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borsellino-targa-atrio-23-anni-dopodi Liborio Martorana - 26 giugno 2015
Potrebbe sembrare il titolo di un film o di un libro, qualcosa messo su carta o su pellicola che riconduce ad un evento successo per l’appunto ventitré anni orsono. Palermo si sa in questo periodo emana calura  per la stagione estiva e se non c’è uno spiraglio di vento persino il respirare diventa faticoso, ed in questo periodo di ventitré anni fa nello stesso posto in cui ci siamo trovati ieri Uno dei migliori servitori dello stato, circondato da una folla di palermitani, faceva il suo ultimo discorso pubblico, come se ormai avesse la consapevolezza che di li a poco sarebbe stato ucciso. Sono ventitré gli anni trascorsi dal giorno in cui Paolo Borsellino tenne il suo ultimo discorso in pubblico e per farlo fu scelto un luogo diventato simbolo del ricordo, l’atrio della biblioteca di Casa Professa. E lo fece davanti ad una folla di persone reduci da uno dei più efferati delitti della storia italiana, la strage di Capaci. Paolo Borsellino forse aveva capito che la sua ora era giunta, che non gli avrebbero perdonato come non lo hanno fatto con il suo amico Giovanni di combattere l’organizzazione mafiosa. Ma forse il giudice Borsellino aveva capito che per lui e per la lotta alla mafia non ci sarebbe stato spazio, e che il connubio di una trattativa tra esponenti dello stato e animali mafiosi ormai era in corso. Di certo aveva capito che alcune parti dei servizi segreti nostrani erano in combutta con la mafia e che certi “agenti” segreti con essa ci facevano affari e per questo idillio, tra malavita mafiosa e pezzi dei servizi, sicuramente ci avrebbe rimesso la vita.

Oggi, dopo tutti questi anni, l’Associazione Cittadinanza per la Magistratura in sinergia con la fondazione Paolo Giaccone, come  ogni anno e da diversi anni, ne onora il ricordo cercando di volta in volta di mettere al centro dell’attenzione del convegno che organizza una tematica sempre diversa e  sicuramente cara a Paolo Borsellino. Quest’anno il titolo della manifestazione è stato estrapolato proprio dal discorso che fece il giudice quel venticinque di giugno del millenovecentonovantadue: IN QUESTA TERRA BELLISSIMA E DISGRAZIATA e pone l’accento sulle condizioni di vita della piccola imprenditoria, quella che non ha santi in paradiso ma che ha avuto la forza di ribellarsi al racket mafioso delle estorsioni, lanciando messaggi positivi all’imprenditoria sana di questa terra bellissima e disgraziata. Come dicevo sopra a proposito del caldo estivo palermitano, il pomeriggio a casa Professa è stato afoso ed ha visto sul palco fior di relatori, coordinati da Aaron Pettinati giornalista di Antimafia 2000. Dopo un inizio lento, il moderatore, come si dice dalle nostre parti ci ha preso la mano, sciogliendosi in breve tempo con i ringraziamenti di rito. Il primo intervento è del sostituto vicario dott. Baldassare Ingoglia, che  illustra brevemente ed in modo chiaro e conciso cosa significa un comune sciolto per mafia. A seguire l’imprenditore ed ex giornalista Francesco Massaro parla dell’annosa questione degli imprenditori costretti a pagare il pizzo e che oggi rispetto a venti – venticinque anni fa la situazione è cambiata in meglio in quanto, vuoi per la crisi economica che incombe, vuoi perché grazie al lavoro di associazioni antimafia  uscite dall’ombra, non hanno più intenzione di pagare e dopo le sue dichiarazioni in merito al racket mafioso dichiara di non sentirsi solo ed abbandonato dallo stato “io mi sono sempre sentito tutelato dallo stato” risponde Francesco Massaro ad una domanda del moderatore, “non mi sono mai sentito solo e paradossalmente mi sentivo più esposto prima della mia denuncia pubblica”. “La circolazione delle notizie è la cosa migliore che si possa fare”, “conduco due grosse battaglie: una contro la mafia ed un’altra contro le banche, le quali nel momento dell’esposizione mediatica abbandonano l’imprenditore al proprio destino, per cui diventa normale il ricercare la forza per andare avanti”.
Il dott. Paolo Guido, sostituto procuratore al tribunale di Palermo, l’uomo che da la caccia a Matteo Messina Denaro, che parla del condizionamento che la mafia impone ai comuni, portando ad esempio il comune di Fondi sciolto per mafia ed amministrato da una giunta di centrodestra ai tempi di Berlusconi presidente del consiglio; Berlusconi ebbe a dichiarare che in mancanza di inchieste a carico dei membri della giunta era da ritenere inopportuno la richiesta di decreto di scioglimento.
Subito dopo i relatori si è passati alla consegna degli attestati messi a disposizione dalla fondazione Giaccone nella figura del suo presidente Luigi Furitano, premi che sono stati dati  al dott. Leonardo Guarnotta quale componente del pool antimafia  messo su da Antonino Caponnetto, ad Alfredo Morvillo giudice a Termini Imerese e fratello di Francesca Morvillo, moglie di Giovanni Falcone perita nella strage di Capaci. Ad Ignazio De Francisci collega di Falcone e Borsellino, a Giovanni Paparcuri l’autista del giudice Chinnici salvatosi nell’esplosione di via Pipitone Federico e che Falcone e Borsellino vollero accanto nel loro staff.
Una nota di merito va a Francesca Amato ed ai musicisti che l’hanno accompagnata gratuitamente nella sua esibizione iniziale e finale dell’evento con l’interpretazione eccezionale di brani della mitica cantante folk siciliana Rosa Balistreri. A Francesca Amato ed ai suoi musicisti va tutto il ringraziamento di Cittadinanza per la Magistratura.
Un brusio finale ci accompagna verso l’uscita dove un quartiere come Ballarò comincia ad animarsi per la notte proprio come una casbah africana.

Tratto da: cittadinanzaperlamagistratura.blogspot.it

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