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Vincenzo Musacchio, criminologo e associato alla Rutgers University di Newark, recentemente intervistato al TG1, ha affermato che con l’arresto di Messina Denaro, l’organizzazione di Cosa Nostra, intesa come struttura organizzata, ben disposta sul territorio, potrebbe ancora cambiare. Dopo quella di Riina, di Provenzano e di Messina Denaro potremmo assistere a una nuova ristrutturazione e un nuovo riposizionamento sul territorio.

La cattura di Matteo Messina Denaro cambia qualcosa nell'organizzazione di Cosa Nostra?
Credo che con la sua cattura l'organizzazione non cambi molto. Il fatto che sia stato trovato a Palermo significa che continuava a curare i suoi interessi sul territorio. Un boss di spicco come lui ha bisogno di mantenere i legami nella sua zona di appartenenza, altrimenti il suo ruolo nell'organizzazione mafiosa diverrebbe in breve tempo marginale. Messina Denaro era l'ultimo super latitante e la sua cattura segna la fine del capitolo “corleonesi”, ma certamente non la fine della mafia siciliana. Com’era solito dire il mio maestro Antonino Caponnetto, arrestato un boss ne arriva subito un altro a rimpiazzarlo. Io aggiungo, a quanto detto, che i capi cambiano ma la mafiosità resta. La mentalità mafiosa non sarà sconfitta né dalla magistratura, né dalle forze di polizia. La mafiosità sarà vinta dalla scuola, dall’informazione, dalle politiche sociali e del lavoro. Cambierà in parte l’organizzazione, ma la mentalità purtroppo resterà la stessa ed è questo uno dei problemi da affrontare al più presto e con ogni mezzo.

Che tipo di organizzazione potremmo attenderci dal post Messina Denaro?
Per ora possiamo ragionare soltanto per ipotesi, in attesa di nuovi collaboratori di giustizia che, si spera, ci racconteranno le recenti metamorfosi mafiose dopo l’arresto dell’ultimo dei corleonesi. Le cosche tuttavia si riorganizzeranno e la cupola sarà riformata con il suo nuovo capo simbolico. Una struttura non più retta da un monarca assoluto com’era Riina, ma più democratica e in stile tribunale nel quale si dirimeranno le controversie tra le cosche. Uno dei possibili candidati potrebbe essere Giovanni Motisi, il killer del commissario Beppe Montana. È inserito nella lista dei criminali più ricercati d’Europa. Sicario di fiducia di Totò Riina, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Calogero Ganci. Era presente in Cosa Nostra nel momento in cui si discusse di assassinare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Vicino a Bernardo Provenzano e allo stesso Messina Denaro. Cosa Nostra, benché oggi duramente colpita, resta ancora molto pervasiva. Le ultime indagini della Direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno dato conferma di rapporti tra Cosa Nostra e gli “scappati” o “americani”, in altre parole i perdenti della guerra di mafia contro i corleonesi. Molti di loro, tornati a Palermo, hanno recuperato l’antico potere mafioso, forti anche degli storici rapporti con i boss d’oltreoceano, stringendo addirittura accordi con l’ala corleonese un tempo nemica. Dobbiamo sperare davvero che vi siano nuovi collaboratori di giustizia che chiariscano nomi e dinamiche degli ultimi sviluppi della mafia siciliana. Ritengo che molto presto vedremo cosa accadrà.

Come ha fatto Matteo Messina Denaro a garantirsi una latitanza così lunga a Palermo?
È evidente che a garantire la sua latitanza ci sia stata una rete di sodali e di fiancheggiatori. Quello che sappiamo dalle indagini in corso è che da almeno un anno si curava a Palermo in una clinica molto nota. Mi sembra evidente che abbia avuto anche in questa circostanza una rete di persone che l’ha aiutato fino a oggi e il sistema pare abbia funzionato perfettamente fino all’arresto. Bisognerà indagare a fondo, per il momento molte teorie restano nel campo delle ipotesi o delle supposizioni.

In base alla sua esperienza in materia, secondo lei Messina Denaro collaborerà con la giustizia?
Che Matteo Messina Denaro possa collaborare con la giustizia credo sia molto difficile. L’animo umano tuttavia resta imperscrutabile e il 41bis, per lui che non ha mai fatto un giorno di reclusione, potrebbe far riflettere sulla via da seguire. I precedenti ci confermano che i capi mafia (penso a Totò Riina, Bernardo Provenzano, Nitto Santapaola, Leoluca Bagarella) rarissime volte cominciano un percorso di collaborazione con la giustizia. A me è parso che il boss del mandamento di Trapani fosse entrato nell'ordine d’idee di poter essere arrestato. Questa è ovviamente soltanto una mia sensazione.

Per sommi capi in cosa consisterà il 41 bis per un boss nella sua condizione?
Sarà curato per la sua patologia, avrà una libertà limitata, rapporti con l'esterno azzerati ai minimi termini. Sarà collocato in un'area riservata, ovvero, un settore di carcere separato dalla stessa sezione del 41-bis. Subirà forti limitazioni sotto l'aspetto economico. Limiti di spesa e di pacchi che possono essere ricevuti, così come un limite massimo di denaro che potrà essere ricevuto e inviato all'esterno. La vita di Matteo Messina Denaro nel futuro sarà in parte simile a quella dei suoi predecessori al “carcere duro”.

Quali sono secondo lei le alternative che avrà?
Io ne vedo soltanto due. Subire una reclusione lunga e restrittiva, dove comunque sarà curato al meglio, oppure, collaborare e uscire dal regime del 41-bis. Tertium non datur. Naturalmente chi lo gestirà dovrà avere la capacità di portarlo verso la collaborazione poiché lui certamente sfrutterà la condizione d’incompatibilità con il regime carcerario legata al tumore.

Secondo lei come potremo conoscere più specificamente la mafia del dopo Messina Denaro?
Cominciando da due importantissimi strumenti di lotta alle mafie: le intercettazioni (trojan inclusi) e i collaboratori di giustizia. Servirebbero nuovi pentiti sulla falsa riga di Tommaso Buscetta. Per ottenere un simile obiettivo è necessario che lo Stato rafforzi e non indebolisca questi mezzi di ricerca della prova. Al momento possiamo solo formulare ipotesi, ma non sapere con certezza come potremo combattere la mafia del dopo Messina Denaro. A volte penso che basterebbe rileggere gli scritti e le proposte di legge di Giovanni Falcone per trovare la strada maestra che ci porterebbe ad affrontare e probabilmente a sconfiggere anche le nuove mafie.

Lei quali sviluppi ipotizzerebbe nell’immediato?
Io credo ci sarà una doppia successione. Quella del coordinamento dove si posizionerà comunque un anziano boss carismatico (es. Giovanni Motisi) e quella economico finanziaria che a mio parere è già stata pianificata dallo stesso Messina Denaro. Si dovranno continuare a mantenere giocoforza i rapporti con la cd. area grigia e con il potere politico, economico e finanziario. La nuova mafia, a prescindere da Matteo Messina Denaro, è un’organizzazione criminale che deve dialogare ad alti livelli con i poteri economici, finanziari e istituzionali. Avremo a che fare dunque con una mafia mercatistica e transnazionale che ha messo in secondo piano l’ala militare.

Secondo lei gli inquirenti troveranno qualcosa d’importante nei vari covi del boss di Castelvetrano?
Se il boss avesse pianificato il suo arresto, non troveremo assolutamente nulla. In caso contrario, occorrerà individuare il vero covo e purtroppo il tempo trascorso non gioca a favore del reperimento di importanti documenti poiché in questo lasso di tempo i suoi sodali avranno già portato via le carte maggiormente compromettenti. Il mio naturalmente è un ragionamento logico più che investigativo.


Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

* Giornalista Rai

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