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di-matteo-nino-libroPresentazione del libro “Collusi” di Nino Di Matteo e Salvo Palazzolo
di Giancarlo Finessi - 14 luglio 2015
Ha l’aria di una persona mite e buona, ma sotto sotto si nasconde una tenacia e una forza straordinaria; è il giudice più temuto dalla mafia e da una buona parte della politica, e per questo minacciato di morte: stiamo parlando del Dott. Nino Di Matteo, pm nel processo sulla trattativa Stato-Mafia.
Ha partecipato all’evento che si è tenuto il 3 luglio 2015 ad Abbiategrasso perché vuole essere più vicino ai cittadini, al servizio della collettività, affinché questi incontri siano anche uno stimolo per se stesso e il suo impegno di pubblico ministero. Secondo il Dr. Di Matteo purtroppo l’Italia ha una grave colpa: la perdita di memoria e la mancanza di rispetto per i tragici eventi che hanno segnato la nostra Storia. Il suo scopo invece è proprio quello di far recuperare la memoria e di far conoscere a tutti questi avvenimenti. La mafia infatti non vuole ricordare, perché il silenzio e l'indifferenza alimentano il suo potere contro lo Stato. I media parlano quasi esclusivamente di microcriminalità: di mafia trattano poco e male, quasi fosse sparita dalla nostra terra, lasciandola agire indisturbata nel silenzio più assoluto.

Il suo libro “Collusi” vuole quindi essere innanzitutto una riflessione e uno stimolo alla conservazione della memoria, ripercorrendo i delitti eccellenti che si sono succeduti nella storia, per i quali sono state emesse sentenze grazie agli indizi ed alle prove emerse anche da soggetti esterni a Cosa Nostra e che hanno fatto trapelare verità scomode;  il libro ricorda inoltre vicende dimenticate, o meglio che si vorrebbe far dimenticare, come quella di Andreotti che fu per ben 7 volte presidente del consiglio ma che strinse rapporti delittuosi con Cosa Nostra; oppure la sentenza a Palermo che ha condannato per associazione mafiosa Marcello Dell'Utri, fondatore assieme a Silvio Berlusconi di Forza Italia: nonostante sia provato che l'ex cavaliere abbia stretto un patto di protezione con famiglie mafiose di primo piano, ancora oggi continua ad esercitare un ruolo estremamente importante nella politica italiana.
Nel libro troviamo anche nomi, cognomi, sentenze e il modo in cui Cosa Nostra condiziona il potere politico, economico, finanziario ed istituzionale. Perché la mafia non è una banda di rozzi contadini ignoranti come si vorrebbe far credere:  i capi di Cosa Nostra sono teste pensanti; la Mafia però non prende ordini da altri poteri ma ha bisogno di cercare sinergie e rapporti con le istituzioni; e come ha detto qualche pentito senza questi rapporti la mafia sarebbe stata solo una banda di sciacalli. Per essere credibile un magistrato quindi non deve guardare in faccia a nessuno e impegnarsi per far emergere le responsabilità dei colpevoli, chiunque essi siano. Infatti il processo sulla trattativa Stato-mafia sta ricevendo attacchi furibondi da chi vorrebbe chiuderlo perché non si vorrebbe far conoscere come ha funzionato la macchina del potere. Si ripete quindi quello che è successo a Falcone e Borsellino, che venivano attaccati e screditati da coloro che adesso celebrano una finta commemorazione alla ricorrenza delle loro stragi.
Già agli inizi del ’92 Paolo Borsellino accusava la politica di delegare alla magistratura la lotta alla mafia e questo purtroppo accade ancora oggi; la sconfitta della mafia dovrebbe partire invece da tutti i cittadini attraverso una rivoluzione culturale: non è sempre vero che l’impresa sana subisce la presenza mafiosa sul territorio, perché molte volte è l’imprenditore stesso che di sua iniziativa cerca i mafiosi per stringere patti e accordi affinché possa avere vie preferenziali in appalti e lavori.
Secondo Di Matteo servirebbero leggi più severe per il voto di scambio, bisognerebbe modificare la prescrizione dai reati che continua a garantire l’impunità ai corrotti e vanifica il lavoro di inquirenti e magistrati; si dovrebbero applicare attenuanti maggiori per i collaboratori di giustizia che danno un contributo fondamentale per le sentenze dei processi; purtroppo però le ultime riforme messe in atto dall’attuale governo e da quelli precedenti non vanno in questa direzione e i politici corrotti invece che essere puniti severamente, vengono maggiormente tutelati. La politica di questi ultimi anni non fa antimafia come la faceva ad esempio Pio La Torre già nel 1976, che fu assassinato perché era un elemento di disturbo, o meglio, era un’anomalia all’interno dell’ambiente in cui operava perché spezzava i sottili equilibri di tacita convivenza tra mafia e istituzioni. E come Pio La Torre potremmo citarne molti altri, da Giovanni Falcone a Paolo Borsellino, Piersanti Mattarella, Rocco Chinnici, il generale Dalla Chiesa e via dicendo.
Non serve dunque essere magistrati per combattere la mafia perché anche un semplice sindaco si accorge subito, prima ancora dei carabinieri e della magistratura, se l’appalto viene aggiudicato ad una impresa che ha stretto accordi con la mafia e dovrebbe quindi rifiutarsi fin da subito di stringere rapporti delittuosi.
Quando questa mentalità si radicherà in ogni cittadino potremo dire di aver sconfitto veramente la mafia perché ci sarà davvero una società onesta. Già adesso ci sono tanti cittadini onesti che stanno al suo fianco e non abbandoneranno mai il Dr. Di Matteo e la sua scorta, perché questi cittadini credono e si aspettano che le istituzioni stiano dalla loro parte e non siano tutte corrotte e malsane come spesso si crede;  gli uomini giusti che hanno un profondo senso della giustizia ci sono, basta mettersi dalla loro parte.

Agende Rosse “ Paolo Borsellino e Giovanni Falcone “ Varese

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