Sono cresciuto coltivando il rispetto del popolo d’Israele oggetto della più esecrabile violenza della storia, dell’esempio più lampante di inciviltà morale dell’umanità contro l’umanità. Un assassinio organizzato, burocratizzato e impietosamente agghiacciante di più di sei milioni di ebrei.
Gli uomini e le donne che hanno di fatto contribuito al perpetrarsi concreto di tale nefandezza, si sono resi responsabili di delitti il cui peso risulta insostenibile in ogni tempo e in ogni luogo.
Si capisce anche per un ateo il senso delle parole di Gesù Cristo, quando invita a non commettere peccati contro lo Spirito Santo, che non possono essere perdonati perché in palese contrasto con le due leggi universali più inesorabili e potenti da chiunque comprensibili, l’amore e la giustizia. Si è giustamente usata la parola, colma di orrore, genocidio.
Lei, Liliana, è una donna scampata agli ingranaggi macchinosi e infernali dell’olocausto. Lei ha visto con i suoi occhi di ragazza il compiersi quotidiano di quegli orrori. Lei è stata testimone di fatti e verità inaccettabili per un essere umano.
Il mio sentire compassione, mi consente solo di osare immaginare il dolore fisico e psichico da lei provato. Un istinto immaginifico mi vede inginocchiato a chiedere perdono, per poi con tenerezza e timore, abbracciarla infinitamente.
Apprendo da un suo articolo sul Corriere della sera, questa dichiarazione:
“Genocidio? Io l’ho conosciuto. Ora la parola si usa per ogni cosa.” Si riferisce chiaramente e con presa posizione, allo storico conflitto Israele Palestina, ovvero alla prepotente colonizzazione ultra decennale della Cis-Giordania e alla distruzione di quel fazzoletto di terra bagnato da lacrime e sangue chiamato Gaza, per i quali lei ritiene abusata e fuori luogo la parola genocidio.
Vengo anche a sapere di una campagna di odio nei suoi confronti, soprattutto sui social, che condanno assolutamente, dissociandomi con forza da giudizi sommari, più che espressi, vomitati.
Ciononostante mi permetto umilmente di dissentire dalle sue dichiarazioni, cercando di farmi comprendere con l’aiuto della logica di un maestro spirituale armeno, Gurdjeff.
Quest’ultimo sostiene che ogni essere umano è composto da due parti: l’essenza e la personalità. L’essenza è ciò che è suo, la personalità è ciò che non è suo. Nasciamo e siamo solo essenza e crescendo sviluppiamo la nostra personalità, con l’educazione che riceviamo e con tutti i modelli presi a riferimento positivo e negativo, che incontriamo nel nostro percorso di vita nel mondo.
Senza addentrarci oltre la elucubrazione del famoso armeno, egli arriva a sostenere che poiché anche l’essenza, adeguatamente nutrita e vissuta, dovrebbe diventare adulta, ma sono casi rari, accade spesso invece che la sua crescita si blocchi. Infatti le condizioni che formano la personalità, interrompono lo sviluppo dell’essenza, poiché sono diffusamente elargite e sovente imposte da un sistema sociale oggettivamente malato.
La sua conclusione è che mentre l’essenza è verità, la personalità è menzogna. Si potrebbe anche dire che l’essenza è l’aspetto spirituale dell’uomo, mentre la personalità è quello materiale, come avallato dal fatto che il culmine della morte, mostra tutta la sua caducità, non potendosi portare dietro nulla tranne che le scelte fatte.
Orbene, nella sua dichiarazione “genocidio. Io l’ho conosciuto…” lei sceglie pietrificandosi nella sua personalità di testimone come fosse l’unica. I menzogneri negazionisti dell’olocausto vorrebbero sotterrare una verità tanto sconvolgente, ma non possono perché è successo davvero e rimarrà impresso nella memoria dell’umanità affinché non si ripeta. Non si ripeta…
Con altrettanta onestà intellettuale e senso etico diventa d’obbligo ammettere che Israele, sbandierata come unica realtà democratica del medio oriente, mentre ha tutte le caratteristiche di una dittatura militare di stampo terroristico alla stregua dell’infelice gruppo Hamas ma centomila volte più potente, stia attuando una vera e propria volontà genocida contro il popolo palestinese.
Di ciò sono testimoni i milioni di persone che manifestano in tutto il mondo per interrompere la strage. Ne sono testimoni a ragion veduta in base a tutte le informazioni via internet che non sono soltanto fake news.
La nefasta opera di morte dei nazisti è stata vigliaccamente compiuta in sordina mediatica, pur essendo note all’opinione pubblica le aberranti leggi razziali tedesche e italiane e le deportazioni di massa di uomini, donne e bambini. Solo alla fine della guerra mondiale sono emersi i particolari della barbara organizzazione industriale di morte inflitta attraverso i campi di concentramento con gli strumenti mortiferi che si conoscono.
Oggi no. E’ completamente diverso seppure più veloce ed efficace.
Tutti i giorni missili esplosivi che colpiscono indiscriminatamente campi profughi, ospedali, scuole, ambulanze, operatori sanitari con tanto di esecuzioni sul posto, giornalisti, medici, artisti e bambini, bambini, bambini. Non è una guerra di parole giuste o sbagliate, ma di carni innocenti smembrate e sangue sparso sulle macerie dove si annidano cecchini per finire il lavoro. Pura crudeltà, la chiamava Papa Francesco.
Si guarda quotidianamente lo svolgersi di un genocidio, ed il fardello morale di così tanta brutalità, riesce a sfogarsi solo nelle piazze delle manifestazioni, dove echeggia impotente ma imponente “Free, free Palestine! Free, free Palestine!”.
Perciò la parola genocidio, come lei dichiara, “…si usa per ogni cosa…”, perché ogni cosa ci riporta logicamente, umanamente e inesorabilmente ad una volontà genocida ingiustificabile. La percezione chiara che ne danno i soldati assassini che ammazzano ridendo, che ne dà la signora attempata che desidera una casa vista mare nella Gaza ricostruita, che ne danno le dichiarazioni di morte che escono dalle bocche di politici dal cuore freddo più dello spazio siderale, che ne danno i coloni ebrei che bloccano gli invii di aiuti umanitari internazionali. Tutto così palese e chiaro che ne dovremmo inventare un’altra di parola dal significato, se possibile, peggiore. Ma stando così le cose siamo rimasti senza parole con i volti solcati da copiose lacrime di un’umanità allo stremo di sé stessa.
Sarebbe molto bello Liliana, se lei con la sua personalità di Senatrice della Repubblica italiana, complice di genocidio con assordanti silenzi tesi a coprire infami mercati d’armi, dichiarasse apertamente che è in atto un vero e proprio genocidio, perché 60.000 vittime se avessero continuato a vivere sarebbero diventate più di sei milioni in qualche anno.
Liliana, rinunci alla sua personalità e stimoli la crescita della sua essenza, poiché con il suo atteggiamento nei confronti della parola genocidio, lei rappresenta una personalità morta che non accetta la verità, ovvero l’essenza della vita.
Con osservanza e rispetto

Lettera a Liliana Segre sul genocidio
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- Gaetano Ferrara