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poverta-pastodi Enza Galluccio - 17 agosto 2014
Nell’agosto più inclemente che si sia mai visto, per diverse ragioni drammatico e senza paragoni nei ricordi della memoria collettiva, dal clima all’etica, dall’economia alla cultura, l’Italia dei ridotti in miseria e dei futuri disoccupati stenta ad arrivare alla piena consapevolezza della propria condizione.
Forse per questo motivo e per la necessità di sopravvivere il debito medio di oggi è di circa ventimila euro per nucleo famigliare. Non ci si crede abbastanza, ma quel fondo da raschiare è sempre più vicino.
Intanto il furto di democrazia - molto ambito dai principali colossi finanziari mondiali - si fa sempre più concreto soprattutto nei paesi che per la loro storia sono un simbolo di certi valori, ed essendo oggi indebitati fino al collo con l’Europa perdono qualunque diritto di replica (ammesso che ne esista ancora la volontà … ) in una sottomissione che soffoca ogni speranza di ripresa.
Il potere è sempre più concentrato nelle mani di pochi che decidono per tutti e su tutto, dimostrando spesso di essere pure incapaci di farlo.

Così si chiama “fame” la coda di persone che, anche in questi giorni di finta estate, si forma davanti agli sportelli dove si garantisce un pasto alla popolazione più povera. Ed  è sempre più lunga; si dice fino a tre volte tanto, facendo riferimento agli ultimi anni. Anche a quel 2011 passato alla storia per uno spread talmente alto da raggiungere un livello mai registrato fino ad allora,  e per la lettera segreta di Trichet- Draghi contenente le direttive europee per il nostro Paese.
Anche in quell’occasione l’indicazione principale era la riduzione degli stipendi pubblici e, siccome i manager non fanno mai parte di alcun progetto di tagli, oggi come ieri si trattava e si tratta di nuova fame per tutti. Visto poi che gli stipendi degli ultimi gradini delle pubbliche amministrazioni (insegnanti, infermieri, impiegati vari per non parlare di collaboratori scolastici e addetti agli sportelli di prima accoglienza dei cittadini e delle loro necessità, come quelli dell’Inps ad esempio …) sono già da fame e questo perdura da molti anni, considerato che i dipendenti privati non se la cavano meglio, è inevitabile il crollo dei consumi. Soltanto i vari governi che si sono succeduti fino ad oggi sembrano non capire questa ovvietà. Oppure più semplicemente fanno finta di non capire, per giustificare ogni nefandezza compiuta  attraverso lo spauracchio della crisi.
In quella missiva del 2011 si parlava anche della necessità di dare un taglio netto al diritto alla pensione di anzianità, di prolungare l’età pensionabile delle donne e di rendere sempre meno automatico il turnover.
Insomma il progetto era ed è ancora quello di far cassa attraverso i soliti noti, riducendo di conseguenza quei servizi indispensabili ad uno Stato che si definisca civile.
Uno spazio era infine riservato all’argomento preferito di tutti i tempi, anche di questo triste agosto del 2014: rivedere la normativa sui licenziamenti, ovviamente nel senso della graduale eliminazione  dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Quello che tutelava un lavoratore dal rischio di poter essere licenziato senza alcun motivo lecito.
Proprio come oggi ripropone il ministro dell’Interno Alfano, con il silenzio e la noncuranza di tutti i non eletti al governo e con l’atteggiamento complice del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, sempre più in affanno, incapace di confrontarsi con un’Italia distrutta ed un’economia ormai allo sbando.
Oggi come ieri la risposta della politica più inutile e corrotta è ancora “fame”e perdita di diritti e dignità per tutti noi.

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