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riina-salvatore-web1di Rosaria Manzo - 15 aprile 2015
Napoli. La sentenza  della Corte di Assise di Firenze che ha assolto Totò Riina in quanto mandante, istigatore e determinatore della strage è stata per noi una doccia fredda, una decisione inaspettata che ci ha colti del tutto di sorpresa. Pur nel rispetto della giustizia, che resta per noi baluardo ultimo al quale aggrapparci per scoprire la verità sulla nostra vicenda, non riusciamo a comprendere come si sia potuti giungere ad una sentenza di assoluzione dopo la serie di elementi acquisiti per condannare il colpevole, il celere iter processuale e la dinamica dei fatti, che a parere di noi “profani” della dinamica giuridica non potevano che portare ad una sentenza di condanna.

Sia chiaro che noi non siamo alla ricerca di un parafulmine, di un capro espiratorio che si faccia carico di colpe non sue solo per dare una conclusione alla strage. Siamo nostro malgrado confinati dalla storia in questo stranissimo limbo giudiziario in cui si rischia di confondere la ricerca del colpevole con il colpevole a tutti i costi.  Noi siamo chiaramente alla ricerca della verità e la nostra speranza è che il macchinoso sistema giudiziario italiano, che in oltre trent’anni  non ha prodotto che colpevoli di secondo piano, continui nella ricerca dei mandanti, che riesca a smascherare un sistema stragista che a questo punto non è stato ancora individuato dalla magistratura.
Partendo dalla requisitoria del pm, si costruisce un sistema articolato di interconnessioni tra mafia e politica, tra mafiosi/pentiti e Riina dove la strage diventa veicolo di pressione sullo Stato.  Questo sistema dunque non esiste più!?  Si tratta solo di un gesto isolato di un folle casualmente collegato alla cosca mafiosa più potente della storia italiana che decide arbitrariamente di far saltare in aria un treno?!
Esiste l’appello e speriamo che se ne faccia ricorso e che in quella circostanza si possa giungere a conclusioni differenti.
La pazienza è la virtù dei forti ma a questa aggiungeremo anche la perseveranza, perché la nostra battaglia continuerà fino a che non verrà scritta la parola fine sull’intera vicenda.

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