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di Jessica Pezzetta Savogin - 20 giugno 2015
Dal maxi processo alle ultime indagini dei magistrati minacciati di morte
A ventitré anni dal sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, finalmente, ciò che loro hanno scoperto e per cui sono morti diviene di pubblico dominio grazie allo straordinario lavoro sia di giornalisti infaticabili, come il direttore di Antimafia Duemila Giorgio Bongiovanni, sia di personaggi del mondo dello spettacolo che hanno cominciato ad interessarsi in modo approfondito ed appassionato al legame tra stato e mafia, come l’attrice Sabina Guzzanti. Da sette mesi il film La Trattativa, prodotto proprio dalla Guzzanti, viene proiettato da associazioni locali e da singoli cittadini nei cinema o nelle piazze dei paesi, come è accaduto ieri sera a Fiumicello, in provincia di Udine, la nostra cittadina di appena cinquemila anime, parecchie delle quali hanno trovato il coraggio di assistere a questa rappresentazione e partecipare al dibattito che ne è seguito con la stessa Guzzanti e con Bongiovanni. Perché, appunto, di coraggio si tratta: prendere atto di quanto avviene in Italia da troppi anni certamente spaventa. Molti preferiscono chiudere gli occhi e cercare di non sentire una minaccia assordante che tante volte ha assunto il rumore di una devastante detonazione.

In una quieta e tiepida serata di fine primavera, il 18 giugno scorso, Fiumicello è stata teatro di un evento tanto da noi desiderato, ma anche dal nostro sindaco, Ennio Scridel, un giovane impegnato a favore della legalità, che già nel 2012, assieme al vicesindaco Claudio Pizzin, si era prodigato per intitolare la piazza antistante le scuole a Falcone e Borsellino e che per la sua inaugurazione, nel ventennale della loro scomparsa, aveva invitato Rita Borsellino, sorella di Paolo, affinché sensibilizzasse i ragazzi sui temi della giustizia e della legalità. Il Comune di Fiumicello, per questo evento, ha coinvolto altri cinque Comuni limitrofi, che l’hanno patrocinato: si tratta dei Comuni di Aquileia, Cervignano del Friuli, Ruda, Terzo d’Aquileia e Villa Vicentina.

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Così, nella piazza del Municipio, incorniciata da grandi tigli profumati, Ennio Scridel ha aperto la serata parlando ai propri cittadini con il cuore, spiegando anche il motivo per il quale il piazzale antistante gli edifici scolastici fosse stato dedicato a Falcone e Borsellino, cioè "per dare un segnale ai nostri ragazzi di quanto sia importante conoscere il tema della mafia e della criminalità". Riallacciandosi a quei terribili giorni di stragi, ha spiegato che "si tratta di problemi che appaiono distanti, tuttavia bisogna conoscerli, perché solo conoscendoli si possono prevenire". Ha continuato spiegando che "oggi, come allora, è un momento particolare per la società italiana che sta subendo un terremoto, con la corruzione che divampa, che non ha confini, quindi è importante ricordare". E, "come allora, non è vero che la classe dirigente è lo specchio dell’anima del Paese". Il sindaco ha poi proseguito sostenendo di non voler essere paragonato a quelli che rubano, a quelli che manovrano le gare, "non ci sto perché non sono così e non lo sono nemmeno i colleghi di questo territorio. Noi rappresentiamo l’altra faccia della medaglia, rappresentiamo quel fazzoletto di territorio che ancora oggi riesce a dimostrare che la politica si può fare senza secondi fini, lavorando per la comunità. Non dobbiamo pensare che siamo tutti uguali e assolutamente non dobbiamo disertare l’attività politica, perché ribellandosi, non andando a votare, mettendosi da parte, si perde. Non dobbiamo uscire noi, che siamo la parte giusta, devono uscire loro. Vogliamo lanciare un urlo di rivincita con cui dimostriamo di essere qualcosa di diverso, e interessarsi del pubblico è fondamentale. Non bisogna assolutamente rinunciare alla speranza e al futuro perché, da questa sera, tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo pensare a costruire qualcosa di nuovo. Da questa sera riprendiamo la cosa pubblica, perché il bello deve ancora venire. Partiamo da questa sera perché è giusto che siamo incazzati verso chi sporca il nostro Stato". Uno Stato talmente insudiciato che, in questo momento, "rischia di diventare un Paese mafioso, governato dalla mafia, perché sono coinvolti, nelle indagini sulla criminalità organizzata e la corruzione, due facce della stessa medaglia, personaggi che attualmente sono sia al governo che all’opposizione. Questo non è mai accaduto nella storia del nostro Paese", come ha spiegato Giorgio Bongiovanni al termine della proiezione, davanti ad un pubblico commosso e attento. Questo film, pertanto, vuole essere un invito ad approfondire l’argomento, a reagire in qualche modo, come ha spiegato ancora il direttore di Antimafia Duemila. "La mafia è, a livello economico, un autentico stato nello stato" e lo Stato, dal canto suo, come sostenuto nel suo intervento da Sabina Guzzanti, "da sempre si è schierato con quelli più attenti agli appalti". Di fatto, Nicola Mancino ha raccontato all’attrice, in un’intervista rilasciatale qualche tempo fa, che "Provenzano è sì un mafioso, un assassino, però più interessato agli appalti". "Quella stragista è stata una parentesi per la mafia" ha proseguito la Guzzanti. Infatti, in un momento storico delicatissimo per questo Paese, "se non ci fossero state le stragi e se non ci fosse stata la trattativa, che ha contribuito alla nascita di Forza Italia, avrebbe vinto il PDS per il semplice fatto che gli altri partiti non c’erano più, perché erano stati rasi al suolo dalle indagini di Tangentopoli". In questo modo "avrebbero potuto governare da soli e questo, in un Paese come l’Italia, significa davvero poter cambiare qualcosa di sostanziale, non dover fare accordi, non dover gestire tutto in base alla clientela, al voto di scambio e questo avrebbe provocato probabilmente una reazione a catena anche negli altri Paesi europei". Quindi, in quel momento storico "molte forze si sono mosse per evitare che questo accadesse, perché tutto il mondo doveva andare in un’altra direzione, che è proprio quella in cui è andato successivamente. La trattativa e le stragi non sono servite soltanto a cambiare gli equilibri politici più in generale, sono servite anche a cambiare la natura dell’opposizione in questo Paese che, da quel momento, ha subito una trasformazione radicale: avevamo il Partito Comunista più importante d’Europa, più forte, anche democratico, che godeva di moltissima credibilità e fiducia da parte dei suoi elettori". Un partito che, anche se aveva cambiato nome, non aveva cambiato il progetto politico, come sottolineato dalla Guzzanti. "Dopo la trattativa è nato il Centro Sinistra, uno schieramento che abbracciava decisamente le politiche neoliberiste, cosa che poi è accaduta anche a tutti gli altri partiti europei. Dopo la caduta del Muro di Berlino, è passata l’idea che le ideologie fossero morte e che non sarebbero più dovute esistere forze e punti di vista alternativi a quel sistema economico. Così è nata un’unica ideologia, quella, appunto, neoliberista. Il neoliberismo in tutto il mondo si afferma grazie a degli eventi scioccanti, attraverso un trauma, come scrive Naomi Klein nel saggio Shock Economy". Nel nostro Paese si è affermato attraverso il trauma delle stragi "e si è riaffermato attraverso la crisi economica. Tutti eventi emergenziali che ci fanno pensare che l’unica soluzione sia quella, anche se poi i fatti ci dimostrano che si tratta di provvedimenti che aggravano la nostra situazione". In questo momento, come spiegato da Giorgio Bongiovanni, dato che le organizzazioni criminali non commettono stragi, "hanno indirizzato il loro lavoro sugli affari. Quindi a livello economico si sono potenziate, mentre a livello militare apparentemente sembrano ridotte, però vi sono dei segnali inquietanti, delle minacce in diretta (condanne a morte) a certi magistrati che vogliono alzare il livello delle indagini. Mi riferisco, per quanto riguarda la Sicilia, a Nino Di Matteo, invece, per quanto riguarda la Calabria, mi riferisco a Giuseppe Lombardo e a Nicola Gratteri. C’è un asse Reggio Calabria-Palermo di alcuni magistrati che indagano sul grande traffico internazionale di droga grazie al quale si è scoperto che la ‘Ndrangheta è leader mondiale del traffico di cocaina: la regione Calabria, a livello economico, è più ricca della California, eppure ci sono miseria e disoccupazione. A Palermo, invece, vi sono, insieme a Di Matteo, altri magistrati simbolo che stanno conducendo il processo trattativa mafia-stato e indagini segretissime sui rapporti stato-mafia". Grazie ad intercettazioni telefoniche del capo della mafia, Totò Riina, e alle rivelazioni di Vincenzo Galatolo, ultimo pentito di un certo spessore, figlio di un grande boss palermitano, si è scoperto che "Matteo Messina Denaro da ventiquattro anni si nasconde in un paese grande come Fiumicello - e non lo trovano! - e chiede la testa del magistrato Di Matteo perché si è spinto oltre". Bongiovanni ha proseguito asserendo che "i capi mafia, assieme ai “collusi”, possiedono un patrimonio così grande da poter condizionare la nostra democrazia. Ci sono indagini in corso, come il film La Trattativa ci fa intendere, di magistrati calabresi e palermitani che stanno cercando gli invisibili, i veri capi mafia, quelli che, nell’ambito di Cosa Nostra, sono conosciuti solamente da quattro persone, cioè da Bagarella, Riina, Provenzano e Messina Denaro, e, nell’ambito della ‘Ndrangheta, da cinque o sei persone, tra cui i De Stefano, i Tegano e i Condello. Si tratta dei veri conduttori della criminalità organizzata: sono banchieri, finanzieri, massoni, politici, grandi professionisti, uomini di Stato". Ciò che è maggiormente inquietante è che “invisibili” non significa che sono all’esterno della mafia, ma, come sostengono i magistrati, fanno parte di essa, "sono personaggi integranti che occupano ruoli all’intero dell’organizzazione criminale e, perlomeno per quanto riguarda la ‘Ndrangheta, per affiliarli si sono inventati delle nuove regole. Questo significa che siamo in una situazione avanzata e possiamo comprendere perché questi magistrati, che operano semplicemente all’interno della Direzione Distrettuale Antimafia, vengono minacciati di morte".

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