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La sentenza sulla Trattativa Stato-Mafia in un Paese che non fa i conti con se stesso.
Ma che Paese è il nostro? E’ con un punto di domanda che voglio aprire. Si, perché ho voglia anche io, da cittadino, da siciliano, e ancora di più da palermitano che la stagione del ’92 e le sue ferite le ha vissute in pieno e senza sconti, di pormi delle domande dopo la definitiva chiusura della vicenda giudiziaria sulla Trattativa Stato-Mafia. Le vicende italiane sembrano ripetersi in modo quasi deprimente: i delitti, le deplorazioni dei politici e le promesse di interventi più o meno risolutivi, le manifestazioni popolari e l’impegno dei giovani e della società civile, le denunce e gli scandali, poi le indagini, gli arresti.
Un corollario di momenti legati l’uno all’altro, ma poi l’attenzione dell’opinione pubblica si allenta, si riannodano i legami tra la criminalità e la classe dirigente e le mafie riprendono totalmente il controllo del territorio. Tutti completamente scagionati, tutti assolti, politici, dirigenti e ufficiali dei carabinieri , dopo anni di processi:
I giudici non negano però che la trattativa sia avvenuta nel periodo delle stragi. La politica, la grande protagonista, non ha voluto mai e fino in fondo fare i conti con una delle pagine più oscure del nostro Paese. Giustizia non è fatta, possiamo dirlo, dobbiamo dirlo per tutte le vittime innocenti, per gli eroi di questo Paese, dobbiamo dirlo per continuare a sperare di non essere solo spettatori di un circo che propone sempre la stessa esibizione, dobbiamo dirlo per poter guardare in faccia i familiari degli uomini dello Stato (lo Stato con la S maiuscola) che hanno perso la vita.
Dobbiamo, dobbiamo… Almeno fino alla prossima indignazione… fino al prossimo giro di vite.

Foto © Jacopo Bonfili

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