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di Rino Giacalone roveri-chicca - 22 luglio 2013
I giudici della Corte di Assise di Trapani proseguono nelle loro audizioni di testimoni per giungere alla conclusione del processo per il delitto di Mauro Rostagno. Ad oltre due anni dall’avvio del dibattimento è oramai chiaro che qualsiasi sentenza andranno a pronunziare, qualsiasi motivazione che dovranno scrivere ovviamente in relazione al dispositivo che pare si apprestino a leggere entro la fine di quest’anno, hanno dinanzi per quanto ascoltato dal 2 febbraio 2011 nell’aula “Giovanni Falcone” un compito ancora più arduo di quello che la norma penale affida loro e che dispone che ogni sentenza va spiegata, illustrata, sviscerata e resa perfettamente leggibile a chiunque.

Ed allora non è cosa eccezionale tornare a sentire testi già sentiti, introdurre altri testi, oltre quelli chiesti dalle parti, acquisire ancora documentazione e disporre perizie. Sbaglia perciò chi legge in questa attività della Corte, perché questo che talvolta traspare da dichiarazioni, resoconti giornalistici, come se la volontà è quella di cambiare la matrice del processo. Vincenzo Virga e Vito Mazzara oggi sono imputati in un processo, dove la Procura antimafia ritiene che il sociologo e giornalista Mauro Rostagno sia stato assassinato dalla mafia. La Corte di Assise deve decidere se questa imputazione è o meno fondata. Non può fare altro. Chi dice altro, dice una bugia, getta fumo negli occhi, vuole solo creare confusione. O meglio perpetuare quello scenario torbido che per 25 anni ha impedito la ricerca della verità su questo delitto.

Ovviamente c’è chi magari involontariamente si comporta in questa maniera ma c’è chi è privo di questa, chiamiamola generosamente, “buona fede”. Questo processo non è diverso dagli altri perché la nostra normativa penale relativa alla celebrazione dei processi è una norma che con l’andar del tempo è stata condita da grandi “aggiustamenti” che hanno introdotto un garantismo che se corretto nelle sue basi originarie via via è diventato sempre di più esasperato ed esagerato. Ed allora non ci sono colpe da attribuire a responsabilità personali di giudici, pm, avvocati, se nel processo per il delitto Rostagno, come in altri, le vittime del reato, i familiari che si costituiscono parte civile, finiscono quasi (o forse senza quasi) col diventare gli “imputati”. Per le vittime oggi le norme processuali non riservano tanto garantismo. Il confronto processuale diventa impari.

L’imputato senza risorse è difeso a spese dello Stato. La vittima parte civile senza risorse non ha alcuna forma di aiuto. In un processo dove la mafia è alla sbarra, come in questo caso, accade poi anche altro, secondo collaudate strategie che ignobili legislazioni appoggiano: la vittima ed i suoi familiari colpiti (dal piombo, dal tritolo, dalle armi dei sicari mafiosi) ancora prima del processo (quando si fa) o durante il processo stesso vengono colpiti ancora una seconda, terza, quarta volta (delitto mascariato, l’ucciso..l’uccisa, vengono vilipesi, offesi…ammazzati una ulteriore volta sino all’infinito) e quando si arriva ai processi spesso non sono gli imputati che devono difendersi, ma chi a questi processi ha il pieno diritto a chiedere giustizia e verità.

Una lunga premessa. Ma che scaturisce dall’ultima udienza di mercoledì scorso. Chicca Roveri (foto), la compagna di Mauro Rostagno, è stata risentita dai giudici (e qualche giornalista distratto addirittura ha scritto che era la prima volta che era sentita): l’ha ricitata il suo avvocato di parte civile, avv. Carmelo Miceli, con il consenso della Corte che ne ha riconosciuto la necessità, per chiarire i suoi rapporti con la “incredibile” fonte Sergio Di Cori, colui il quale per anni ha fatto credere a tanti la fondatezza delle sue conoscenze su quello che Mauro Rostagno stava facendo da giornalista di Rtc a Trapani, sui traffici di armi scoperti, su aerei che atterravano e decollavano da aeroporti ufficialmente chiusi. Una storia affascinante, rispetto alla quale in tanti “ci siamo” impegnati a scandagliare, verificare, quasi da presentarci convinti della fondatezza. Chicca Roveri ha risposto alle domande dell’avv. Miceli, della Corte, e le sue sono state parole che hanno fatto vedere il “vero” Di Cori…una persona che di Rostagno poteva sapere ben poco, pochissimo.

E non a caso sulla infondatezza delle sue parole nel corso dell’udienza il pm Gaetano Paci ha presentato un rapporto dell’Fbi (Di Cori è un giornalista che stabilmente abita negli Usa e dagli Usa tornò per raccontare la verità – sua – sul delitto Rostagno) che definisce il personaggio come totalmente inattendibile. Di Cori ha raccontato di traffici di armi che passavano per Trapani. La circostanza non è falsa, Trapani è stata, forse è ancora, crocevia di tanti strani traffici, ma potrebbe avere sfruttato questa circostanza vera per scrivere qualcosa di non vero. Depistaggio nel depistaggio? La testimonianza di Chicca Roveri lo ha presentato come una persona venuta in Italia “per chiedere piccioli”. Aveva chiesto soldi a Repubblica e al giornalista D’Avanzo per concedere una intervista esclusiva che poi però non si fece più, Peppe D’Avanzo lo mollò subito. “Chiese soldi anche a me – ha detto Chicca Roveri – e me li chiese davanti al procuratore Garofalo (che allora indagava sulla cosidetta pista interna alla Saman per il delitto Rostagno, ndr) e il dott. Garofalo lo rimproverò”.

Di Cori venne fuori proprio durante le indagini sulla pista interna, seppe dell’arresto di Chicca Roveri e raccontò che si decise a farsi avanti per venire a dire quello che lui sapeva sul delitto Rostagno. “Concordammo telefonicamente – ha detto Chicca Roveri – quando doveva arrivare, lo feci sapere al procuratore Garofalo e alla Digos, al dott. Pampillonia, era atteso Di Cori e al suo arrivo fu subito sentito dal magistrato, poi venne a parlare con noi…tutto ci sembrò subito molto incredibile”. Poi a Chicca Roveri è toccato rispondere anche alle difese. Hanno “indagato” con le loro domande per sapere se era stato possibile che Rostagno si poteva essere allontanato da Trapani in quel 1988 per andare a Roma, senza che nessuno sapesse nulla, Chicca Roveri compresa, ad incontrare Di Cori come questi aveva raccontato.

Chicca Roveri con le sue risposte ha dimostrato che questo non poteva essere possibile. Ha anche ricordato quando Di Cori addirittura gli disse che Napolitano (l’attuale presidente della Repubblica) sapeva, era coinvolto, nel delitto, insistendo sulla linea di un grande intrigo tra politica, mafia, servizi segreti, sul traffico di armi che passava per Trapani. E scandagliando scandagliando le domande sono tornate ad essere personali, ancora si è insinuato altro, la pista interna, le corna, le vendette. A Chicca Roveri è stata chiesta ragione degli assegni che firmava e consegnava agli addetti alla Saman, lei ha spiegato che erano assegni che servivano alla gestione della comunità, che venivano presi, portati in banca e monetizzati, e tra i beneficiari di quegli assegni sono usciti i nomi di coloro i quali nel tempo sono stati accusati di potere avere ucciso Rostagno, o che sono stati indicati come “amanti” della stessa Chicca, tanto amanti da meditare e compiere il delitto: “Con due milioni non si paga un sicario” ha risposto ad un certo punto, risentita Chicca Roveri, all’ennesima domanda delle difese…per poi avere una crisi di pianto più che legittima.

“Oggi ho detto che Trapani è una città bruttissima, oggi ho detto che mi facevano domande stupide, oggi ho detto che Marrocco e Cammisa non sono morti e che le domande le potevano fare a loro, volevo dire che è sempre facile per i maschi infierire sulle donne. Oggi mi sono state rifatte le stesse domande sul mio rapporto d’amore con Mauro da persone così lontane da noi, dalla nostra visione del mondo, che pensano che avere 2 stanze vuol dire non amarsi. Oggi è stata una bruttissima pagina della nostra disgraziata Italia, fatta di persone che ci vengono a fare la morale e difendono mafiosi”. Questo lo sfogo finale che Chicca Roveri a fine udienza ha fatto fuori dall’aula ed ha poi scritto sulla sua pagina di Facebook.

Chicca Roveri, come Maddalena, come la sorella di Mauro, come Monica Rostagno, come qualsiasi altro familiare di Mauro Rostagno, è, sono, le vittime di una violenza mafiosa, “non possono diventare il pasto di nessuno!”. La Corte di Assise ha anche sentito il senatore Massimo Brutti uno dei parlamentari se non il più impegnato dei parlamentari della storia Repubblicana che ha lavorato per capire le trame stragiste italiane. Deluso è rimasto chi si aspettava rivelazioni incredibili su Gladio, servizi segreti, su matrici che potessero escludere la mafia dal delitto Rostagno. Brutti ha indicato i delitti di quel 1988 mettendoli tutti insieme, unico comune denominatore la mafia: “ Gli omicidi Saetta (giudice ucciso il 24 settembre assieme al figlio a Caltanissetta ndr), Rostagno furono omicidi terroristici che avevano il fine di dare un messagio ad altri…il delitto Rostagno serviva a spegnere una voce libera…quando penso al delitto Rostagno vedo una precisa sovrapposizione con il delitto di Peppino Impastato”. Il senatore Brutti si è occupato di Gladio, della massoneria, della P 2 di Gelli: “C’è una forte somiglianza tra le logge Iside 2 (la loggia segreta trapanese scoperta negli anni ’80 e sulla quale giornalisticamente indagava Rostagno ndr) e la P2”.

Nella Iside 2 c’erano massoni, colletti bianchi, funzionari di prefettura, questura, dirigenti di banca, politici…mafiosi: “Il rapporto mafia e massoneria divenne concreto a cominciare dal finto sequestro di Sindona nel 1979…diversi tasselli mi fanno pensare ad esistenza di vasi comunicanti tra mafia e massoneria..”. Al senatore Brutti le parti hanno chiesto notizie sull’avv. Michele Papa. Agli atti delle indagini trapanesi non è un nome sconosciuto, catanese, era in rapporti con il gran maestro della Iside 2, il prof. Gianni Grimaudo, l’avv. Papa era una sorta di ambasciatore di Gheddafi in Sicilia. E il senatore Brutti ha confermato l’esistenza di atti parlamentari in questo senso. Francesco Messina Denaro, il patriarca della mafia belicina, colui il quale diede l’ordine di uccidere la camurria di Rostagno, aveva stretti rapporti d’affari in Libia, Tunisia, tanto che era chiamato anche il ministro degli Esteri della mafia siciliana, “qualità” ceduta assieme ad altre al figlio Matteo. Nella Iside 2 è lungo l’elenco degli “amici” del padrino Messina Denaro, a cominciare dall’appena deceduto Mariano Agate. Dunque il fatto che Papa frequentasse la Iside 2 e Grimaudo non era un caso enon aveva nulla di esoterico.

Ma c’è stato anche altro. I riferimenti di Brutti a cosa poteva essere il prof. Grimaudo e cioè “un agente del Sismi”, anche questa cosa non nuova, è scritta negli atti processuali della Iside 2. I servizi segreti venuti in aula sono venuti a raccontare che mafia e servizi non potevano essere in combutta. Il senatore Brutti ha detto che così non era…tornando a parlare dei grandi delitti di quel 1988 ha chiosato: “…sono stati grandi delitti che non potevano essere frutto di scelte diverse, sorprende che strutture che avevano capacità di intelligence (servizi e gladio presenti a Trapani ndr) non se ne siano occupati, mi pare inverosimile che non si siano occupata in questi fatti”. Se non lo hanno fatto può essere solo per una ragione…per coprire, rendere reciproci favori, viene da pensare, e la storia delle commistioni tra mafia e apparati statali da queste parti è possibile connotarla e commentarla in questa maniera, basta sfogliare pagine ingiallite di inchieste purtroppo dimenticate. “Il col Fornaro – ha detto Brutti, Fornaro era il sovrintendente di Gladio trapanese – ci venne a parlare della raffineria di droga scoperta nel 1985 in Contrada Virgini di Alcamo, non ha saputo dire nulla su questi delitti”.

Rostagno occupandosi della Iside 2 aveva scoperto i “viaggi” del capo della P2 Licio Gelli in Sicilia. “Esistono sentenze – ha ricordato il senatore Brutti – dove risultano due viaggi di Gelli a Trapani…l’organizzazione della loggia trapanese assomigliava al sistema piduista…il centro Scontrino (dentro al quale si celava la Iside 2 trapanese ndr) era un contenitore di contatti tra mafia e massoneria…” e rispondendo al pm Del Bene tornato a chiedere dell’avv. Papa, “fu uno degli artefici di una operazione di informativa “intossicata” ritenuta la base per far perdere le elezioni di Carter in America, operazione Billygate, cioè fu impiantata una azione informativa che indicava il fratello di Carter presidente Usa in contatto con esponenti libici, attività che sarebbe stata condotta con apparati del Sismi…quindi personaggi che frequentavano Trapani e la massoneria segreta di Trapani non erano soggetti così periferici”. Il centro Scorpione di Gladio non era da meno: “Anche questo era una sorta di contenitore dove erano presenti elementi mafiosi, vi era poi una rete di agenti zeta che facevano capo al generale Musumeci, ricordo che Musumeci è stato condannato per depistaggio a proposito della strage alla stazione di Bologna…siamo nell’ambito di una storia che ha conosciuto aspetti devianti di questi apparati…tutto questo induce ad immaginare che potesse esserci una contiguità tra il centro Scontrino e le attività che nell’ambito del centro Scontrino si svolgevano…ci sono su questi atti giudiziari che possono trarsi dal processo contro il faccendiere Pasienza, dalla requisitioria di Loris D’Ambrosio contro Pasienza, lì ci sono elementi che possono illuminare questo contesto”.

Punto e accapo. Si riprende a settembre.

Tratto da:
liberainformazione.org

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