Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

mondello-webdi Pippo Giordano - 3 febbraio 2013
E si! Durante la mia attività lavorativa non mi sono fatto mancare proprio nulla. Il fuoco nemico era lì pronto con le armi cariche per togliermi la vita e solo una circostanza favorevole non l'ha permesso. Così racconta un collaboratore di giustizia di Cosa nostra. Invece, il fuoco amico, ovvero proveniente dal mio stesso ambiente di lavoro usava le armi della calunnia: armi ancor più odiose, subdole come lo sono le lettere anonime.

Nella mia vita sono stato destinatario di due lettere anonime. La prima, allorquando 13enne, un uomo "intiso" di Bagheria mi aveva accusato di aver scritto una lettera anonima che riguardava la sua persona. E, poichè mio padre era stato convocato a Bagheria per discutere della missiva, io per paura di ritorsioni, sono andato a Napoli rifugiandomi da mio zio. Per fortuna, mentre ero in Campania, si è scoperto chi aveva scritto l'anonimo. Quindi, "assolto con formula piena" ho potuto far rientro in Sicilia.
La seconda è stata scritta da un “corvo” che svolazzava accanto a me. Un giorno ero nella mia Sezione antiterrorismo, ed entra il Questore: “Venga nel mio ufficio”. Lo seguo e, dopo essere entrato, mi fa accomodare nel suo salottino e mi porge una lettera a firma del Capo della Polizia Parisi, che peraltro mi conosceva bene. Allegata alla missiva, c'era una lettera dattiloscritta con la quale un “corvo” mi accusava affermando che: “Al signor Capo della Polizia, segnalo che il dipendente della Digos Pippo Giordano ogni mattina, prima di venire in ufficio, passa dalla sede de PCI, dove riceve disposizioni da comunicare al Questore. Il Questore poi, da indicazioni sull'intera attività della Questura, sulla scorta delle disposizioni impartiti dalla locale sede politica”.
Dopo aver letto la lettera, guardo il Questore e con un sorriso sarcastico dico: "Infatti, oggi perché non ha fatto quello che stamattina avevo suggerito?" (non c'eravamo nemmeno visti). Entrambi ci siamo messi a ridere e subito dopo mi ha riferito di aver già chiarito con Parisi. Non abbiamo mai saputo chi fosse l'autore. Ritengo, tuttavia, che il “corvo” andasse cercato in quella schiera di individui opachi, perditempo e che purtroppo nelle Amministrazioni dello Stato abbondano. E, poiché io ero schivo, di poche parole, soprattutto a causa delle indagini riservate, evidentemente a qualcuno dava fastidio: ad essere onesto non m'interessava chi fosse il “corvo”, avevo altro a cui pensare. Le indagini su un gruppo di terroristi.
A volte mi soffermo a riflettere quella che è stata la mia carriera e colgo incongruenze macroscopiche sul tipo di considerazioni provenienti dal mio ambiente di lavoro e quello di Cosa nostra. Nel mio habitat ho rilevato traditori, “corvi” e individui davvero spregevoli che in qualche modo m'erano “nemici”. Per la verità pochi! Mentre nel gotha di Cosa nostra pur essendo io un acerrimo nemico, costoro avevano forte considerazione della mia onestà professionale a tal punto che il giorno della mia testimonianza al maxi-processo, i mafiosi in gabbia, indicandomi avrebbero commentato: “Minkia un si vosi pigghiare i picciuli” (non ha voluto prendere i soldi). E allora caro “corvo”, i soldi li ho rifiutati nell'82 e tu hai scritto la lettera alla fine degli anni '80. Speravi forse di farmi male: quel male che non è riuscito ai killer di Cosa nostra. Il comportamento degli uomini di Cosa nostra l'avrei anche potuto capire, ma il tuo no!

Tratto da: 19luglio1992.com

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos