Le offese sessiste sono pietre lanciate contro le donne per creare un clima di intimidazione e ostilità; pietre che creano un mondo in cui le donne si sentono insicure, sminuite e costrette a conformarsi a ruoli e percorsi predefiniti. Questo vale sia per quanto riguarda la loro partecipazione alla vita pubblica, che per lo svolgimento del proprio ruolo professionale. Ma, soprattutto, tutto ciò incide negativamente sulla libertà delle donne a esprimersi pienamente. BASTA! Non si può più tollerare che le parole vengano usate come armi per ferire e discriminare. Non sono “solo parole”, vocaboli evanescenti che passeranno via come il vento.
Le offese sessiste riflettono dinamiche di potere ineguali. Rappresentano una mentalità che considera il corpo e la sessualità delle persone (in generale, delle donne in particolare) come oggetti di derisione e controllo. Un oltraggio per minare la dignità e l’autostima delle persone Sovente durante una conferenza stampa un politico, al momento del disagio legato alla domanda del giornalista, anziché rispondere fa commenti che non c’entrano nulla, va fuori tema, si inventa qualsiasi cosa pur di non rispondere. Ma se si trova nella stessa situazione con una giornalista, una donna, giovane per giunta, si dirige sulle allusioni o sull’aspetto fisico o su temi sessisti.
Cosa potrebbe fare una giornalista difronte a un insulto sessista? In queste situazioni non esiste un modo “giusto” o “sbagliato” di reagire. Dipende da tanti fattori. Rispondere con fermezza e professionalità, verrebbe da dire subito, ma spesso non è così.
Si tratta di una aggressione non prevista, quindi nell’immediato spesso la giornalista non sa come reagire, non sa come comportarsi affinché la sua reazione non diventi un boomerang se troppo aggressiva – dipende dalla situazione, oppure dal carattere o dal suo modo di rapportarsi e comunicare.
Se l’allusione è pronunciata in un contesto pubblico ampio si potrebbe ignorare l’insulto, una modalità per non dare visibilità all’aggressore, che sicuramente si comporta in tal modo proprio per avere più visibilità.
Una giornalista esperta e navigata, per zittire il (poco) politico in questione, potrebbe usare l’ironia o la derisione. L’ironia fa male, perché mette in ridicolo l’aggressore, il pubblico ride e appoggia la persona offesa.
Ci sarebbero tante altre possibilità per affrontare il problema in quel momento, ma ciò non cancellerebbe e non cancella quello che l’offesa ha provocato nell’intimo della persona offesa. Nel suo io. Nella sua anima di donna. Peggio se si tratta di una ragazza giovane, poco esperta nei rapporti con i suoi interlocutori.
Un percorso positivo è quello di condividere l’esperienza con altre giornaliste e associazioni per sentirsi meno sole, ragionarci sopra e affrontare il sessismo nel mondo del lavoro.
Questa ultima ipotesi riguarda molto da vicino una stagista della emittente televisiva Telejato, una piccola-grande televisione di Partinico nel palermitano.
SARA UNA GIOVANE GIORNALISTA PERBENE
La ragazza, Sara Cossi, non siciliana, è una giovane allieva della scuola di giornalismo gestita da Telejato presso la Villa della Legalità (un complesso confiscato alla mafia), e nella quale i futuri giornalisti provenienti da altre città vivono.
Qui non si vogliono fare prediche e sermoni sul sessismo dei maschi a spese delle donne. Ma il disagio e il dolore di una donna – o peggio di una ragazza – che riceve offese sessiste, sono profondi. Ferite che lasciano cicatrici emotive durature. Sono schegge taglienti che feriscono nel profondo la dignità. Un’aggressione che rende impotenti. Vulnerabili. E superato lo shock, subentra la rabbia e spesso anche la vergogna. Un sentimento – la vergogna – che dovrebbe provare l’aggressore. A tutto ciò spesso si accompagna la paura del giudizio altrui, il timore che qualcuno, oltre a minimizzare il fatto, possa avere il dubbio che quella offesa sia meritata.
In ogni caso quando una donna è sottoposta a offese o allusioni sessiste si sente violata. Arrabbiata sì, ma anche violata nella propria intimità. Il rischio? L’autostima che si sgretola sotto il peso di quelle pallottole Un forte disagio. Un senso di sporco che ti accompagna anche quando le voci si sono spente. Ti senti gli occhi addosso, ti interroghi sul tuo aspetto, ti chiedi se hai in qualche modo “provocato” quelle offese. Razionalmente sai che la colpa non è tua, ma la fiducia in te stessa vacilla. E quel dolore intimo, emotivo, dilania.
È lancinante. Quelle “sessiste” non sono parole, sono atti di violenza psicologica, ti creano difficoltà di tutti i generi, ansia, insonnia, isolamento sociale. Uno stress che si traduce in una difficile interazione con gli altri per paura di sbagliare o subire altre aggressioni verbali. Abbiamo ricevuto la lettera-sfogo-denuncia di Sara Cossi, della scuola di Telejato. A Partinico e dintorni Sara svolge la sua attività come operatrice dell’informazione con serietà e professionalità. Come si suole dire, Sara è una che sa fare il suo mestiere, cosa ben nota al politico di turno che, non avendo argomenti per tenerle testa, ha preferito passare al contrattacco con l’arma dell’offesa sessista per metterla a tacere. L’assessore comunale Fabio Bosco, in piena assise pubblica, senza fare il nome ma facendo capire benissimo a chi egli si rivolgeva – a Sara – le consiglia di utilizzare il microfono non per ciò a cui è deputato ma per metterlo fra le gambe e provocarsi piacere.
Un giornalista può sbagliare? Sì. Si può anche commettere un errore ma l’offeso, civilmente e democraticamente, per definire la questione si rivolge a chi di competenza; l’istituzione in quanto tale non può e non deve offendere il cittadino.
Senza voler essere eleganti come l’assessore Bosco, rappresentante istituzionale all’interno del suo ruolo istituzionale che in pieno consiglio comunale usa un linguaggio scurrile, volgare e scandaloso, noi donne, solidali con Sara, all’assessore Bosco diciamo che vorremmo usufruire del consiglio che lui ha dato alla ragazza; lo vorremmo utilizzare nei suoi confronti non a parole ma coi fatti: vorremmo lanciargli contro un bel microfono grande e pesante fra le gambe... per fargli provare l’ebrezza del piacere.
Visita: lesiciliane.org