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lamberti-simonettada Amedeo Zeni - 15 gennaio 2014
La giustizia e il coraggio si prostrano ad un gesto di perdono. Chi è camorrista è chiamato a chinare il capo dinnanzi alla potenza di un gesto che deve far riflettere chi è condannato ad una vita fatta d'odio.

"Sono tornata tardi oggi da Salerno, nemmeno un'ora fa. Ho rivisto in aula quell'uomo, in modo diverso, certo, da quel primo incontro. Non tremavo tanto quanto quella mattina di ottobre, quello che si prova, dentro, resta una sensazione sempre molto forte in questi momenti, che ti scuote dal profondo. Man mano, però, mi rendo conto che inizia a farsi chiarezza dentro di me, i sentimenti contrastanti poco alla volta iniziano ad essere più chiari, i contorni più definiti, e come scrivevo qualche giorno fa, confermo quella che è stata la sensazione, del primo impatto, io non riesco a provare rabbia né odio verso di lui, ma solo compassione, quasi pena…

E, come gli dissi il 9 ottobre, pur non sapendo ancora, in quel momento, se fossi in grado di perdonare l'immenso dolore che ha riempito la mia vita a causa di ciò che fece a mia sorella e alla mia famiglia, oggi ho voluto lasciargli una foto di Simonetta, una foto che ci tenevo a dargli per portarla sempre con sé, una foto del mio piccolo Angelo... non so perché ma era questo che il mio cuore mi ha detto… Simonetta deve essere simbolo di purezza, Amore, di pace, non di rabbia né vendetta… E deve poter dare pace anche al suo cuore". A pubblicare su facebook queste parole è Serena Lamberti, sorella di Simonetta, uccisa oltre trent'anni fa dalla camorra, la stessa che ancora oggi esiste grazie al sostegno di uno Stato incapace. Simonetta era una bimba, lo sarà per sempre. 

Quel post è indubbiamente importante, è lo schiaffo sul sedere dato a un bimbo appena nato per fargli dilatare i polmoni attraverso il pianto, gridando così il suo benvenuto alla vita. Quelle parole scritte dalla sorella, andrebbero probabilmente proposte all'attenzione di tutti i ragazzi delle scuole d'Italia, con il solo scopo di chiarire quanto tutto quest'odio non faccia altro che logorare le nostre intenzioni migliori. L'assassino di Simonetta ha chiesto perdono, e perdono sia. Paghi la sua pena, stia lì a riflettere, sia pretesa la certezza di una pena carceraria affinché non vengano emulate azioni di quel tipo. Questa è la legge, la giustizia terrena. Poi però, fuori da ogni schema, esistono gli occhi, quelli di un assassino e quelli di una ragazza che ha vissuto insieme alla sua famiglia una perdita insostenibile.

Quegli occhi si incontrano in un silenzio surreale, accade in pochi minuti: la creazione di un ponte. Un ponte di speranza affinché chi deve cambiare possa avere l'opportunità di capire quanto è sbagliato agire nel male. Quel ponte si crea tra le mani di Serena e quelle dell'assassino. Quel ponte è il simbolo di quanto è dirompente la potenza dell'amore e della vita. Quel ponte è la foto di Simonetta. Viene da pensare una domanda da fare a questa gente: "Ma vi conviene davvero questa vita fatta di odio e sofferenza? Questo denaro che puzza di sangue quanto può arricchirvi? Non è una questione di moralità, etica o civiltà, è una questione di serenità tolta al vostro tempo, un tempo breve, circuito dal costante rischio della morte. Quanta serenità può darvi una vita vissuta nel senso di colpa, e se non avete sensi di colpa, come fate a non mortificarvi o a sentirvi uomini davanti a chi vi regala la foto di Simonetta?"

La camorra è gestita da animali, simili geneticamente a noi, come può un uomo ritenersi ancora tale restando impassibile di fronte a chi compie un atto così forte? Tu, camorrista, credi di essere grande? Io credo che tu morirai come me e come Simonetta, come tutti noi, eccoti una sua foto, rifletti. Il perdono paradossalmente è la più alta forma di rivalsa perché induce alla bruciante consapevolezza per chi riesce ancora ad ascoltare. Per chi non ci riesce ci penserà un giudizio supremo che non sta a noi concepire. Simonetta non poteva restare un simbolo di straziante e infinita dannazione.

L'unica frase da dire per tenere in vita il suo sorriso è: "Se tu vuoi fare parte del male restaci, se non vuoi allora il perdono è lì negli occhi liberi di Simonetta". Com'è possibile dare un senso ad un territorio che autorizza l'esistenza della guapparia di pochi a discapito della vita di tanti? Noi siamo davvero tutto questo? No, noi siamo migliori, noi ci comportiamo con dignità, a noi piace stare con gli amici, piace essere civili, a noi piace comportarci condividendo il bene comune. Noi siamo quelli che vorremmo perdonare lo Stato se solo diventasse consapevole dei suoi errori. Noi siamo gente perbene, noi non siamo la camorra. La macchina corre, gli spari ancora rimbombano nell'aria, l'eco di quei tuoni sarà eterno. Sarà il preludio della tempesta dentro gli animi di chi uccide.

Resta seduta Simonetta, sul sediolino di una macchina che la condurrà verso un mondo migliore. Qualcuno ha reso immobili le dita di una bimba, avete letto bene, una bimba, una di quelle indifese. Non può riaccadere qualcosa del genere. Mai più. Quanto amore possono contenere le dita di una bimba? Quanto male potrebbero mai fare le dita di una bimba? La mano di una bimba può accarezzare la sua mamma, può raccogliere conchiglie sulla spiaggia, può animare giocattoli, ma non può, in nessun modo, fare del male. Simonetta Lamberti (in foto) fu uccisa dalla camorra e in tutti questi anni una foschia di sensazioni ha offuscato la vita dei suoi cari: rabbia, odio, disprezzo, impotenza. Unghie che graffiano una lavagna producendo un fischio insopportabile. Ecco quella pelle d'oca generata è simile alla mestizia di chi in questi anni ha dovuto sopportare quel dolore.

Simonetta invita tutti al silenzio, ci zittisce con il suo profumo, ci costringe a mostrarci allo specchio e ci spinge a pensare che è tempo di pace. C'è sempre tempo per la pace. Tu, stai leggendo, da un lato incuriosito da quanto c'è scritto, dall'altro inquietato dai toni con cui viene ricamata questa descrizione: una bimba è morta. Potrebbe essere chiunque. E' quella bimba che ti saluta sorridente la mattina con la sua voce tenera "Buongiorno signore", è quella bimba che vedi giocare sotto casa tua, è tua nipote, è tua figlia, è la figlia del tuo migliore amico, è tua cugina, è tua sorella. Forse, quella bimba sei proprio tu.
(Fonte foto: Rete internet)

Fonte: ilmediano.it

Tratto da: 19luglio1992.com

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