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arlacchi-pino-web2di Enza Galluccio - 28 febbraio 2014
Dopo aver letto le dichiarazioni su Panorama [19 febbraio ’14 e 26 febbraio ’14 foglio 1 / 2pagina 7-nda] del sociologo, europarlamentare del Pd, Pino Arlacchi, e dopo l’articolo di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano [28 febbraio ’14- nda], mi addentro in una ricerca di conferme - e smentite - che fanno riflettere.
I fatti: Arlacchi, nell’intervista menzionata appoggia le tesi dello storico Salvatore Lupo e del giurista Giovanni Fiandaca, autori del libro “La mafia non ha vinto. Nel labirinto della trattativa” appena pubblicato.
Nello specifico sostiene che “Antonio Ingroia & soci” avrebbero costruito le proprie carriere immeritate, su “inchieste bufale” senza prove a sostegno, in merito alla “allucinazione” della trattativa tra lo Stato e la mafia.
Essa infatti si baserebbe su “un’ipotesi grottesca: una connection tra Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, Giovanni Conso e Nicola Mancino da un lato, e i vertici corleonesi di Cosa nostra dall’altro. Il tutto attraverso il Ros […]; e i servizi segreti che negoziano un armistizio […]”.

Sarebbe questa la principale allucinazione dei Pm palermitani secondo l’Arlacchi di oggi, che Travaglio analizza e mette a confronto con l’Arlacchi di ieri, che nel 2009 rilasciava un’intervista a La Stampa - talmente dettagliata su fatti e nomi, in merito e a sostegno delle trattative avvenute tra il ’92 e il ’93 - da suscitare l’interesse dei magistrati nisseni che decidevano in seguito di interrogarlo proprio su quelle sue dichiarazioni [11 settembre ’09-nda].
Ebbene, la mia ricerca mi porta a confermare non solo quanto sostenuto da Marco Travaglio sulle versioni totalmente contrapposte rilasciate nei due diversi periodi dall’europarlamentare  del Pd, ma arricchiscono – e un po’ sconcertano – le mie conoscenze in merito agli avvenimenti di quegli anni.
Arlacchi aveva dato prove testimoniali sulle relazioni tra gli uomini dello Stato e Cosa nostra, con le seguenti parole: "[…] era mia convinzione, che effettivamente Cosa nostra nell'eseguire le stragi di Capaci e via D'Amelio avesse agito in sinergia con ambienti deviati delle Istituzioni, soprattutto del SISDE, che si trovavano in quel momento in difficoltà, poiché stavano per venir meno gli storici referenti di carattere politico ed avevano, pertanto, per così dire, "cavalcato" la reazione comunque autonoma di Cosa nostra, pilotandola per asservire allo scopo di riacquisire quella centralità che avevano avuto nel passato",  confermando di fatto quella stessa trattativa oggi definita frutto di visionarie convinzioni.
Ma c’è di più, ad un certo punto dell’interrogatorio egli aggiunge: "Dopo le stragi del 1993 si consolidò presso i vertici della D.I.A. l'idea che le stragi avevano una valenza politica precisa, e cioè erano finalizzate a costringere lo Stato a venire a patti ed instaurare una trattativa.
Sul punto formulammo insieme a DE GENNARO delle ipotesi, ritenendo che il gruppo andreottiano, tramite i suoi referenti di cui ho detto - e cioè il gruppo CONTRADA - fosse uno dei terminali della trattativa.
Quando nell'intervista faccio riferimento per le trattative allora in corso "al R.O.S." intendo riferirmi al colonnello MORI; sospettavamo, infatti, che vi fosse in atto un'azione di depotenziamento delle indagini della Procura di Palermo, anche tramite contatti con appartenenti a Cosa nostra che convincevano l'associazione della possibilità di uscire in qualche modo indenne dalla fase delle indagini compiute dal pool di Palermo"
 … E qui nasce il mio principale sgomento: Arlacchi sospettava che qualcuno delle istituzioni volesse - tramite certi contatti anche criminali - depotenziare le indagini della procura Palermitana di allora.
Quella di oggi, invece, nonostante abbia indagato su fatti e responsabilità da lui stesso narrati in quell’interrogatorio con i Pm di Caltanissetta, viene definita delirante e carrierista …
Insomma, come ho già asserito più volte, la storia di questo Processo è difficilissima, soprattutto perché osteggiata da molti fronti.
Oggi, forse, l’appartenenza di Pino Arlacchi a una forza politica di governo che si è sempre schierata con il presidente Napolitano e con la sua ostilità nei confronti della Procura di Palermo, lo porta ad atteggiamenti ambivalenti (per non dire bipolari) su temi estremamente delicati, come quelli relativi ad un processo ancora in corso …
Anche a lui, si potrebbe rivolgere l’invito a mantenere un silenzio di rispettosa attesa.
Si arriverà a sentenza, piaccia o no a tutti i negazionisti, e ci saranno ben tre gradi di giudizio a disposizione di coloro che, pur a fasi alterne, si ritengono così competenti da criticare e demolire anni d’indagini da parte di magistrati che - mi si permetta - molto più di Arlacchi hanno camminato a fianco di Falcone e Borsellino, respirando ogni giorno la stessa aria di morte.

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