Il canale televisivo pubblico francese "France3" ha realizzato e mandato in onda nel 2009 un video-documentario intitolato "Uranio: lo scandalo della Francia contaminata". Di seguito viene riportato il resoconto scritto, in parte riassunto, del documentario.
La reporter di France3 Elise Lucet denuncia un terribile scandalo. Un pericolo invisibile, inodore, e non rintracciabile e' stato scoperto alle porte delle citta' francesi. Il filmato si apre mostrando un paesaggio bucolico di campagna, ai bordi di un torrente, a prima vista dall'aspetto normale. Ma il contatore Geiger posato a terra, sull'erba, rivela della radioattivita' in misura di molto superiore a quella naturale. Una radioattivita' di cui le autorita' non sembrano preoccuparsi, e di cui la popolazione non viene minimamente informata.
La voce narrante informa gli spettatori che, nascosti un po' dappertutto in Francia, sono stati abbandonati piu' di 300 milioni di tonnellate di rifiuti radioattivi, praticamente senza alcun controllo. Talvolta venendo addirittura usati per costruzioni pubbliche! Si: rifiuti radioattivi usati per costruzioni pubbliche. Questi rifiuti provenivano dalle miniere di uranio in Francia, che hanno funzionato a pieno regime per l'ente energetico nazionale. Senza chiedersi quale fosse l'impatto sulla salute degli anziani o dei bambini.
Un ex minatore impiegato nell'estrazione dell'uranio, operato alla gola, denuncia da anni la scomparsa dei suoi colleghi, definendola un'ecatombe.
Corinne Lepage, ministro dell'ambiente dal 1995 al 1997, spiega che i responsabili dei controlli sono coloro che devono essere controllati. Che inoltre e' stato complicato l'iter legislativo per la risoluzione del problema.
Michele Ravasi, una parlamentare, sostiene che la Francia a volte funziona come una democrazia, a volte come una dittatura.
Elise Lucet racconta che a Gueugnon, presso lo stadio sportivo, le aree adibite al parcheggio sono radioattive. Insieme a lei, Christian Courbon, un tecnico del laboratorio CRIIRAD (l'unico laboratorio francese indipendente adibito all'informazione e alla ricerca sulla radioattivita'), approfittera' della scarsa frequentazione infrasettimanale del luogo per fare delle rilevazioni, e valutare i rischi per i frequentatori della zona.
Ovunque il suo contatore geiger rileva contaminazione radioattiva, sopratutto sotto il parcheggio dello stadio.
La voce narrante spiega che sotto il parcheggio, a settanta centimetri di profontita', sono state nascoste duecentoventicinque mila tonnellate di scorie radioattive, residue della lavorazione industriale dell'uranio, che rilasciano una radioattivita' 60 volte superiore a quella naturale. Essendo un luogo completamente aperto al pubblico, dallo stadio al fiume, chiunque puo' venire frequentarlo: pescatori, bambini, eccetera. Ed e' facile che, ad esempio, i bambini, semplicemente, giocando con il terriccio del luogo, si possano contaminare.
La presenza di quella enorme quantita' di scorie radioattive e' attestata da un rapporto reso pubblico nel marzo 2007. Le scorie radioattive provengono da una vecchia officina di estrazione dell'uranio, che oggi non esiste piu', e che ha prodotto uranio concentrato per l'industria nucleare per 25 anni.
Solo quelli che hanno lavorato nell'officina e che sono ancora in vita sanno come siano andate le cose.
Jules Rameau ha lavorato per 25 anni nell'officina di trattamento, fino al 1980, anno della sua chiusura, e fornisce una testimonianza essenziale.
Spiega che l'uranio arrivava in forma di pietre dalla cava fino all'officina di trattamento, dove veniva prima frantumato e poi macinato. Quindi, una macchina lo lasciava precipitare e lo filtrava, e tutto cio' che era acqua e sabbia lo si portava nell'area tra lo stadio e il fiume. Precisa che parte del terrapieno su cui sorge lo stadio e' stato fatto con lo "sterile", cioe' un detrito radioattivo della lavorazione mineraria. Questo detrito viene chiamato "sterile" perche' ha un tenore di uranio troppo basso perche' valga la pena lavorarlo, e allora viene smaltito.
I materiali radioattivi non si trovano solo sotto il parcheggio. Il documentario precisa che sono stati interrati anche sotto le tribune dello stadio, ed inoltre sotto un grande terreno adiacente, aperto al pubblico. E poi sono stati semplicemente ricoperti con uno strato di terra. I contorni della discarica radioattiva sono difficili da ritrovare con esattezza a causa della vegetazione incolta che ci e' cresciuta sopra. Questo terreno adiacente allo stadio, che risulta radioattivo come il parcheggio, consiste in un campo enorme, attraversato da un sentiero, per un totale di dodici ettari. Sui quali il Comune aveva paradossalmente creato un "percorso vita" per mettersi in forma, installando attrezzi pubblici disponibili a tutti, e la gente veniva invogliata a usarlo per passeggiare, fare esercizi fisici, o fare jogging. Sopra un terreno radioattivo! Da poco e' stato disfatto e posto in disuso.
Quando Elise Lucet arriva per fare un servizio piu' specifico su quel terreno, lo trova chiuso con una recinzione installata pochi giorni prima dal Comune.
Discariche radioattive come quella di Gueugnon ne esistono ovunque in Francia.
In Bourgogne, in Rhone-Alpes, nel Limousin, in quasi la meta' delle regioni francesi, circa trecento milioni di tonnellate di materiale radioattivo sono state disperse nelle campagne e nelle citta'.
Un filmato del 1992, realizzato da un abitante della regione vicino a Limoges, mostra enormi camion colmi di residui di trattamento dell'uranio che riversano fanghi radioattivi in cave abbandonate, senza precauzioni. Questi rifiuti sono stati abbandonati principalmente dal CEA, Commissariato all'Energia Atomica, e dalla COGEMA, Compagnia Generale delle Materie Nucleari. Dal 1946 al 2001 queste due aziende controllate dallo Stato hanno sfruttato 210 miniere d'uranio in Francia. Per 55 anni hanno fornito il combustibile necessario per alimentare le centrali nucleari, e (dice testualmente il documentario) "per fabbricare le bombe atomiche francesi".
Secondo Monique Sene (un fisico nucleare francese molto rinomato), intervistata dal documentarista, la CEA e la COGEMA hanno creduto di potersi permettere tutto, perche' lavoravano nello spirito di servizio per la Nazione. Perche', dice testualmente il fisico nucleare, "si occupavano della bomba". Considerandosi depositari del futuro del paese, arrivavano dappertutto. Lavorando per la "patria", pensavano di dover obbedire e accondiscendere.
Ma Jean-Claude Zerbib (un ingegnere specialista in radioprotezione che ha lavorato per il CEA) afferma che lo Stato e' altrettanto responsabile. Responsabile sia della salute dei minatori che hanno estratto l'Uranio a cielo aperto o in miniera fino al '2000, sia della salute e delle condizioni di lavoro degli operai che hanno trasformato il minerale in polvere di uranio.
Nella regione Limousin, una quarantina di miniere di Uranio sono state sfruttate fino alla meta' degli anni '90. E' stata raccolta la testimonianza di Gilbert Mougnaud che in quelle miniere ha lavorato per quattordici anni, e che al momento dell'intervista parlava a fatica, essendo stato invasivamente operato alla laringe, prima di perdere del tutto l'uso della parola.
La miniera e' stata chiusa nel 1991, e dopo 5 anni Gilbert ha sviluppato un tumore alla laringe.
Gilbert afferma che iI tumori sono dappertutto, e che tra i suoi vecchi colleghi e' un'ecatombe. Riferisce di averli visti morire a 40, 42, 45, 46 e 47 anni.
Nelle oltre duecento miniere francesi i lavoratori sono gravemente esposti, perche' non esiste alcun mezzo per proteggersi dalle radiazioni emesse dai minerali di uranio e dalle polveri.
Ma per la COGEMA (poi diventata AREVA) e per la Francia, estrarre uranio e' un'attivita' mineraria come le altre. Senza pericoli per i lavoratori. Nel 2007 uno studio epidemiologico di un organismo dello Stato francese, l'IRSN (Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare) ha demolito questa versione ufficiale, evidenziando un eccesso di mortalita' per cancro del polmone e dei reni, concludendo categoricamente: "I lavoratori dell'uranio muoiono piu' degli altri di cancro, a causa del Radon, un gas molto tossico emanato dal minerale d'Uranio. Ma anche l'irradiazione del minerale e' molto pericolosa".
A Gueugnon, misurando l'irradiazione (cioe' l'impatto della radioattivita') sul corpo umano, a causa dei minerali radioattivi nascosti sotto il terreno, il radiometro si satura indicando valori fino a 15000 urti (di emissioni radioattive che colpiscono i sensori dello strumento). 15000 urti corrispondono a 20 microsievert di irradiazione, il che significa superare in sole dieci ore la dose considerata tollerabile dal corpo umano in un anno. In quindici ore, un pescatore ignaro, seduto sulla riva del fiume, supera i 300 microsievert, la dose massima ammissibile da assorbire in un solo luogo, secondo le norme internazionali. Anche se tra lo stadio e il fiume sembra tutto pulito, la rilevazione e' cento volte oltre i limiti. Alla fine l'unica soluzione e' recintare e impedire l'accesso. Ma il portavoce di AREVA, intervistato da Elise Lucet, non ammette che la ragione per la quale si debba transennare ed impedire l'accesso e' che il luogo sia diventato pericoloso. Ammette solo che non rispetta la norma. E non e' disponibile a corredare le recinzioni di cartelli che dicano che c'e' un rischio radioattivo, nemmeno a scopo precauzionale. Scarica la responsabilita' di questa decisione sulle istituzioni nazionali, che decideranno chissa' quando.
Dato che non vengono collocati i cartelli nei luoghi di sversamento dei materiali radioattivi, a Saint Priest la Prugne (dipartimento della Loire), la signora Arlette Maussan, durante i weekend, munita di uno strumento che tiene accanto a se' mentre guida, va a caccia dei luoghi con radioattivita' anormale, rilevandola anche lungo le strade percorse dalla sua auto. Scopre che sotto l'asfalto alcune strade nascondono materiali molto radioattivi. Quando trova livelli di radioattivita' particolarmente alti si ferma e fa misure piu' precise. In mezzo al paesino di La Prugne scopre una radioattivita' oltre 60 volte quella ordinaria, e va a parlare al sindaco Eric Duray, il quale si limita a dire: "AREVA deve pulire". Ma non sa come.
Vicino a La Prugne, CEA e COGEMA hanno gestito per 25 anni una miniera d'uranio che ha prodotto migliaia di tonnellate di "sterili" (i minerali radioattivi troppo poveri di uranio perche' valga la pena lavorarli, e quindi destinati allo smaltimento): la COGEMA se ne sbarazzava a buon mercato, senza avvertire chi prendeva in carico interi camion colmi di "sterili" della loro pericolosita', cosi' gli addetti credevano di trasportare dei comuni minerali. Che venivano usati come materiali da riempimento, e poi ci si costruiva sopra. Patrick Chabrier, molto tempo dopo aver comprato da AREVA del materiale da riempimento a buon mercato per costruirci sopra un capannone, scopre che il suo capannone e' stato costruito sopra migliaia di metri cubi di "sterili", che producono una radioattivita' pari a tre quarti quella del parcheggio di Gueugnon. AREVA si e' impegnata a rimuovere l'inquinamento se il capannone viene venduto. Ma essendo contaminato Chabrier non lo puo' vendere per legge.
Arlette Maussan compila mappe che riportano le zone contaminate e le consegna alle autorita', ma AREVA risponde che le norme sono rispettate e non c'e' urgenza di intervenire. Pero' Arlette sa che si tratta di valori molto alti rispetto alla radioattivita' ambientale usuale.
In Francia la ASN e' una specie di "gendarmeria del nucleare": un organismo di Stato incaricato del controllo sul nucleare, della protezione delle popolazioni, e della loro informazione. Secondo il suo presidente, Andre Claude Lacoste, non c'e' motivo di preoccupazione, ne' di aver paura, perche' sostiene che queste scorie non siano pericolose. Elise Lucet, che lo intervista, fa presente che le popolazioni non sono molto informate, e lui ribatte che questo dipende da un certo ritardo in molti paesi nel riconoscere se i residui sterili delle estrazioni minerarie siano pericolosi.
I seguenti passaggi vengono riportati nel dettaglio, come esempio del fatto che il muro di gomma tra politica e cittadini sulle questioni importanti esista anche in Francia.
Elise Lucet incalza Andre Claude Lacoste, chiedendogli se, dopo aver svolto quel lavoro per quindici anni, almeno lui sappia dire se gli sterili siano o meno pericolosi.
Andre Claude Lacoste ammette solo una pericolosita' potenziale, che tuttavia, precisa, e' smentita dai dati e dai mezzi a disposizione dell'ASN.
Alla domanda se bisogni mettere cartelli e barriere protettive, Lacoste nega, a suo parere, l'esistenza di situazioni di pericolo in Francia. E, di conseguenza, nega anche la necessita' di prendere contromisure che definisce "attive" o "brusche". Invoca piuttosto la necessita' di mettere a punto una dottrina, da discutere con gli abitanti affinche' condividano queste misure.
La reporter replica che non pretende misure "brusche", ma lo accusa di non aver fatto nulla per vent'anni, e Lacoste si giustifica sostenendo di non poter mettere barriere e spostare terreno senza prima nessuno studio preliminare.
Quando la reporter lo richiama al principio di precauzione verso la popolazione, Lacoste si dichiara favorevole, ma precisa che non puo' essere applicato senza una preparazione adeguata.
Elise Lucet infine chiede almeno uno studio epidemiologico in Francia, sulle persone che frequentano le zone contaminate. Ma Lacoste respinge anche questa istanza, sostenendo che un'esposizione a dosi cosi' modeste non produrrebbe effetti rilevabili con uno studio epidemiologico.
Romain Icar ed Emmanuel Amara sono due giornalisti che da trent'anni hanno condotto un'inchiesta sull'argomento.
Spiegano che si e' arrivati ad un segreto di stato e ad una totale mancanza di trasparenza su questo dossier perche', nel dopoguerra, De Gaulle ha deciso di fare del nucleare il motore dell'indipendenza energetica francese (essendo l'industria nucleare la premessa indispensabile per poter fabbricare bombe atomiche, nota dell'autore), e il problema delle scorie e' passato in secondo piano, senza alcuna volonta' di parlarne al pubblico.
I due giornalisti precisano che i politici sapevano tutto perfettamente da 30 anni, perche' i rapporti circolavano tra loro. E questo ha provocato sul territorio un'assenza di controlli per vent'anni. Aggiungono che, a Limoges, l'area piu' contaminata, secondo quanto riferito dagli ispettori e dalle autorita' ambientali statali, i controlli sono iniziati solo nel 2004.
In Francia il nucleare e' una sorta di dominio riservato, dove le decisioni vengono prese solo al livello piu' alto, cioe' all' Eliseo. Ministri e deputati non hanno mai avuto voce in capitolo sulle decisioni di AREVA, l'azienda che distribuisce l'energia nucleare in Francia. Grazie a questa situazione, COGEMA, divenuta poi AREVA, e' riuscita a spacciare i rifiuti nucleari per rifiuti domestici, senza subire interferenze da parte dello Stato.
Nel 1991 il giornalista Pierre Desgraupes e' stato messo a capo del consiglio per le informazioni sulla sicurezza nucleare, e nello stesso anno ha consegnato il suo rapporto sulle scorie radioattive ai ministri dell'Industria, della Salute e dell'Ambiente. Sulle scorie provenienti dalle miniere di uranio, il rapporto evidenzia tutti i pericoli connessi alle quantita' e alle dispersioni, e dice che e' sottovalutato l'effetto di queste dispersioni e di questa radioattivita'.
Dopodiche' il suo rapporto e' stato insabbiato.
Le scorie vengono buttate nelle campagne di Limoges e di altre citta' della Francia.
Jean-Claude Zerbib (ingegnere specialista in radioprotezione che ha lavorato per il CEA) spiega che l'Uranio non e' puro: ha dei "figli", cioe' dai 12 ai 15 prodotti di decadimento. E in Francia ci si preoccupa solo del "padre", non dei "figli". Ma il piu' tossico non e' il "padre: sono i "figli". I "figli" sono stati ignorati dalle autorita', e oggi sono la preoccupazione principale: perche' restano in queste scorie derivanti dalla lavorazione dell'uranio.
Quali sono questi "figli" dell'Uranio, che sono ancora piu' tossici? Sono i suoi "prodotti di decadimento". Alla CRIIRAD, l'ingegnere nucleare Bruno Chayeron prende un campione prelevato presso Belzene, vicino Limoges, e con uno spettrometro ne misura la radioattivita', rilevando che nel campione c'e' del Radio 226, il quale emette radiazioni molto piu' forti dell'uranio stesso, ma e' trascurato dalle norme, che richiedono di misurare solo la radioattivita' dell'uranio. Anche se (ripetiamolo a scanso di equivoci) la radioattivita' dei suoi "discendenti" o "prodotti di decadimento", e' molto piu' forte: e non si tratta solo di Radio226, ma anche di Polonio, Torio, eccetera.
All'Assemblea Nazionale (un ramo del Parlamento francese che corrisponde alla Camera dei Deputati italiana), nel 1991, dopo l'insabbiamento del rapporto di Desgraupes, viene votata all'unanimita' la prima grande legge sulle scorie radioattive, scritta dal deputato socialista Christian Bataille. Ma la sua legge, in fase di scrittura, ha subito un impantanamento sulle scorie radioattive delle miniere di uranio. Questo deputato partecipa alla scrittura di tutte le leggi in materia da vent'anni: dovrebbe conoscere la questione.
Quando Elise Lucet gli chiede se la sua legge non lasci delle questioni irrisolte, Christian Bataille elude la domanda, sostenendo di non ricordare tutti i dettagli della legge.
Elise Lucet lo incalza, sollevando esplicitamente il problema dei prodotti di decadimento, piu' radioattivi dell'Uranio, che sono trascurati dalla legge.
Bataille esprime dubbi a riguardo, affermando di dover verificare.
Questa verifica, effettuata ad opera dei documentaristi, ha consentito di appurare che nessun articolo della legge prende in considerazione la pericolosita' dei prodotti di decadimento. Chiaramente il deputato non ha capito il problema. Pensa che, una volta estratto l'uranio, in miniera e nei detriti non rimanga granche' di pericoloso.
Ad un certo punto Bataille e' costretto ad ammettere che i prodotti di decadimento sono molto piu' tossici dell'uranio. Come fa a non sapere che nei residui minerari ci sono anche quelli?
Una deputata dello stesso schieramento politico di Bataille, Michele Ravasi, capace ed idealista, ha provato ad attivarsi per cambiare questa regolamentazione. Conosce perfettamente il dossier, perche' undici anni prima aveva partecipato alla fondazione del CRIIRAD. Propone di fare un nuovo rapporto sulle scorie radioattive, ma per poterlo deliberare deve far parte dell'Ufficio Parlamentare delle Scelte Scientifiche.
Michele Ravasi ha chiesto di essere integrata. Inizialmente le hanno risposto picche, sostenendo che quell'Ufficio fosse gia' composto da membri competenti, incluso il suo compagno di partito Bataille, invitandola piuttosto ad occuparsi della politica. Ma lei si e' battuta, e alla fine e' riuscita ad entrare a far parte dell'organismo.
Sei mesi dopo Michele Ravasi presenta il suo nuovo rapporto all'ufficio parlamentare, ma una nuova sopresa l'attende: mentre di solito i rapporti vengono discussi, emendati, eccetera, a lei viene detto che il suo rapporto non sarebbe stato preso in considerazione, perche' non andava bene.
Lei non aveva preso posizione pro o contro il nucleare. Chiedeva solo una discussione oggettiva sulla questione delle scorie radioattive.
Ma ha scoperto che sull'argomento non si puo' discutere, perche' sono cose decise ad altissimo livello, e i parlamentari francesi non hanno nessuna voce in capitolo.
Nove anni dopo il rapporto Desgraupes, anche il rapporto Ravasi viene insabbiato. La regolamentazione non cambiera' e la questione delle scorie e dei residui radioattivi verra' sempre sottostimata.
Sui siti minerari sfruttati, la legge impone comunque all'AREVA di far controllare i rischi per la popolazione. Ma lo fa? Per accertarsene i reporter prendono appuntamento presso ALGADE, il laboratorio che fa la maggiorparte dei controlli, a Limoges, e vanno a visitarlo. Arrivati sul posto, scoprono che il laboratorio corrisponde alla sede di AREVA AMBIENTE. Eppure i reporter avevano preso appuntamento con un laboratorio che ufficialmente e' indipendente. Scoprono che il laboratorio ALGADE e' appartenuto a COGEMA. Era un laboratorio indipendente, ma e' uscito dall'equipe del comitato dell'energia atomica che era preposto alla sorveglianza delle miniere di uranio negli anni '50, ed e' stato affiliato a COGEMA, venendo poi collegato nel 2003 a un laboratorio di Lione. Quindi fino al 2003 un laboratorio che misura il pericolo delle radiazioni e' appartenuto a COGEMA e poi ad AREVA. Che valore hanno allora le misure di sorveglianza che il laboratorio ALGADE indica sui siti AREVA?
I reporter ritornano a Saint Pierre. E' un villaggio che e' stato costruito su seicentomila tonnellate di residui radioattivi. Un tecnico CRIIRAD ha misurato la radioattivita' nei giardini. Misura anche 2000 urti (urti di emissioni radioattive contro i sensori dello strumento) al secondo: ma avvicinandosi al rilevatore installato da Areva, a un metro e mezzo di altezza dal suolo, la misurazione scende a 400. Camminando lungo la recinzione sulla quale il rilevatore e' installato, la misurazione risale a 2000-2500 urti al secondo. Quel rilevatore AREVA risulta dunque installato nel punto dove la radioattivita' e' piu' bassa. Sara' stato un errore? Qualche centinaio di metri piu' in la' e' installato un altro rilevatore AREVA che misura 700 urti al secondo. A qualche metro di distanza la radioattivita' si quadruplica. Anche su un sito contaminato ci sono punti a bassa radioattivita'. Se vengono individuati, e proprio li' si installano i rilevatori di sicurezza, si falsifica al ribasso la valutazione sulla pericolosita' del sito. I rilevatori di sicurezza sono stati installati da chi sfrutta le miniere. Nessun rilevatore di sicurezza AREVA e' risultato posizionato nei punti di massima radioattivita'. E sono proprio le misure prese da questi rilevatori "ufficiali" che vengono poi trasmesse agli organi di Stato che sono incaricati di vegliare sulla salute della popolazione. Questo e' cio' che ha scoperto Corinne Lepage, quando nel 1995 e' diventata ministro dell'Ambiente.
Corinne Lepage testimonia di aver chiesto prima all'OPRI, organismo incaricato di controllare le misure di protezione della salute, e poi specificamente al suo direttore, come facevano le loro misurazioni, senza avere risposta. Ha dovuto costringerli a rispondere mediante una raccomandata con ricevuta di ritorno (cosa inusuale nell'amministrazione pubblica, perche' di solito non occorre). E ha scoperto che l'OPRI non faceva alcuna misurazione! Che si accontentava delle misure che gli venivano trasmese da COGEMA. Rivelando una permanente mescolanza tra controllori e controllati. Al punto che quelli che devono fare in modo che l'industria nucleare non abbia problemi o intralci di qualunque natura sono gli stessi incaricati del controllo che le cose siano fatte per bene.
A Lione, presso l'Autorita' Statale responsabile per la regione Rhone-Alpes sono state consegnate a Philippe Ledenvic, delegato dell'autorita' della sicurezza nucleare in Francia, le mappe dei rilievi radioattivi effettuati da Arlette Maussan. Philippe Ledenvic risponde che nei siti indicati sono state fatte valutazioni sui rischi, e il materiale e' stato rimosso solo se il rischio risultava superiore alla soglia di 0,5 microsievert. Ma sappiamo come vengono rilevati i dati sulla radioattivita' per fare le valutazioni sui rischi e sul superamento delle soglie. E comunque, 0,5 microsievert e' quasi il doppio degli 0,3 microsievert massimi raccomandati dalla commissione internazionale di radioprotezione, che la Francia avrebbe dovuto osservare. Nella regione Rhone-Alpes, di fatto, la prefettura ha deciso autonomamente una soglia diversa, ben al disopra di quella della commissione internazionale.
Nell'Allier, un vicino dipartimento contaminato dagli "sterili" della miniera St Prieste La Prugne, e' stato esplorato il parcheggio di un circolo sportivo di sci di fondo, con l'ingegnere nucleare CRIIRAD Bruno Chareyron, che ci chiede di indossare guanti e soprastivali per evitare polvere di uranio sulle mani e sui piedi. Vengono rilevati anche 4000 urti al secondo. Il parcheggio e' pieno di sassi su cui si rilevano anche 5000 urti al secondo. Chayeron scava e mostra dei sassi che contengono uranio giallo: su di essi si misurano 20 microsievert, come tra lo stadio ed il lago a Gueugnon. Cioe' i visitatori del circolo sono esposti al rischio di radiazioni quanto i minatori dell'uranio. Il direttore del circolo e' cosciente del rischio, che in certi punti del parcheggio arriva a 120 volte il livello considerato "ordinario". Il tecnico CRIIRAD dice che i rischi a lungo termine sono rilevanti per il DNA ed il sistema immunitario (con rischio di tumori, malformazioni fetali, immunodeficienza e leucemia).
All'Autorita' Statale responsabile per la regione Rhone-Alpes, Philippe Ledenvic contesta le misure al suolo della CRIIRAD, sostenendo che tali misure sono valide solo se le persone si sdraiano per terra. E sostiene che la misura vada presa ad un metro da terra. Pazienza per i bambini e le gambe degli adulti.
A Valence, nel suo laboratorio, l'ingegnere nucleare CRIIRAD Bruno Chayeron afferma che i metodi del servizio dello Stato minimizzano i rischi. Ad un metro dal suolo ci sono gia' livelli di radiazioni sette volte superiori a quelli considerati "ordinari". Inoltre misurando ad un metro da terra non si va a mappare la presenza di minerali radioattivi nascosti nel sottosuolo. E, se si cerca, si trovano sassi "sterili" che irradiano anche 65 microsievert all'ora, quindi non sono semplicemente residui radioattivi, ma sono veri e propri rifiuti radioattivi.
Nel Cantal, a Saint Pierre, un villaggio, costruito in parte sul vecchio sito di una miniera, riposa da trent'anni sopra seicento mila tonnellate di rifiuti radioattivi, cioe' fanghi rossi provenienti dalla lavorazione dell'uranio. La miniera chiusa e' stata nascosta alla vista costruendoci sopra il villaggio ad opera dei paesagisti specialisti nella sistemazione delle vecchie miniere.
Il segretario di un'associazione che tenta di far decontaminare il villaggio mostra uno spazio previsto per il tempo libero, realizzato sopra i rifiuti radioattivi. E' un terreno privato di proprieta' AREVA, non e' recintato ed e' dotato di panche che attirano il pubblico. Presso il sito si trovava una fabbrica che trattava l'Uranio, poi smantellata, e in quello stesso luogo gli ingegneri CRIIRAD hanno trovato melma gialla, cioe' uranio superconcentrato usato per le centrali nucleari e le bombe atomiche. Certi abitanti del villaggio sono molto esposti. Dall'altra parte della fabbrica, il sindaco ha fatto costruire alloggi per il personale comunale. Nel 1997 la signora Pascale e la sua famiglia hanno affittato una delle tre case costruite ai lati della ex miniera, fidandosi dei vecchi sindaci e degli abitanti che indicavano il luogo come privo di rischi per la salute. La signora Pascale sapeva delle miniere, ma non della contaminazione. Poi ha scoperto che la sua casa era piena di Radon, il gas ultra-radioattivo sprigionato dai rifiuti. Nella camera da letto era 5000 Bequerel al metro quadro, 25 volte piu' della norma fissata dalla comunita' europea per le abitazioni recenti. Nel Cantal la norma e' 161Bq/m3.
A Saint Pierre anche il lago e' contaminato. La balneazione e' stata vietata solo da poco tempo rispetto alla realizzazione del documentario. Fino a giugno 2005 il lago era un luogo dedicato al tempo libero. La compagnia che aveva sfruttato la miniera aveva tentato di dissuadere il sindaco dal consentire questo uso pubblico del lago, informandolo nel 1997 della presenza di uranio nell'acqua. Il sindaco non ha accettato di concederci un incontro e non ha mai risposto alle nostre domande.
Il Limousin e' la regione di Francia piu' inquinata dai rifiuti di Uranio. L'intera citta' di Limoges e tutta la periferia sono minacciate dalla contaminazione nucleare. Per i 240.000 abitanti di questo capoluogo di regione perfino aprire l'acqua del rubinetto e' un gesto pericoloso, perche' l'acqua potabile e' carica di elementi radioattivi.
Nel 2004 il Comune ha chiesto al CRIIRAD un rapporto sulle riserve di acqua potabile, e non lo ha mai reso pubblico. La vice sindaco Aline Biardeaud ha scoperto della contaminazione grazie al rapporto CRIIRAD, e dichiara che non sapevano come affrontare quella situazione, dopo che la COGEMA (divenuta poi AREVA) era andata via, lasciandosi dietro tutte le sue porcherie che aveva accumulato per decenni, pur ammettendo gli errori commessi. Dietro la minaccia di citazione in giudizio, l'AREVA e' intervenuta, dotando la citta' di una rete di acqua potabile alternativa che viene alimentata con altre riserve pulite di acqua potabile.
Inoltre, allo stagno della Crouzille, AREVA ha fatto rimuovere con gli escavatori e poi stoccare 50.000 metri cubi di fango radioattivo. Quindi AREVA ha pubblicamente annunciato: "Vittoria! Missione compiuta!", e ha cominciato ad organizzare visite guidate di stampa e associazioni locali, sostenendo di aver riempito nuovamente lo stagno con acqua avente solo una debole percentuale di materiale in sospensione, lamentandosi di avere speso un milione di euro, e chiedendo che gli valesse almeno il riconoscimento di avere svolto un buon lavoro. In sintesi AREVA dice: "Come vedete, il problema e' stato risolto! Ora tornate a casa tranquilli." Come dire: "Circolate. Non c'e' piu' niente da vedere."
Ma torniamo allo stagno con un abitante di Limoges, e Bruno Chayeron della CRIIRAD. Misurando a 100 metri sopra lo stagno, ai lati di un fiume che alimenta questa riserva di acqua potabile, si rilevano 1000 urti al secondo di particelle radioattive, dovute alla contaminazione del suolo dovuto a uranio, che circola nell'acqua e finisce direttamente nello stagno. Che quindi sara' sempre contaminato.
E sara' contaminato per miliardi di anni. Perche' il periodo di radioattivita' dell'uranio, precisa testualmente Chayeron, puo' durare per miliardi di anni.
Qui termina il resoconto scritto del documentario.
L'articolo vero e proprio incomincia solo adesso, e si riduce ad una sola domanda: pensiamo davvero che in Italia, se venisse reintrodotta la tecnologica nucleare, i nostri politici incaricati di tutelare l'integrita' dell'ambiente e la salute dei cittadini, sarebbero migliori, piu' etici, piu' onesti, piu' attenti e piu' scrupolosi che in Francia?