di Flavia Fabris - 19 maggio 2015
Caro Presidente, sono una triestina di 75 anni che vive da tanti anni in Sardegna, Le scrivo perché vorrei capire come mai in questo nostro amato e travagliato Paese ci sia una così grande indifferenza verso coloro che combattono la mafia.
Provo ammirazione e gratitudine per tutti quelli che quotidianamente lottano per contrastare questa piaga mettendo in pericolo la loro vita. Ripenso a tutte le morti ingiuste come quelle di Dalla Chiesa, Falcone e Borsellino con tutte le loro scorte, e alle tante altre vittime innocenti.
Ora i mafiosi con i loro piani criminali pensano di porre fine alla vita del magistrato Nino Di Matteo. Di Matteo è un servitore dello Stato che ogni giorno compie il suo dovere sacrificandosi coraggiosamente, mi chiedo se potrà mai sentire intorno a sé l'appoggio dei più alti gradi dello Stato.
Sono fermamente convinta che in questo momento difficile della sua vita egli abbia il diritto di sentire il sostegno e la vicinanza di chi rappresenta il nostro Stato.
Ai prossimi anniversari delle stragi di Capaci e via D'Amelio ci stringeremo tutti attorno al ricordo di quei valorosi magistrati e delle loro scorte che sono stati uccisi dalla mafia, ma oggi dobbiamo assolutamente sostenere quei magistrati vivi condannati a morte da Cosa Nostra, prima che possano verificarsi nuove stragi come è successo in passato.
Ed è per questo motivo che le scrivo, signor Presidente, perché confido che da Lei parta questo importante segnale.
Quando Lei venne eletto, pensai subito che avendo subito la perdita di un amato fratello per mano mafiosa Lei avrebbe avuto una speciale attenzione su questo problema.
Sono certa che non ci deluderà, presidente.
Tratto da: Il Fatto Quotidiano del 19 maggio 2015