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vittime-palagianodi Savino Percoco - 21 marzo 2014
E’ una Puglia incredula quella che si ritrova nelle notizie di cronaca odierna, una terra in cui la mafia pareva  non esistere e dove nessuno o quasi ne parla; protetta dall’omertà cittadina e dalla sua quasi invisibilità.
Lo stupore, innanzi ai pluri omicidi che hanno toccato recentemente le sue Province ha raggiunto il culmine quando alle 21.30 di lunedì, a perdere la vita è stato anche il piccolo Domenico di tre anni appena. Raggiunto da un colpo fatale al volto mentre si trovava a bordo di una Matiz rossa diretta a Palagiano (TA), nell’agguato che ha infranto anche le vite di sua madre Carla Fornari e Cosimo Orlando, pregiudicato in stato di semilibertà.
Percorrevano la strada per Palagiano quando all’uscita della statale 106 (Taranto - Reggio Calabria), un commando li ha affiancati spingendoli verso il “guard dail” fino al sopraggiungere di un’ulteriore vettura (secondo le prime ipotesi) con a bordo un killer che ha sparato quindici colpi, crivellando l’anteriore della Chevrolet rossa.
Carla, 30 anni, è morta subito, così Orlando che era seduto accanto a lei con in braccio Domenico, illesi invece gli altri due piccoli della donna di 6 e 7 anni che viaggiavano sul sedile posteriore e trovati ammutoliti dall’uomo che ha prestato i primi soccorsi.

Tredici sono i bossoli di una pistola calibro 9, rilevati dai carabinieri e disseminati su un lungo tratto di strada di circa 200 metri.
Secondo gli inquirenti, si è trattato di un delitto di mafia, difatti il passato della coppia evidenzia grossi intrecci con la criminalità organizzata.
Cosimo Orlando, era in semi-libertà e stava scontando una condanna a trent'anni per un duplice omicidio di due giovani di Castellaneta, commesso nel 1998 per una vicenda legata al traffico della droga.
Da circa un anno, in virtù della buona condotta in carcere, beneficiava di permessi e partecipava a progetti nell'ambito delle attività carcerarie e da qualche mese lavorava per una azienda agricola. Si presume che fosse tornato ad avere un ruolo nel mondo della mala ed in particolare, nello smercio delle sostanze stupefacenti.
Carla Fornari ed i tre bambini coinvolti, sono rispettivamente moglie e figli di Domenico Petruzzelli, ammazzato in un duplice omicidio legato al controllo dello spaccio di droga nel versante occidentale della provincia ionica, il 9 maggio del 2011 a Palagiano. Per tale episodio, Pietro Cisternino (45), Francesco Mancini (36) e Pasquale Fronza (35) sono stati condannati all’ergastolo per due gradi di giudizio e recentemente, la Corte di Assise di Appello di Taranto ha depositato le relative motivazioni.
L’operazione venne definita “un omicidio da reality” per via della casuale diretta, seguita dagli investigatori, attraverso le cimici installate nell’auto della vittima. Nell’occasione, fu sparato anche Domenico Attorre, che assieme al Petruzzelli, negli attimi successivi all’agguato, fu carbonizzato dalle fiamme generate dall’incendio dell’auto su cui erano a bordo. I loro corpi furono rivenuti tempo dopo in un fossato in campagna.
La vedova, non aveva precedenti e si era costituita parte civile, seguendo tutte le udienze del processo ai  presunti assassini di suo marito, testimoniando le sue preoccupazioni generate dai rapporti che l’uomo condivideva con Attorre, criminale da poco scarcerato.
L’indagine in corso, quindi, si estende su più strade, tra cui l’eventuale vendetta trasversale generata dai sodali delle due vittime ammazzate nel ’98 da Orlando, senza  escludere l’ipotesi di una faida per il controllo territoriale degli affari legati alla droga a cui l’uomo probabilmente aspirava.
Inoltre va considerata anche la figura processuale della Fornari, definita donna coraggiosa e intelligente dai magistrati ma probabilmente poco gradita agli ambienti della mala di Palagiano a causa delle sue deposizioni che tra altre, hanno contribuito ad incastrare i killer di suo marito.
Non di poco conto, anche la sua scelta di proseguire la gravidanza dopo la morte di Petruzzelli, il cui piccolo, nato due mesi dopo l’omicidio, porta il proprio il nome del padre ammazzato.  Azione che potrebbe aver generato una sfida nei riguardi del clan avverso.
Il prefetto di Taranto, Umberto Guidato, ha convocato una riunione urgente in prefettura. Da Roma stanno arrivando in Puglia i carabinieri del Ros. Le indagini sono dirette dai pm Remo Epifani e dalla Dda di Lecce Alessio Coccioli. Nella squadra investigativa, anche il tenente colonnello Giovanni Tamborrino e il capitano Fabio Bianco.
Nel frattempo, Il ministero dell’Interno, Angelino Alfano, che ha convocato per venerdì prossimo, il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, ha disposto l’invio immediato di 60 uomini tra poliziotti e carabinieri nella provincia di Taranto.
Secondo il Procuratore Nazionale Antimafia, Roberti, “non c’erano segnali ma lo Stato risponderà subito”. Nei giorni scorsi era stata depositata la sua relazione annuale nella quale tra i vari dati statistici, fa un quadro sulla geografia della criminalità organizzata tarantina, evidenziando la faida tra i clan Corolese di Massafra e Putignano di Palagiano, di cui faceva parte anche Orlando.
Quello di Palagiano non è certo un raro episodio in terra Pugliese, dove il suono degli spari tra le rivalità di famiglie mafiose risuona nel silenzio omertoso di una fittizia quiete. Non ultima, la scena da “far west” assistita a Conversano (BA), colorando le pagine di cronaca nera locale per dei colpi sparati contro un noto pregiudicato del posto, Nicola La Selva, ora ricoverato in ospedale.
Deve far riflettere però, il coinvolgimento dei bambini. Dopo l’avvento di Riina e della mafia corleonese sono state mietute altre vittime come il piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido nitrito e il recente Nicola Campolongo detto "Cocò, carbonizzato per mano della ‘ndragheta. Non è infatti mistero l’affermazione del capo dei capi "Di bambini a Sarajevo ne muoiono tanti, perché ci dobbiamo preoccupare proprio noi di Corleone?".
Quali sono le conseguenze che portano questa società verso un’irreversibile “malattia” che determina odio e violenza da non rispettare neanche i bambini?
Domenico junior avrebbe compiuto 3 anni ad agosto e si aggiunge ad un già lungo elenco di vittime bianche, ma che dire dei due fratellini che secondo i racconti dei primi soccorritori “erano stesi sui sedili e non riuscivano a parlare”? Hanno assistito in tenera età allo spargimento di sangue in diretta, perdendo in pochi istanti madre e fratello, senza dimenticare l’assassinio del loro padre avvenuto 3 anni fa e costretti quindi, ad una crescita difficile.
Inoltre i due bambini sono anche preziosi testimoni, e questo generà non poche pressioni sul loro futuro già traumatizzato da un passato in cui le luci sembrano sovrastate dal buio e da incubi che influenzano la loro crescita con la paura. I bambini sono ora ricoverati presso l’ospedale di Castellaneta e nei prossimi giorni il tribunale valuterà l’affidamento, ma sarebbe opportuno che lo Stato dopo le chiacchiere di  un “bomb jammer” promesso e mai assegnato al pm Nino Di Matteo, faccia qualcosa di concreto.

In foto: le tre vittime dell'agguato di Palagiano

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