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Così ha esordito Vincenzo Musacchio in collegamento con gli studenti del Colegio Nacional de Buenos Aires che hanno rivolto al termine dell’incontro anche  alcune domande molto interessanti al criminologo italiano

Professore ci spiega in parole semplici cosa è diventata oggi la mafia?
È passata attraverso gli anni da coppola e lupara a doppiopetto e ventiquattrore. Dalla visibilità e dal sangue, all’invisibilità e alla corruzione. Ha aggiornato il metodo mafioso. La mafia ha attuato le sue metamorfosi vitali e si è così adeguata alle nuove evoluzioni che hanno riguardato il mondo intero. La mafia di oggi non s’infiltra più nel tessuto economico sociale ma s’integra con le componenti dello stesso. Le attribuisco le seguenti peculiarità: transnazionale, mercatistica, invisibile e corruttrice. Molto presto sarà anche tecnologica e interattiva nel ciberspazio.

Se come dice lei la mafia si è così evoluta, quali strumenti abbiamo per conoscere e lottare questo fenomeno criminale?
Uno strumento sempre valido ed efficace ritengo sia l’utilizzo dei collaboratori di giustizia. Sicuramente restano indispensabili per permeare dall’interno le moderne organizzazioni criminali. Penso che il loro adeguato utilizzo sia un’arma molto potente contro le nuove mafie. Sono importanti anche nuovi metodi d’indagine e idonei strumenti normativi per operare tenendo il passo delle continue evoluzioni mafiose. L’internazionalizzazione della legislazione e delle politiche antimafia sarebbe un auspicabile risultato da raggiungere al più presto. Vi chiedo: quanti di voi sanno che nel vostro Paese opera da tantissimi anni un’organizzazione mafiosa italiana che si chiama ‘Ndrangheta? Vedo siete rimasti sorpresi. Questo accade perché di mafie si parla poco, ma anche perché i nuovi mafiosi hanno compreso quanto sia importante fare affari senza spargimento di sangue ma operando nel silenzio e corrompendo. Finché ci sarà chi è corrompibile ci sarà la mafia.

Come definirebbe oggi il legame tra mafia e politica?
“Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia”. È una frase che mi piace molto ed è del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. In questa frase secondo me è rinchiusa gran parte del potere mafioso, le sue contiguità politiche, i suoi interessi economici e finanziari. Io l’ho definito in più occasioni un legame simbiotico. Una fusione intima, spesso di convenienza reciproca, fra organismi (criminali e non criminali) di componenti diverse, che generalmente comporta fenomeni di coevoluzione e di reciproco arricchimento non solo monetario. Le attese di rinnovamento del sistema politico sono una delle poche speranze di porre freno a questo sistema criminale ormai pervasivo a ogni livello.

Il legame tra mafia, economia e finanza deve preoccuparci?
Deve preoccuparci e non poco! Le nuove mafie sono state in grado di sviluppare nuove forme d’integrazione all’interno del tessuto economico-finanziario e persino del welfare sociale dello Stato. Si sono appropriate nel silenzio più assoluto d’ingenti risorse economiche. Dobbiamo guardare alle mafie odierne come uno “Stato nello Stato” che offre lavoro, presta denaro, fa impresa ed è presente ormai in tantissimi settori produttivi. I nuovi mafiosi sono in grado di gestire grandi flussi di denaro tra individui e tra imprese e Stati, possono operare nei mercati in cui tali strumenti finanziari sono negoziati al fine di trasferire le risorse economiche direttamente nelle loro casse. Oggi gestiscono società finanziarie e banche. Sono ormai multinazionali del crimine che operano sempre più di frequente nei mercati legali.

Qual è il ruolo della magistratura nella lotta alla mafia?
Quello che gli è affidato dalla Costituzione. Il giudice deve limitarsi a giudicare. Il pubblico ministero e la difesa a portare in giudizio le prove a carico e a discarico dell’imputato.  Se la magistratura e l’avvocatura nel rispetto della Carte Costituzionale, fanno un buon lavoro, si ottiene anche un ottimo un risultato che è appunto quello di sconfiggere la mafia. Naturalmente la lotta alla criminalità organizzata ha le sue peculiarità per cui la Costituzione resta faro insopprimibile per affermare il diritto del mafioso, come di tutti i detenuti, al percorso rieducativo, ma non certo per porre le premesse dello smantellamento della legislazione antimafia in nome del principio di uguaglianza tra mafiosi, terroristi e delinquenti comuni.

Nella lotta alla mafia in Italia abbiamo visto che ci sono state e ci sono spesso tante polemiche, perché accade questo?
Me lo sono chiesto più volte anch’io e mi sono risposto con la frase di un vecchio boss mafioso, Frank Coppola: “Dove comanda la mafia, i posti nelle Istituzioni sono tendenzialmente affidati ai cretini”. Cari ragazzi, è una sacrosanta verità. La mafia prospera proprio dove c’è disponibilità di questa specie di persone, purtroppo, non rara in Italia. Fortunatamente noi abbiamo l’antidoto: si chiama competenza. Assieme all’onestà sarebbero la cura più efficace contro il cancro mafioso che però nessuno vuol curare. Persone  competenti e al tempo stesso oneste in Italia le abbiamo avute. Quelle che ricordo io, però, sono tutte morte nell’adempimento del loro dovere!

Quale messaggio vorrebbe lasciarci oggi a chiusura di questo bellissimo incontro?
Quello che ormai da oltre trent’anni rivolgo ai giovani di tutte le scuole in cui mi reco. “Spero possiate migliorare il mondo che vi lasceremo e possiate impedire che altri possano demolire le vostre aspirazioni”. “Appassionatevi alla lotta perché è necessaria, oggi più che mai”. “Difendete la vita, la salute, l’ambiente e amate la legalità”. “Non lasciate mai che altri scelgano al vostro posto”. “Non scendete a compromessi, non accettate raccomandazioni”. “Coltivate l’amicizia e il confronto con l’altro, non praticate l’individualismo ma il solidarismo”. “Non lasciate che le mafie vi rubino il futuro”. Possono sembrare luoghi comuni ma vi posso garantire che non lo sono per nulla e che soltanto alcuni di questi messaggi attuati nella realtà sarebbero un immenso deterrente per le nuove mafie.

Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.

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