Ad Olgiate Molgora, la prima conferenza del progetto legalità 2012
di Vivianne Pellacani - 6 ottobre 2012
Olgiate Molgora (LC). Italia, paese illegale? Questo l’interrogativo a cui ha cercato di rispondere il 5 ottobre scorso il neo Procuratore capo della repubblica di Torino, Gian Carlo Caselli, durante la conferenza presieduta a Villa Sommi Picenardi di Olgiate Molgora (Lecco), alla presenza del Sindaco della città, Dorina Zucchi, del giovane assessore all’urbanistica, Roberto Romagnano e del Giudice civile di Monza, Piero Calabrò.
L’evento, che ha riscosso subito un grande successo, inaugura “Progetto legalità: incontri su mafie e legalità in Brianza”, un ciclo di quattro conferenze ad ingresso libero (le prossime si terranno l’11, 16 e 18 ottobre alle ore 21.00, ogni volta in un differente comune della Brianza) e una partita di solidarietà tra la Nazionale Italiana Magistrati e la Nazionale Italiana Calcio tv, che si svolgerà nello stadio di Merate, sabato 20. Gli incontri, che ospiteranno magistrati e studiosi impegnati da decenni nella lotta al crimine organizzato, sono organizzati dal comune di Olgiate Molgora e dalla Nazionale Italiana Magistrati, con la collaborazione della città di Merate, il comune di Casatenovo e il consorzio Villa Greppi. L’iniziativa è stata sostenuta da numerosi enti, associazioni e privati e non dimentica il prezioso contribuito di un gruppo di giovani volontari senza i quali l’evento non si sarebbe potuto realizzare.
A lanciare l’idea, Roberto Romagnano, assessore all’edilizia privata, all’urbanistica e all’ecologia di Olgiate. L’obiettivo? Sensibilizzare i cittadini, sia a livello civico che etico, in ordine a temi attuali – altamente delicati – come la giustizia, il concetto di legalità e soprattutto il rapporto tra Stato e mafia, offrendo un’analisi storica e giuridica degli stessi ad opera di esperti del settore. Si è creduto di contribuire così a diffondere consapevolezza, senso civico e desiderio di riforma.
L’incontro di venerdì ha conosciuto una platea inaspettata di ascoltatori, rimasti anche in piedi ad ascoltare le parole del magistrato Gian Carlo Caselli. Ad introdurlo, il Giudice Calabrò, che ha sottolineato la straordinaria importanza della magistratura, composta da uomini a 360°, poiché attenti a ricordare a sé e ai cittadini il ruolo di imparzialità e giustizia che i suoi membri devono essere pronti a ricoprire una volta indossata la toga.
Dopo aver ringraziato gli organizzatori della serata, il procuratore di Torino, da anni impegnato nella lotta al terrorismo e alla mafia, occupandosi – tra i tanti – dei reati delle Brigate Rosse e di Prima linea e proseguendo le indagini iniziate dai giudici Falcone e Borselli, ha subito conquistato il pubblico con un riflessione sul tema dell’incontro, dal titolo “Il paese illegale”.
Secondo il procuratore torinese, non c’è una sola Italia, ma ce ne sono tante e non tutte sono da condannare. C’è l’Italia dei furbi, di coloro che sostengono spavaldi “le regole non fanno per me”, l’Italia degli affaristi, che le regole cercano sempre di aggirarle in ogni modo e ancora l’Italia degli impuniti, ovvero di quelli che le norme di legge non le rispettano, e coscientemente, perché tanto riescono sempre a farla franca. Ma c’è anche un’Italia pulita – la componente maggioritaria, secondo il magistrato torinese – l’Italia delle regole: quella parte del Paese costituita da persone oneste e che le leggi (anche se con fatica) le rispettano, consapevoli che senza non può esistere una civile e sana convivenza.
“Sono tanti i problemi del nostro paese – ribadisce con fermezza il procuratore Caselli – “spesso, chi sbaglia non paga (si pensi alle sanatorie, ai condoni, allo scudo fiscale, conveniente per chi non paga le tasse) e ogni giorno ci viene offerto un cattivo esempio proprio da chi, per la posizione o carica politico-istituzionale ricoperta e che ci rappresenta, dovrebbe costituire un modello”. E a ciò contribuirebbero la televisione, il cui messaggio è quello di raggiungere i propri obiettivi da soli e ad ogni costo, anche a quello di calpestare gli altri, se necessario.
Secondo il magistrato, tra i tanti mali che affliggono il nostro Paese vi sono sicuramente le leggi così dette “ad personam”, cioè modellate sul singolo cittadino. Queste norme sono vietate dal nostro ordinamento perché in contrasto con i suoi principi fondamentali, i quali impongono solo leggi generali e astratte, ovvero: uguali per tutti. E ancora, viene citata la corruzione (che ogni anno costa al nostro paese 60 miliardi di Euro, senza considerare il rischio di scoraggiare gli investimenti stranieri) e soprattutto la crisi della giustizia. Quest’ultima, secondo il magistrato, sarebbe di tre tipi: procedurale, culturale, e “dell’asticella”.
Il primo problema del sistema giudiziario sono i tempi processuali, troppo lunghi per ottenere una sentenza. Secondo il procuratore Caselli, perché l’Italia si adegui alle direttive europee e garantisca il così detto “processo breve”, occorre intervenire a livello legislativo sulla prescrizione (altrimenti c’è il rischio che i processi vengano trascinati a lungo, nella speranza che sopraggiunga l’estinzione del reato), semplificare le procedure – ormai, “il processo penale, è diventato un percorso ad ostacoli!” – e soprattutto potenziare l’organico delle procure e dei tribunali, le vere e proprie “ruote della giustizia”. C’è poi la crisi culturale, che consiste in una profonda sfiducia nella giustizia, delegittimata e privata di rispetto, soprattutto da parte di chi per primo dovrebbe rispettarla e fornire l’esempio. Infine, affligge il paese la così detta “crisi dell’asticella”, che il magistrato attribuisce ad un limite alla delega di rappresentanza fornita dai cittadini al parlamento, consistente in un freno che scatta con l’eccesso di potere o dal potere esercitato per fini egoistici e personali. Ma questo limite, purtroppo, non riesce ad essere garantito e rispettato.
Nonostante i problemi e le contraddizioni dell’Italia, Caselli insiste con forza sulla possibilità di cambiamento e riforma, perché la legalità oggi è in crisi, ma non è possibile farne a meno. “Senza l’osservanza di regole, non c’è partita – ribadisce il magistrato – anzi, la partita è truccata e non può che far vincere i soliti, tutte quelle persone che a causa della posizione di supremazia di regole non hanno bisogno”.
Quello che manca al nostro paese, infatti, è una cultura della legalità, ovvero la coscienza, da parte dei cittadini e delle istituzioni, che il rispetto dell’ordinamento non è una sfida, bensì un dovere, una necessità etica fondamentale senza la quale non può esistere civile convivenza. Non solo. Secondo il magistrato, la legalità, “il potere dei senza potere”, addirittura conviene, perché quando le libertà e i diritti individuali sono reciprocamente garantiti e rispettati si vive meglio, migliora la qualità della vita e il futuro si riempie per tutti di aspettative. Occorre inoltre informarsi, denunciare le cose che non vanno e pretendere sempre il meglio.
Solo così i mali che da secoli affliggono il nostro paese possono essere sconfitti, primo fra tutti la mafia, che non solo mette in ginocchio inermi cittadini, ma paralizza la crescita dell’economia e della società. “Ma noi siamo anche il paese dell’antimafia – conclude orgoglioso Caselli – si pensi ai magistrati, poliziotti e comuni cittadini che hanno sacrificato la loro vita per debellarla, al moderno apparato giudiziario e di polizia deputato a combatterla, a quell’antimafia sociale che ha unito più di 1 milione di cittadini per firmare una legge oggi in grado di restituire al paese i beni e terreni confiscati ai mafiosi, destinati ad attività socialmente utili”.
Il procuratore di Torino ha poi concluso l’incontro rispondendo alle domande del pubblico, ospiti a cui sono stati offerti assaggi di prodotti tipici provenienti proprio da quelle cooperative che in Sicilia hanno preso in mano le terre precedentemente appartenute alla mafia.
Il prossimo appuntamento avrà come protagonista il Procuratore Nazionale Antimafia, dott. Pietro Grasso, che ricorderà i giudici Giovanni Falcone e Borsellino, vent’anni dopo la strage di Capaci, in cui hanno perso la vita uomini coraggiosi disposti a guardare in faccia e combattere quello “stato dentro lo stato” che l’Italia della legalità non si permetterà mai di ignorare.
Foto © CARDINI - Il procuratore Gian Carlo Caselli con il sindaco Dorina Zucchi (LC)