Sono cresciuto in una casa piena di libri, enormi librerie in cui un posto d’onore lo occupavano tutte le pubblicazioni di Leonardo Sciascia. Ed ero poco più che un bambino quando, a metà degli anni ’80, nella celebre sede di Sellerio in Via Siracusa a Palermo, con mio padre che era uno degli autori di Sellerio che si occupava di storia siciliana, ebbi l’opportunità di incrociare proprio lo scrittore siciliano, cosa che, ahimè, chiaramente all’epoca non desto’ grande interesse nella mia curiosità di bambino.
Crescendo quei libri sono diventati chiave di lettura essenziale, imprescindibile e mai scontata per capire fino in fondo questa nostra Sicilia, che lo stesso Sciascia, quando un giorno gli chiesero un aggettivo che in sé bastasse a descriverla rispose che: “La Sicilia è irredimibile, ma che comunque bisogna continuare a lottare, a pensare e ad agire, come se non lo fosse”.
Una frase cristallina, lucida, piena di quel realismo che pervade tutte le pagine delle sue opere alla ricerca di quel senso naturale di giustizia.
Ed è proprio il “problema della giustizia” quello a cui ci appelliamo nel venire a conoscenza dei fatti, gravi, anzi gravissimi, che hanno coinvolto giusto ieri la Dirigente Scolastica dell’Istituto Scolastico Falcone di Palermo, allo Zen, e del suo vicario: due educatori, entrambi accusati(insieme ad una terza persona), in flagranza di reato, di peculato e corruzione in uno dei quartieri più degradati di Palermo e del Sud Italia, un quartiere che cerca, e merita, riscatto sociale ma che fatti come questo fanno ripiombare nel buio più totale di una ghettizzazione alla quale, evidentemente, sembrano condannati a vita.
Come dare torto a chi vedeva in quella scuola il riscatto e adesso vedrà l’ennesimo alibi per fare altro che non va nella direzione delle regole e delle legalità.
Questa vicenda ci lascia con poche, pochissime parole, forse solo quelle necessarie ad esprimere tutto il nostro sdegno per l’accaduto e la speranza che fatti come questo non accadano più.
La giustizia, nel racconto di Sciascia, è soprattutto il problema di giudicare, o ancora meglio, del paradosso che il giudicare si porta con sé e la vicenda dello Zen diventa emblematica da questo punto di vista: siamo, e vogliamo essere garantisti per definizione, ma cara Dirigente, a questo punto, neanche l’alta analisi sociologica di Sciascia può venirle in soccorso.
La libertà, la dignità umana e il rispetto tra gli uomini attengono alla giustizia e lei col suo agire le ha violate tutte , in un solo abile colpo.
In foto: la preside della Scuola Falcone dello Zen, Daniela Lo Verde
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- Alberto Castiglione