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deluca-renzidi Nello Trocchia - 23 maggio 2015
Avete tradito la Campania. Le liste che sostengono Stefano Caldoro, presidente uscente, e Vincenzo De Luca, candidato del Pd, sono piene di impresentabili. Mi è capitato di scriverne di recente raccontando anche le storie di alcuni di questi futuri consiglieri e, domani, con la riforma costituzionale voluta da Boschi&Renzi, forse addirittura senatori con tanto di immunità. La lista più aggiornataè stata compilata dal collega Vincenzo Iurillo. Ne ha contati 44, ma è una stima per difetto. Ha ricevuto anche insulti indecenti per aver fatto il suo lavoro. Nei fatti la Campania diventa il laboratorio di un partito unico, diviso solo ai nastri di partenza, che fa della pulizia delle liste carne da macello e soprattutto riesce a neutralizzare un tema, quello delle liste pulite, che pure negli ultimi anni era diventato argomento di discussione.

Basti pensare all’appello di Roberto Saviano che non si è girato dall’altra parte, ma ha denunciato settimane fa: “Nelle liste di De Luca c’è tutto il sistema di Gomorra”. Eppure quanti predicano legalità e pulizia, in prima linea contro il sistema affaristico di Nicola Cosentino, pronti a solidarizzare, in passato, con lo scrittore minacciato dai Casalesi, non hanno aperto bocca, non hanno fiatato e partecipano in massa alle iniziative politiche che sostengono la corsa del candidato De Luca, condannato, tra l’altro, in primo grado per abuso d’ufficio e ineleggibile secondo la legge Severino. L’ultimo è stato ieri il primo ministro Matteo Renzi.

Il partito unico è nei fatti se si analizzano gli schieramenti. I cosentiniani convinti si sono schierati con De Luca mentre Stefano Caldoro viene sostenuto dal sistema di potere di Luigi Cesaro, detto Giggino ‘a purpetta, del quale ho scritto in diverse occasioni e che resta il plenipotenziario campano di Forza Italia. Per le regionali Cesaro schiera il figlio, il nuovo che avanza. Cesaro e Cosentino camminavano a braccetto, hanno concepito e costruito il Pdl in Campania, edificando feudi nel napoletano, il primo, e nel casertano, il secondo. Hanno battezzato candidature di sindaci poi arrestati, giunte e consigli comunali poi sciolti per camorra, e Cosentino è finito in carcere e sotto processo proprio per connivenze con i clan. Anche Luigi Cesaro ha ricevuto un ordine di arresto per collusione con la camorra, poi annullato da Riesame e Cassazione. Questo blocco di potere si è diviso, ma in realtà avanza unito, è corresponsabile del disastro politico e sociale della mia terra.

Ma c’è una responsabilità in più, oltre ad aver fatto spallucce di fronte al grido d’allarme di Saviano, oltre ad aver ideato e realizzato il partito unico degli impresentabili, quello di aver schiaffeggiato e tradito la Campania. Liste piene zeppe di impresentabili sono un affronto al presente e futuro di questa regione che avrebbe bisogno di risposte sulle urgenze irrisolte: sanità, trasporti e sistema dei rifiuti.

Ecco questo è il punto che più mi inquieta e il passaggio più complicato. Alle ultime elezioni regionali, 5 anni fa, un candidato consigliere condannato per camorra, opportunamente segnalato dalla stampa, prese comunque quasi 10 mila voti. Risultato che potrebbe indurre una frettolosa riflessione. Chi grida allo scandalo, spara sentenze sugli elettori caproni, non capisce che quel voto, quel consenso, è figlio di un sistema clientelare che oggi, in Campania, guardando le liste, appare invincibile. Perché i voti, come il denaro, si contano e non si odorano. Perché se lo si facesse puzzerebbero terribilmente di compromesso e scambio indecente in una girandola di favori e promesse che affossa ogni spiraglio di futuro.

Ho visto anche giovani in mezzo a questa gente, qualcuno lo ricordo ai tempi dell’università fomentato contro tutti, oltre ogni logica, fintamente, intransigente e combattivo. Era un fuoco di paglia e si capiva anche allora, ora sognano poltroncine comode e un posto sole. Se passa per questi la rottamazione è il niente addobbato. Preferisco i vecchi maestri.

Ho ascoltato nuovamente Amato Lamberti, un riferimento per me, professore di sociologia, profondo conoscitore dei fenomeni criminali: si chiedeva, nel 2009, in un incontro pubblico: “Abbiamo il coraggio di rompere il meccanismo di compromissione?”. E poi provocava: “Io me ne vado da questa regione perché non accetto di vivere in una terra dove vince la logica criminale”. Lamberti è morto nel 2012. Manca troppo, mancano le sue parole, manca la forza del suo pensiero. E manca l’idea della Campania che lui sognava.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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