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famiglia-agostino7 agosto 2014
Sara, Anna e Giancarlo, appartenenti al Movimento delle Agende Rosse, raccontano il loro incontro con la famiglia dell’agente Nino Agostino, ucciso dalla mafia il 5 agosto 1989 insieme alla moglie Ida Castelluccio, incinta di pochi mesi.

Non sappiamo se iniziare dall'inizio o dalla fine. Non sappiamo se descrivere la sensazione netta di essere fuori luogo durante i primi minuti che eravamo con loro o descrivere quel piccolo senso di appartenenza che abbiamo avvertito proprio nel momento in cui abbiamo lasciato quella casa. Difficile essere obiettivi, impossibile non farsi domande. Domande su come siano stati i risvegli senza Nino, le chiacchierate senza Ida, i natali senza quel nipotino che stava per arrivare. Ma crediamo sia altrettanto impossibile riuscire a trovare delle risposte, o quantomeno tentare di immedesimarsi in quel dolore. Perché sono gli occhi di Augusta che te lo proibiscono, che ti proibiscono di volerti anche quantomeno avvicinare a quel dolore. Perché è guardando quegli occhi che ti rendi conto che, per quanti sforzi tu possa fare, non potrai mai capire. Allora non ti resta che guardarli, guardare quasi incantata la forza con la quale un'intera famiglia, ognuno a proprio modo, sia riuscita a rialzarsi, raccogliere i cocci e tentare di ricostruire ogni parte di sé, consapevoli però dell'assoluta mancanza di due, anzi tre, pezzi di fondamentale importanza. La donna con gli occhi a mandorla, Augusta. Donna piccola ma grande, debole ma forte, con quella vocina quasi timida nel chiedere qualcosa e con quegli occhi che riesci a incrociare solo poche volte. E poi c'è un omone dalla barba bianca e dagli occhi azzurri, in cui rischi di perderti dentro, con la certezza che non potrai mai arrivarci fino in fondo. Caro Antonino, hai davvero una bella famiglia. E non lo diciamo come frase di circostanza o come verità assoluta. Fa paura dire questo numero, venticinque anni, ci si sente piccoli piccoli, cosi come piccola, troppo piccola, è la verità o parziale verità che in questi anni è venuta fuori. Non so se riusciremo mai a conoscere i nomi di chi ti ha ucciso. O addirittura di chi ha voluto la tua morte. Sappiamo solo che per l'ennesima volta abbiamo avuto la conferma dell'assenza dello Stato, o ancor peggio, la presenza di uno Stato silente e omertoso, ubbidiente a leggi nascoste, accordi sottobanco e legami segreti. Per l'ennesima volta abbiamo avuto la conferma che spesso la verità è troppo grande per farla venir fuori, troppo pericolosa per esporla, troppo cruda per farla conoscere a tutti. A chi ha assistito a quello scempio, a chi non era ancora nato, a chi dovrà ancora venire. Sappiamo che lo Stato continua a dimostrarsi insensibile, snaturato verso i propri figli che, proprio per quello stato hanno perso la vita, irriconoscente verso chi ancora oggi lotta ogni giorno affinché la verità venga a galla, affinché non ci siano più omissioni o mancanze, a chi coraggiosamente va contro il sistema. Ci rendiamo conto che lo Stato, per l'ennesima volta, non ha amor proprio né un minimo senso di riconoscenza verso chi ci ha resi orgogliosi di essere italiani. Cara Augusta, sei l'emblema della forza, quella schiena dritta nonostante tutto rappresenta, seppur in minima parte, quella dignità di chi non si piega al dolore, di chi rallenta ma non si ferma mai. Caro Vincenzo, nonno Vincenzo, papà Vincenzo. Uomo dalla forza nascosta tra quella barba lunga e quei capelli segnati dal tempo, e quegli occhi aperti, sempre aperti, costantemente spalancati alla vita, e quelle grandi mani che solo Dio sa quanto tempo hai impiegato per lavarle e per togliere via l'odore di quel sangue. Cari Totò, Nunzia e Flora. Probabilmente il prezzo più alto è stato pagato da voi, che oltre ad aver preso un fratello, una cognata ed un nipotino avete perso tante occasioni, piccole sfaccettature fatte di scherzi tra fratelli, di abbracci e risate che niente e nessuno potrà mai ridarvi indietro. Resterà sempre quell'anello mancante, quel cerchio che non chiude la catena. Ma quel silenzio e quella mancanza, che speriamo vengano colmati dalla scoperta della verità, sono senza alcun dubbio riempiti da tante voci che ancora oggi per casa continuano a chiamare quei nomi… Nino e Ida, quei due nipoti che non hanno conosciuto gli zii ma che hanno già da tempo compreso cosa significa svegliarsi la mattina e sorridere, camminare a schiena dritta nonostante tutto e, soprattutto, conoscono quello che è il valore più importante: la famiglia. E che famiglia.

Sara, Anna e Giancarlo

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