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manca.attilio-angeladi Sara Donatelli - 2 novembre 2014
Il 12 febbraio 2004 viene trovato, nella sua abitazione di Viterbo, il corpo senza vita di Attilio Manca. La sua morte viene sin da subito identificata come un suicidio causato da overdose ma tanti indizi portano invece a pensare che si tratti di un omicidio. O meglio, di una vera e propria esecuzione mafiosa. Le motivazioni? Innanzitutto l’appartenenza territoriale dell’uomo e la sua professione: Attilio Manca è un urologo siciliano, precisamente di Barcellona Pozzo Di Gotto, divenuta negli ultimi decenni uno dei punti cruciali nel rapporto tra Cosa Nostra, servizi deviati e massoneria. A Barcellona Pozzo di Gotto viene ucciso il giornalista Beppe Alfano. A Barcellona Pozzo di Gotto esiste il circolo “Corda Fratres”, strettamente legato al boss Gullotti (ritenuto il mandante del delitto di Beppe Alfano) e Rosario Pio Cattafi. A Barcellona Pozzo di Gotto viene costruito il telecomando per la strage di Capaci. A Barcellona Pozzo di Gotto Provenzano vive parte della sua latitanza protetto all’interno di un convento. Barcellona Pozzo di Gotto è il paese di Attilio Manca, il migliore urologo in circolazione proprio nel periodo in cui, nel 2003, il boss corleonese necessita di un’operazione chirurgica a causa di un tumore alla prostata. Cosa fa pensare dunque che Attilio Manca sia stato ucciso e che non si sia suicidato? Nel 2005 il mafioso Francesco Pistoia viene intercettato mentre parla degli omicidi commessi da Provenzano ed afferma che questi è stato visitato da un urologo siciliano. Tre giorni dopo il boss viene trovato, in circostanza misteriose, suicida nella sua cella. L’unico urologo siciliano in quel periodo in grado di operare il cancro alla prostata per laparoscopia è Attilio Manca. Nel 2007 Vincenza Bisognano (moglie e sorella di boss della mafia barcellonese) viene intercettata mentre, trovandosi in auto con altre persone, parla di Provenzano e della morte di Attilio Manca. Un amico della donna dice: «Ma questo ragazzo era a Roma. Chi doveva dargli fastidio?». La Bisignano risponde: «Perché lui l’aveva riconosciuto”. 

Ma nonostante siano tanti gli indizi che avvalorano la tesi dell’omicidio, ad oggi non è ancora stata fatta piena luce sulla morte di Attilio Manca. La sua vicenda e la sua atroce morte rappresentano una delle pagine più buie della storia del nostro Paese. Ed è impossibile non constatare come lo Stato più volte abbia volutamente ignorato, o ancor peggio, nascosto ed insabbiato tutto quello che si cela dietro questa vicenda. Uno Stato che, come spesso accade, non vuole affrontare le proprie debolezze e le proprie mancanze. Uno Stato che permette per quarant’anni la latitanza di uno spietato boss ma non permette ad una madre di conoscere cosa sia realmente accaduto al figlio. Tante le domande. Ci si chiede ad esempio perché Salvatore Gava, ex capo della Squadra mobile di Viterbo (condannato dalla Cassazione per aver falsificato i verbali sui fatti accaduti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001) scriva che nel periodo di degenza di Provenzano a Marsiglia, Attilio Manca non si sarebbe mosso dall’ospedale Belcolle di Viterbo mentre invece successivamente scopriremo che proprio nei giorni in cui Provenzano era sotto i ferri in terra francese, il dottor Manca era assente dall’ospedale. Ci si chiede perché il Procuratore Capo Alberto Pazienti e del PM Renzo Petroselli in una conferenza stampa sostengano fortemente la tesi del suicidio e non prendano minimamente in considerazione la tesi dell’omicidio. Su quali basi se negli atti della Procura di Viterbo non troviamo la perizia tricologica dalla quale si evincerebbe che Attilio era un consumatore abituale di stupefacenti? Il collegamento tra la morte di Attilio Manca e la latitanza di Bernardo Provenzano è dunque evidente. Palesemente evidente. Attilio viene ucciso perché, divenuto testimone scomodo, avrebbe potuto non solo porre fine alla latitanza del boss ma anche rivelare nomi e cognomi di tutti quei personaggi dello Stato che quella latitanza la stavano favorendo. Attilio Manca è stato ucciso. Ucciso in maniera disumana come testimoniano le foto diffuse dalla famiglia in cui è possibile rendersi conto (guardando ad esempio il setto nasale distrutto) del violentissimo pestaggio subito da Attilio. In questo scenario assurdo e desolante la famiglia dell’urologo non ha mai smesso di urlare e chiedere giustizia. Ne abbiamo parlato con lei, Mamma Angela, la persona che meglio conosceva Attilio e che in questi anni ha vissuto dignitosamente il proprio dolore, trasformandolo in forza e voglia di verità.

Buongiorno signora Manca, La ringraziamo innanzitutto per averci dato la possibilità di intervistarLa, consapevoli del dolore che ogni volta tutto questo può suscitare. Come detto prima, il corpo di Attilio viene ritrovato senza vita il 12 febbraio 2004. Che ricordi ha dei giorni precedenti alla tragedia? Avete mai percepito qualcosa di strano, o diverso, da parte di Attilio?
Sentivamo Attilio un po' strano, meno affettuoso del solito, sfuggente nelle telefonate. Personalmente non mi rendevo conto della grande preoccupazione che lo tormentava. Anche i colleghi con i quali lavorava presso l'Ospedale Belcolle di Viterbo hanno notato  che negli ultimi giorni era molto preoccupato. Ma Attilio non parlò con nessuno dei problemi che stava vivendo. 

Come avete saputo della morte di Attilio?
Abbiamo appreso della sua morte tramite il padre di Ugo Manca, che ha comunicato la notizia a mio figlio Gianluca a cui è stato immediatamente riferito che la morte del fratello era stata causata da un’ overdose e che vicino al cadavere erano state trovate due siringhe. Gli fu però raccomandato di dirci che invece nostro figlio era morto a causa di  un aneurisma per non aggiungere altro dolore e per tutelare la memoria di Attilio. Solo il giorno del funerale abbiamo saputo che invece era morto per una dose massiccia di eroina ,tranquirit  e alcool. La cosa assurda è che, mentre noi ne eravamo all’oscuro, tutti a Barcellona Pozzo di Gotto ne erano a conoscenza. Chi era stato a divulgare la notizia?!

Cosa avvenne dopo?
I giorni ed i mesi successivi, anche se noi abbiamo parlato subito di omicidio, siamo stati circondati da un immenso affetto. Gli amici di Attilio, i conoscenti e tutta la città si è stretta con affetto attorno a noi. Ma, esattamente un anno dopo, quando abbiamo cominciato a parlare di mafia e soprattutto del boss Bernardo Provenzano, sono magicamente spariti tutti. Sulla vicenda di Attilio sono però stati scritti tre libri: “L'enigma di Attilio Manca” di Joan Queralt, “Le vene violate” di Luciano Armeli
e “Un suicidio di mafia” di Luciano che ha ricostruito tutta la vicenda giudiziaria con atti giudiziari ,interviste ,documenti. Questi libri hanno sicuramente svolto un grande ruolo. Soprattutto hanno fatto conoscere ancora di più la storia di mio figlio, ed io sono molto grata agli autori che ormai fanno parte della mia famiglia .

Cosa vi ha spinto a divulgare le foto del corpo martoriato di Attilio?

Io non avrei mai voluto vedere quelle foto. Ma dopo 10 anni è stato proprio mio figlio Gianluca a volerle divulgare per far vedere come avevano massacrato Attilio. Per me e mio marito è stato un trauma perché per la prima volta abbiamo realizzato cosa ha dovuto subire il nostro adorato figlio .

Ci sono stati dei momenti in cui avete pensato di mollare questa estenuante lotta per la verità?
Bisogna innanzitutto riconoscere che a Barcellona Pozzo di Gotto qualcosa è cambiato. Abbiamo un sindaco, Maria Teresa Collica  che cerca, fra mille difficoltà, di " voltare pagina ". Come lei stessa sostiene più volte, c'è molta più conoscenza del problema mafia da parte dei cittadini ,ma sicuramente la strada da percorrere è ancora lunga e piena di ostacoli. Pe quanto riguarda noi possiamo dire che sicuramente ci sono dei momenti di sconforto, di stanchezza, di delusione, di amarezza. Ma mai e poi mai abbiamo pensato di mollare. Attilio merita Verità e Giustizia!

Attilio é stato riconosciuto come vittima di mafia. In primo luogo dallo stesso Don Ciotti e poi addirittura dal papa. Che ricordo ha di quel giorno?
Don Ciotti non ha creduto dal primo istante alla morte per droga e in questi anni ci ha dimostrato tanta vicinanza e un grande affetto . Ha inserito il nome di Attilio fra le vittime di mafia perché lui sa benissimo che purtroppo ci sono dei casi in cui è molto difficile cristallizzare quella verità giudiziaria che è sotto gli occhi di tutti . E' tra l’altro stata una grande emozione leggere il nome di Attilio davanti al Papa. Ma soprattutto mi ha commossa il dolore e l'atteggiamento assorto  del pontefice mentre venivano scanditi i nomi delle vittime di mafia.

La storia di Attilio è per certi versi riconducibile alla vicenda di Nino e Ida Agostino. Tanti giovani ragazzi uccisi perchè entrati dentro un meccanismo troppo grande e pericoloso. Purtroppo dopo 25 anni la famiglia Agostino aspetta ancora giustizia. 25 anni sono una vita. È questo secondo lei il segnale di una giustizia (volutamente) troppo lenta? Cosa prova quando pensa ad uno stato che dopo 25 anni non fa luce sull'uccisione di un giovane ragazzo e grande servitore dello Stato?

La storia di Attilio è simile a quella di Nino Agostino perché in entrambi i casi non c'è la volontà di arrivare alla verità. In entrambi i casi ritroviamo quella parte deviata dello Stato . Per Nino sono stati sottratti i documenti , per Attilio sono state cancellate telefonate dai tabulati, falsificati documenti   o esibiti esami mai effettuati ( come l’esame tricologico ). E' difficile per noi familiari lottare contro certi poteri. Ma noi, come la famiglia Agostino, non ci arrenderemo mai.

Ogni giorno assistiamo alla delegittimazione dei PM impegnati nel complicatissimo e ostacolatissimo processo sulla trattativa stato-mafia.  E questa macchina del fango si può ricollegare a quella che è stata messa in moto nei confronti di Attilio. Uno dei medici più bravi del nostro paese, infangato dall'insinuazione del suicidio e dell'abuso di droghe. Che sensazioni ha lei al riguardo?

Purtroppo avverto una non volontà di giungere alla verità sulla trattativa tra lo Stato e la mafia, probabilmente perché questa vede coinvolti molti protagonisti politici ed istituzionali che ancora oggi detengono il potere.  Non si vuole la verità e per questo noi stiamo lottando contro un muro di gomma:  proprio perché dietro l'omicidio di Attilio c'è Bernardo Provenzano e la rete di istituzioni che ne proteggeva la latitanza . Non bisogna dimenticare che Provenzano si muoveva liberamente su tutto il territorio nazionale ed è andato persino a Marsiglia!

Il Maresciallo Saverio Masi, il caposcorta del magistrato Antonino Di Matteo, sostiene di aver individuato Provenzano già nel 2001 e per tale motivazione ha denunciato i suoi superiori per la mancata cattura del boss. Cosa prova quando pensa che la morte di Attilio poteva essere evitata?
Ho avuto modo di incontrare diverse volte Saverio Masi: una persona perbene, verso la quale provo stima e affetto. Ricordo ancora che la prima volta che ci incontrammo e lui mi disse “Perdonami se non ho potuto catturare Provenzano; se lo avessi fatto, tuo figlio sarebbe ancora vivo”. Lui non ha nessuna colpa perché glielo hanno letteralmente impedito. E si, provo  disprezzo verso quelle figure istituzionali che si appoggiano alla mafia per fare carriera, incuranti del dolore che provocano alle famiglie per colpa dei loro patti scellerati e criminali.

È notizia degli ultimi giorni che non siete stati ammessi come parte civile al processo che vede coinvolta la presunta spacciatrice che avrebbe ceduto la dose letale ad Attilio. Quali sono le motivazioni della vostra esclusione e soprattutto, le vostre sensazioni una volta appresa la notizia?
La Procura di Viterbo nell'attimo in cui stava per iniziare un processo (anche se per cessione di droga ) ha preferito buttarci fuori. Abbiamo provato una grande rabbia, delusione e senso di impotenza davanti ad una Procura sorda a qualsiasi nostra richiesta per accertare la verità.

Cosa vi manca più di Attilio? Ma soprattutto, riuscite a ritrovarlo in piccoli attimi di luce all'interno del buio di questo dolore immenso?
Attilio era un ragazzo sensibile, dotato di una grande intelligenza, solare, con una gran voglia di vivere e con una curiosità di apprendere e scoprire cose nuove che ha  manifestato sin dai primi anni di vita. La sua cultura spaziava dalla letteratura, alla fisica, alla filosofia, alla chimica, alla musica, all'elettronica.  Leggeva tantissimo  (accanto a lui c'era sempre un libro nuovo da leggere ). Era un figlio premuroso, protettivo, sempre presente e vicino con il suo affetto, tanto che ci telefonava tutti i giorni e talvolta due volte al  giorno. Attilio ci manca in ogni momento della nostra giornata. Ci manca il suo amore, la sua ironia, la sua tenerezza, la sua costante presenza nella nostra vita. Però sono convinta che è sempre accanto a noi; che ci sorregge, ci guida,  e ci  trasmette la forza di continuare ad andare avanti in questa nostra ricerca di Verità e Giustizia.

In foto: Angela e Attilio insieme in uno scatto d'archivio

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile.

Pier Paolo Pasolini, Supplica a mia madre

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