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diaz-feriti-web2di Enza Galluccio - 8 aprile 2015
Se anche la Corte europea dei diritti umani conferma che nel 2001 a Genova, durante le manifestazioni contro il G8, le forze dell’ordine hanno freddamente torturato gli ospiti della Scuola Diaz mentre dormivano, cosa ci dovremo ancora aspettare prima che si provveda almeno all’introduzione del reato di tortura?
Di certo noi, a Genova, non avevamo bisogno di ulteriori sentenze.
Hanno parlato a lungo le pareti della Diaz segnate col sangue, le numerose testimonianze di chi c’era fisicamente, il film-documentario di Vicari sul massacro del G8, la morte di Carlo Giuliani.
Noi già sapevamo quanto questo Stato sa essere violento e disumano, quanto sia pericoloso pensare ed esprimere le proprie idee divergenti.

Noi non ci aspettiamo niente, perché l’introduzione del reato di tortura vorrebbe anche dire spendere qualche parola per tutti coloro che sono morti per mano di agenti, o meglio, “macedonie di divise” come le definì il comandante del Reparto mobile di Roma Vincenzo Canterini, poi condannato al processo Diaz.
Mi riferisco a Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Riccardo Magherini, Michele Ferrulli e Aldo Bianzino, morti di violenza di Stato.
Nella sentenza della Corte europea si mettono in rilievo “le posizioni umilianti, l’impossibilità di contattare avvocati, assenza di cure adeguate in tempo utile, la presenza di agenti delle forze dell’ordine durante l’esame medico” intese come sofferenze psicologiche. Esse non sono meno gravi di quelle fisiche, come le sprangate in testa e sui volti di esseri umani con le mani alzate, fino a far saltare i denti…
Tutto questo è avvenuto e avviene in un paese che ha il peggior rapporto reato-pena, soprattutto quando il reato è compiuto da organi dello Stato, da uomini delle istituzioni e da criminali con essi collusi.
E così scandalo su scandalo, sentenza su sentenza, silenzio su silenzio, la nostra storia umana e politica prosegue nella stanca inerzia delle solite promesse.
La presidente della Camera Boldrini in una nota assicura: "La sentenza pronunciata oggi dalla Corte europea dei diritti umani carica di un particolare significato il voto che la Camera si appresta a dare da giovedì prossimo", ma non dice che quel voto ha un ritardo di quasi 31 anni, quando l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1984 adottava una convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, che entrava in vigore il 27 giugno 1987. L’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione in Italia,n. 489, è del 3 novembre 1988.
L’Italia ha finto di deliberare, decidere, punire le torture avvenute nei suoi confini più o meno a cielo aperto; ha deriso e offeso le vittime proteggendo i propri uomini colpevoli di tali reati spesso con la beffa della prescrizione, a volte addirittura con assoluzioni come quella in appello del caso Cucchi, in cui si afferma che Stefano fu picchiato e per questo morì, ma non si conoscono ancora i nomi degli autori del pestaggio. Surreale.
Dunque, in Italia non si è mai voluto procedere nella definizione di un reato di tortura perché, come tutti gli atti di giustizia, esso metterebbe nuovamente sul piatto troppa violenza rimasta impunita dal permanere costante dell’autoassoluzione.
La tortura è quindi ritenuta lecita ed è praticata da sempre sotto gli occhi chiusi e aperti di tutti coloro che si sono succeduti nelle stanze dei vari governi di eletti e non eletti.
In Italia chiunque può morire di botte di Stato, di silenzi complici e per questo colpevoli.

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