di Giuliano Girlando - 7 gennaio 2015
L’8 novembre 2014 i carabinieri del Ros intercettano una conversazione tra Salvatore Buzzi e Massimo Carminati: «Un milione e due meno 9 e 40» dice Buzzi. E Carminati: «Non me lo fa scusa ti dispiace scrivermelo..sono venuto senza..1.200 andava bene...mi trovavo sto foglio non so che dire, dico ”l’ho trovato per terra». E Buzzi ripete: «1.200 meno 940 fanno 3 e 60, questo è Ostia, più la parte di Vincenzi, sempre per Ostia». Qualche giorno dopo, in una conversazione con Claudio Bolla, procuratore della Eriches 29, Buzzi spiegherà «Ostia è nostra, pigliamo sia le spiagge che il verde». Questa è una delle informative emerse nell’inchiesta “Mondo di Mezzo” nota come Mafia Capitale.
Per capire come si è arrivati ad oggi, Gaetano Pascale e Piero Fierro, due ex poliziotti che dieci anni fa scoprirono la “Ostia Connection” tale già da far tremare già i palazzi romani, raccontano cosa successe allora. Perché quelle indagini furono fermate? Perché un magistrato della procura si oppose? Questa è la ricostruzione che fa Piero Fierro: “noi stavamo lavorando alla cattura del boss Santo Caldarella, quindi sui Triassi e a quel punto arrivò lo stop delle indagini. La Dna bloccò le intercettazioni sulla cattura di Santo Caldarella e Genco Vito. Era il 2002 e Paolo Frau fu assassinato nei pressi della sua abitazione sita in via Francesco Grenet ad Ostia Lido. Il suo delitto è ancora irrisolto. Solo davanti al corpo di “Paoletto” l’allora capo della squadra mobile D’angelo disse a Gaetano Pascale prendi i tuoi, cioè noi della polaria e mettete a ferro e fuoco Ostia. Cosi facemmo e dopo 4 mesi di indagini legando tutti i tasselli arriviamo all’ informativa che depositammo alla procura di Roma. Di quella sparirono ben 23 pagine. Nonostante questo l’autorità giudiziaria ci da 2 deleghe per andare in Brasile e Costarica con partenza immediata. La delega venne sollecitata a giugno, ma nulla, nessuna partenza.”
Gaetano Pascale è stato l’ispettore capo della Narcotici di Roma. Considerato il “Serpico” italiano fu prepensionato ufficialmente per «inabilità» dalla mattina alla sera dal ministero dell’Interno. In realtà Gaetano si trovò a lavorare su alcuni omicidi di «mala» legati al controllo del mercato degli stupefacenti. Insieme a lui altri poliziotti di Fiumicino con altri filoni d’indagini nelle operazioni «Black Rain» e «Anco Marzio», trovano interessanti punti di convergenza. Intercettazioni, pedinamenti, spiate e due boss vengono localizzati in Sudamerica. La procura di Roma dà carta bianca per andarli a prendere ma inspiegabilmente come ha detto già Piero Fierro qualcosa si inceppa. Le indagini su droga e omicidi passano ad altro ufficio, tempo sette mesi e vengono «declassificate» a sfruttamento della prostituzione minorile. Dice Gaetano: “A quel punto l’unico modo per proseguire le indagini e cercare di individuare Caldarella era iniziare a intercettare i suoi familiari che abitavano in città. Un latitante cerca mille accortezze per non farsi individuare, un latitante di mafia anche di più. E’ così che chiedemmo e ricevemmo l’autorizzazione a intercettare la moglie, il figlio Calogero Caldarella, detto Lillo e i mariti delle figlie Nunziata e Felicia. Mariti che non erano esattamente due estranei, anzi. Erano Vito e Vincenzo Triassi, rappresentanti in loco della famiglia mafiosa dei siciliani Cuntrera-Caruana. Nel periodo autorizzato riuscimmo a cogliere elementi importanti ma sentivamo che le cose si stavano “muovendo” ulteriormente. Alla scadenza naturale del periodo concesso chiesi il rinnovo delle intercettazioni, come da prassi. Ma la stessa disponibilità trovata all’inizio non c’era più. Fu Luigi De Ficchy, magistrato allora della Dna a ordinare l’immediata sospensione delle intercettazioni e di lasciar perdere l’indagine per una questione di competenze che non interessavano la Squadra Mobile di Roma.” L’indagine così si ferma e Gaetano informa il procuratore che con lui svolge le indagini sul filone Ostia-Costa Rica-Brasile delle anomalie e viene convocato urgentemente per le visite mediche dal Viminale. Dalla visita di controllo esce incredibilmente a pezzi: assolutamente inabile al servizio, con patologie varie, problemi irreversibili e deve riconsegnare la pistola.