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borsellino-salvatore-web3di Christina Pacella - 3 novembre 2012
Non so da dove iniziare. Ho appena finito di leggere le parole del nostro amico Pippo Giordano; “ Un ragazzo chiamato Salvatore Borsellino”. Difficile. Mi e' sempre difficile non piangere quando penso a Salvatore. Certamente queste non sono lacrime di resa, queste sono di felicita'. Salvatore e' entrato nella mia vita circa 5 anni fa. Era una sera del mese di luglio e non era un periodo molto felice per me, anzi mi sentivo terribilmente depressa.

Mi rendevo conto di trovarmi, di dover vivere in una nazione che non mi apparteneva, che non riuscivo a comprendere e che mi procurava dolore.  Avevo tanti “perche' “ in testa. Continuavo a domandarmi: “ma sono io quella strana o c'e' qualcosa di profondamente sbagliato in questa Italia?”. Erano anni che la domanda mi tormentava. Erano anni che non trovavo risposta. Intorno a me, ogni giorno subivo e vedevo i miei concittadini subire ingiustizie piccole e grandi. Mi chiedevo come mai nessuno reagiva, come mai nessuno si ribellava? E cosa ancor piu' inquietante era il fatto che ad una reazione faceva seguito un isolamento sociale dettato dalla paura di risultare in qualche modo “diverso, scomodo”. In sostanza se reagivi non era, e non e' insolito  essere tacciati di pazzia. Poiche' e' molto piu' semplice additare una persona come pazza piuttosto che prendere atto ed unirsi ad una causa impopolare alle masse. In questo modo la vita scorre tranquilla fin quando le ingiustizie subite da altri diventano anche le tue. E' in questo modo che ti isolano, che prendono le distanze. Perche' le Verita', di qualsiasi natura essi siano, spesso rappresentano i nostri scheletri nell'armadio, quelli che non vogliamo affrontare perche' fanno capo alla coscienza. 
Non posso dire che dopo 23 anni di permanenza in Italia le cose siano cambiate granche' ma perlomeno le persone per bene e oneste si sono trovate, hanno fatto rete e siamo diventati come una famiglia. Una famiglia molto allargata che a dispetto delle distanze e a volte anche delle divergenze di opinione, sa che puo' contare l'uno sull'appoggio dell'altro. E non e' una cosa da poco!  L'essenza dei grandi movimenti della storia mondiale hanno saputo conquistare diritti fondamentali dei quali tutti noi oggi godiamo grazie a questo spirito. In questa famiglia, nella famiglia che Salvatore Borsellino ha voluto costruire con forza, con onesta', con umanita', con rigore morale, con comprensione, con generosita', c'e' il vero significato della parola amore. Salvatore ha cresciuto il Movimento delle Agende Rosse come se si stesse prendendo cura dei propri figli e questo ci ha fatti sentire tutti assai meno soli. Spesso, quando dico questa cosa mi si dice che sto facendo retorica. Ma se la retorica e' descrivere il sentimento piu' importante sulla faccia della Terra, se la parola “amore” per i cinici e' retorica io rispondo: benvenga!

Cinque anni fa orsono mio marito, che di mestiere fa il carabiniere mi disse: “Lo sai che stasera qui, in fondo alla strada viene a parlare Salvatore Borsellino? Me l'hanno detto in caserma. Pare che ci sara' anche Manfredi Borsellino, il figlio di Paolo”. Ripenso a queste parole con estrema, estrema commozione perche' quella sera ero talmente triste che non volevo uscire di casa. “Dai, fatti una doccia e vestiti che andiamo al Castello ad ascoltarli” - mi disse ancora. In quel momento dovetti raccogliere tutte le mie energie per andare insieme a mio marito. Raramente avevo visto nei suoi occhi il reale desiderio di partecipare ad eventi come questi, anche perche' di eventi come questi ne capitano davvero pochi. Per cui, non potevo deluderlo. Una passeggiata di circa tre minuti separa casa nostra  dall'antico Castello che quella sera avrebbe ospitato Salvatore e Manfredi. Si percorre un vialetto alberato e si  e' subito davanti all'ingresso. Poco dopo il cancello vidi per la prima volta gli amici di Antimafiaduemila. C'erano tutti quella sera, proprio tutti perche' la redazione, che adesso ha sede anche a Palermo si trova in un paesino non molto distante da casa mia, precisamente a Sant'Elpidio a Mare. Mi avvicinai al tavolo dove c'erano esposti giornali e libri in sintonia con il tema della serata. Fui colpita subito dalla copertina di “Giustizia e Verita'” poiche' vi era il ritratto del Giudice Paolo. Un bellissimo ritratto in bianco e nero dove gli occhi del Giudice appaiono malinconici, guardano lontano, sembrano straripare di pensieri.  Raccolsi il libro e strinsi la mano ad alcuni di quelli che sarebbero poi divenuti dei meravigliosi compagni di viaggio; Anna, Lorenzo e Marco. Non sapevo nulla di loro  eppure avevo la sensazione netta e precisa che ci fosse un legame tra noi, qualcosa di familiare nelle loro voci, nei loro sguardi, nei loro sorrisi limpidi. Mi trasmettevano una sensazione di pace e di tranquillita' e iniziai a sentirmi a mio agio. Mi sedetti tra il pubblico e incurante del forte brusio della folla iniziai a sfogliare il mio nuovo libro. Non so perche' ma cominciai a girare le pagine dalla fine del testo come per cercare quella risposta che non riuscivo a trovare in nessuno, come se mi stessi aggrappando ad un'ultima speranza. A pagina 275 trovai: “Per il Giudice Paolo Borsellino dagli alunni della S.M.S. G. Marconi Palermo”. Delle bellissime lettere dedicate a Giovanni e Paolo. Parole di denuncia, scritte da ragazzi e ragazze. Parlavano di  un sistema, della cultura mafiosa che gia' in tenera eta' aveva investito le loro vite, le loro esistenze. E gia' in tenera eta' erano perfettamente consapevoli che non si poteva e non si doveva abbassare la testa, che non ci si doveva arrendere, che non si doveva avere paura perche' era da questo che dipendeva e che dipende il loro futuro. Mentre leggevo riuscivo quasi ad intravedere i loro volti e sentivo scendere  su di me  pesante ed imperdonabile il peso della mannaia della constatazione dell'inerzia degli adulti che promettono di lottare per sconfiggere la mafiosita' ma che con la loro omerta' contribuiscono solamente a propagarla. Parole dure dette con la tenerezza propria di quell'eta'. Un eta' in cui il dolore delle ingiustizie non dovrebbe neanche sfiorarli, dove "la bellezza del fresco profumo di liberta' " e' l'immagine della spenzieratezza. Pensavo al futuro dei miei figli in un Paese divorato dall'egoismo incapace persino di reagire per il bene dei propri figli. Al dolore personale che fino a quel momento mi aveva dominata si fece strada una  rabbia volta al desiderio, alla sete di Giustizia e Verita'. La solitudine dimora nell'ingiustizia e l'ingiustizia si ciba di isolamento. La lotta del singolo doveva crescere e trovare posto nel cuore e nelle azioni di ciascuno di noi. Era un valore che mi era stato trasmesso crescendo in Canada, ma che qui aveva fatto di me una alienata.
Leggevo e intanto sul palco Salvatore aveva preso la parola. Sapete, non ricordo per filo e per segno il discorso che fece quella sera del 2008 ma ricordo benissimo quello che ho provato, perche' ogni volta che ripenso a quella cornice riaffiorano le stesse emozioni. Ad un certo punto ho cominciato a piangere un pianto liberatorio. Le lacrime uscivano come un fiume in piena. Un pianto che per anni era vissuto dentro me, ma che non ero riuscita ad esternare perche' addebitavo a me stessa la colpa delle tribullazioni che mi avevano colpita da quando ero venuta a vivere in Italia a soli 18 anni. Nel 2008, la sera della conferenza di Salvatore qui a Porto San Giorgio ne avevo 35. Per ben 17 anni avevo camminato in una specie di purgatorio senza via d'uscita. Finalmente, qualcuno mi aveva mostrato la porta per andarmene da quel posto buio e tetro. E quel qualcuno fu Salvatore. Piangevo, singhiozzavo e pensavo: “Io non sono sola, noi non siamo soli.”
Feci dei respiri lunghi e profondi e ringraziai il cielo per aver portato Salvatore a casa mia, tanto vicino che ancora oggi, quando mi alzo per veder sorgere il sole sopra quell'antico Castello in fondo alla strada riesco a sentire e trovare conforto nella sua voce. Non so se sono riuscita a trasmettervi con questo lungo e forse un po' petulante racconto il profondo ed immenso significato che ha per me Salvatore. Lui, non ha solamente girato l'Italia e risvegliato le coscienze assopite di una moltitudine di persone. Salvatore ci ha conosciuti ad uno ad uno, ci ha accolti nella sua vita, nei suoi pensieri, nella sua prima e vera famiglia, nel suo cuore dandoci la possibilita' di migliorare non solo il nostro Paese ma noi stessi. Perche' la vera felicita' e' la consapevolezza che siamo capaci di essere e rimanere uniti, che siamo capaci di amare talmente tanto e in modo cosi' profondo da poter determinare un cambiamento che tocca l'intera societa' anche quando una battaglia la si porta avanti apparentemente da soli. E i risultati che arrivano dal coraggio di ognuno di noi di essere e rimanere “quelli diversi” nella Giustizia diventano l'amore di cui abbiamo bisogno per viviere.

Anche io, come Pippo Giordano, circa 5 anni fa ricevetti una telefonata: “ Ciao Christina, sono Salvatore Borsellino”. Non vedo l'ora di raccontarlo ai miei futuri nipotini.

Christina Pacella

Tratto da:19luglio1992.com

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Un abbraccio da tutta la redazione di Antimafia Duemila.

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