti in questura vengono perquisiti. Nelle tasche, di Antonino Marchese viene rinvenuta una bolletta dell'Enel con l'indirizzo di via Pecori Giraldi. La polizia, con l'ausilio dei vigili del fuoco, irrompe immediatamente nell'abitazione.

Da qui l'eccezionale scoperta. Rimane ad oggi il mistero sull'effettivo coordinamento dell'operazione da parte di Boris Giuliano. Alcuni dicono che quel giorno non fosse nemmeno presente in città. Pare che all'indomani dell'operazione Boris Giuliano tenne una conferenza stampa sull'accaduto. In fondo, che Boris Giuliano abbia o meno partecipato all'operazione, poco importa.

Di certo c'è che quelli sono i giorni in cui il processo per l'omicidio del colonnello Russo e del professore Filippo Costa, uccisi nella piazza di Ficuzza, si sta avviando alla fase conclusiva. Il 14 luglio 1979 i cronisti che si trovano al Palazzo di Giustizia sono in attesa che il Pubblico Ministero comunichi le sue richieste sul 'caso Russo'. Pare che per Leoluca Bagarella, indagato per il delitto Russo, sia pronta la assoluzione per insufficienza di prove. Ma l'attesa per i giornalisti si rivela vana. Il 'caso Russo', a seguito del ritrovamento della P.38, rinvenuta casualmente nella trattoria di via Crispi, ha bisogno di un supplemento di indagine. Il vice questore Boris Giuliano sembra convinto che l'arma possa appartenere a Leoluca Bagarella dato che nell'abitazione di via Pecori Giraldi è stata ritrovata la sua foto. Sempre secondo Boris Giuliano, Antonino Marchese e Antonino Gioè sarebbero stati bloccati mentre stavano cercando di recuperare la pistola su preciso ordine di Leoluca Bagarella in persona. Ma c'è di più: Boris Giuliano sospetta che l'arma in questione sia quella utilizzata per compiere il duplice omicidio di Ficuzza ed altri ancora. In quei giorni Boris Giuliano sembrava avere fretta: vuole conoscere al più presto l'esito della perizia. «11 28 luglio vi darò una notizia bomba... ».

Ma Boris Giuliano verrà spietatamente ucciso mentre quella P.38 che secondo Giuliano aveva tanto da dire in realtà non ha detto mai nulla. L'esito della perizia balistica sull'arma, ufficializzato l'8 agosto 1979, dava esito negativo. Avviene così che, il giorno 13, antivigilia del ferragosto 1979 (appena 23 giorni dopo l'uccisione di Boris Giuliano), Leoluca Bagarella è assolto per insufficienza di prove per l'omicidio del colonnello Russo e del professor Filippo Costa. Occorrerà la sentenza del 25 gennaio 1995 per stabilire che Leoluca Bagarella ha in realtà compiuto quel duplice omicidio, avvenuto il 20 agosto 1977, con conseguente condanna alla pena dell'ergastolo (primo in assoluto per Bagarella). Quindi la sentenza del 7 marzo 1995 (con il secondo ergastolo) stando alla quale l'uomo entrato dentro il bar Lux per uccidere Boris Giuliano è sempre lui, Leoluca Bagarella.

Sono passati 22 anni dal casuale ritrovamento di quella P.38 e qualche 'banale domanda' vogliamo farla riecheggiare ancora: perché la mafia avrebbe rischiato di fare catturare (come poi è avvenuto) due suoi fidatissimi uomini per recuperare una pistola 'pulita'? Ci chiediamo ancora: perché per uccidere il Capo della Squadra Mobile di Palermo la mafia ha utilizzato una pistola calibro 7,65 arma atipica per gli omicidi eccellenti? Nel mondo di'cosa nostra' tutto è messaggio, ogni dettaglio, anche quello che può apparire insignificante non è mai da trascurare. Allora l'uso di questa arma atipica non può voler significare nel linguaggio mafioso: «hai trovato la mia P.38, ti uccido comunque e con un'arma qualsiasi». Un omicidio eccellente ha sempre più moventi. Nel caso di Boris Giuliano si è parlato delle sue scoperte sul traffico di eroina, del suo incontro con Giorgio Ambrosoli, delle sue indagini su Sindona, ecc. Ma gli omicidi eccellenti hanno quasi sempre un motivo d'urgenza che ne determina la fretta dell'esecuzione. Noi dopo 22 anni siamo qui a chiederci se quel motivo, se quell'urgenza non fu dettata proprio dalle sue ultime intuizioni sul 'caso Russo'.

Info: marioegiuseppefrancese.it

ARTICOLI CORRELATI

Boris Giuliano, un commissario a Palermo (Video)

21 Luglio 1979 - Palermo. Ucciso Giorgio Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile, con sette colpi di pistola alle spalle

Ti potrebbe interessare...

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos