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carceredi Emiliano Federico Caruso - 29 gennaio 2014
La storia dell'Italia è piena di leggi emanate in buona fede, poi trasformate in armi a doppio taglio: dalla famosa legge Biagi, che in teoria avrebbe dovuto tutelare anche chi viene assunto per un breve periodo, ma che in realtà si è rivelata la rovina dei lavoratori, fino al recente decreto svuota carceri.

Proprio in questi giorni, in concomitanza con l'inizio dell'anno giudiziario, il primo presidente di Cassazione, Giorgio Santacroce, ha dichiarato che indulto e amnistie sarebbero l'unica strada per l'emergenza carceri, che vede il nostro paese al terzo posto dopo Grecia e Serbia. Voluto dal ministro della giustizia Annamaria Cancellieri, il decreto dovrebbe in teoria essere la soluzione al sovraffollamento delle nostre 205 carceri, che ormai accolgono più di 62mila detenuti a fronte di una capienza massima di 48mila e, sempre in teoria, dovrebbe riguardare solo i colpevoli di reati minori, come furti e piccoli spacci di droga.

Tra le caratteristiche del decreto: lo sconto di pena passa dai 45 giorni ogni sei mesi a 60-75 giorni. In pratica per ogni anno di carcere si possono togliere fino a 150 giorni di detenzione dalla condanna. E non sono pochi. Con questo meccanismo sono tornati liberi Gilberto Caldarozzi, già condannato a tre anni e otto mesi per lesioni gravi, calunnia e falso per i fatti della scuola Diaz, oltre a Massimo Nucera e Maurizio Panzieri. Il primo era agente scelto durante il G8 di Genova e, per giustificare la violenta condotta delle forze dell'ordine in quella notte del 21 luglio 2001, presentò il suo giubbotto antiproiettile con dei tagli a suo dire provocati da uno dei ragazzi presenti nella Diaz. La versione di Nucera venne confermata da Panzieri, all'epoca ispettore capo dello stesso nucleo. Solo in seguito si scoprì che i tagli erano artefatti e si arrivò a una condanna a tre anni e cinque mesi per entrambi. Ora gli agenti sono di nuovo liberi e Caldarozzi potrebbe persino tornare in servizio.

Il problema principale di indulti, amnistie e svuota carceri sta nella difficoltà nel porre dei limiti agli abusi: mettere sullo stesso piano il piccolo spacciatore e il boss mafioso, con il rischio che il regalo più grande il decreto possa farlo proprio alla criminalità organizzata. Il 23 dicembre 2013 il presidente Napolitano emanò il decreto, e già il giorno dopo, dietro istanza del difensore Giovanni Castronovo, tornò libero Carmelo Vellini, con precedenti per omicidio e accusato di essere il boss del clan di Naro. Vellini venne arrestato l'8 aprile 2008, e condannato in seguito a cinque anni e sei mesi, durante l'operazione Mercurio, indagine che portò all'arresto anche di Giuseppe Sardino, commerciante incensurato del centro storico di Naro e in seguito divenuto collaboratore di giustizia, e dell'avvocato Gaetana Luisa Maniscalchi, già tra i dirigenti della Ast (Azienda siciliana trasporti). Tutti e tre accusati di associazione a delinquere di tipo mafioso (punita dal 416bis) e favoreggiamento aggravato: tra le altre cose, avrebbero nascosto la latitanza di Giuseppe "Ling LIng" Falsone, a sua volta boss di Campobello di Licata.

Considerato all'epoca uno dei 30 ricercati più pericolosi d'Italia e latitante per più di un decennio, Falsone venne infine catturato il 25 giugno 2010 a Marsiglia. Fino a quel momento imprendibile e astuto, il boss di Campobello di Licata non disdegnava le tecnologie moderne: in una mafia talvolta ancora tradizionale e abituata ai pizzini, Falsone amava diramare i suoi ordini tramite internet, veloce, comodo e difficile da intercettare.

Poco dopo la scarcerazione di Vellini è tornato libero anche Nicola Ribisi, accusato insieme allo zio Ignazio (già uomo di fiducia di Bernardo Provenzano) di voler rinnovare il clan di Palma di Montechiaro, in pessime condizioni in seguito alle guerre di mafia degli anni '90. Grazie al ritrovamento di alcuni pizzini nell'ultimo covo di Provenzano, e alle rivelazioni dei pentiti Maurizio di Gati e Giuseppe Sardino, i due Ribisi vennero infine arrestati il 18 settembre 2009 e ora, vista accolta l'istanza presentata dall'avvocato difensore Daniela Posante, Nicola è di nuovo libero. Individuo, tra l'altro, talmente potente da poter gestire il suo clan anche dal carcere.

Fatti altri calcoli di giorni scontati rispetto alla pena, entro la fine di quest'anno potrebbe tornare libero anche Salvatore "Totò" Cuffaro. Già medico radiologo, ex presidente della Regione Sicilia (aiutato da una poderosa campagna elettorale, nel 2006 vinse contro Rita Borsellino, sorella del noto magistrato ucciso dalla mafia il 19 giugno 1992) e persino senatore della Repubblica, Cuffaro, detto il "vasa vasa" (bacia bacia) per una sua abitudine tipicamente siciliana, venne condannato a gennaio del 2008 all'interdizione dai pubblici uffici. Allora si credeva che fosse solo colpevole di favoreggiamento semplice.

Non ancora verificata l'aggravante mafiosa, il Vasa festeggiò a cannoli siciliani, ma venne infine condannato a gennaio del 2011 a sette anni per favoreggiamento aggravato dalla componente mafiosa e per rivelazione di segreto d'ufficio: rivelò a "uomini d'onore" l'esistenza di indagini nei loro confronti. Tra le altre cose, il Vasa era in stretti rapporti con Giuseppe Guttadauro, anch'egli medico e capomandamento di Brancaccio, e aiutò l'uomo d'affari Michele Aiello, protettore di Provenzano e detto "il re Mida della sanità siciliana", a stilare l'esoso tariffario delle cure della clinica Santa Teresa, della quale l'imprenditore era proprietario e in seguito confiscata insieme a 800mln di euro in beni vari. Tutto ciò nonostante Cuffaro abbia sempre basato la sua carriera politica sul motto "la mafia fa schifo". Processato e condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, si è sempre difeso sostenendo di non poter filtrare le sue numerose compagnie. Come se un uomo politico non disponesse dei mezzi necessari per informarsi sulle persone che frequenta.

Nonostante lo stesso ministro Cancellieri abbia quindi affermato più volte che il decreto "non è un indulto mascherato", e dopo aver specificato che il rilascio dei detenuti deve essere esaminato caso per caso dal giudice (manovra che sembra tanto uno scaricabarile nei confronti dei magistrati), il nuovo svuota carceri sembra più un dono fatto alla mafia, piuttosto che un metodo per migliorare i nostri penitenziari. 

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