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Giudizi
Partiamo da una nota frase di Dacia Maraini “Il berlusconismo è la più grande catastrofe culturale del nostro tempo. Forse anche peggio del fascismo, perché più subdolo e sotterraneo, perché seduttivo e apparentemente vincente. Il berlusconismo ha introdotto la cultura di mercato, quella in cui tutto si compra e si vende, dai senatori alle minorenni”.

Ancor più pesante il giudizio di Indro Montanelli, che il fenomeno lo ha visto nascere e crescere molto da vicino: “Un'Italia berlusconiana mi colpisce molto: la peggiore delle Italie che io ho mai visto, e dire che di Italie brutte nella mia lunga vita ne ho viste moltissime. L'Italia della marcia su Roma, becera e violenta, animata forse anche da belle speranze. L'Italia del 25 luglio, l'Italia dell'8 settembre, e anche l'Italia di piazzale Loreto, animata dalla voglia di vendetta. Però la volgarità, la bassezza di questa Italia qui non l'avevo vista né sentita mai. Il berlusconismo è veramente la feccia che risale il pozzo".

Un’ultima considerazione è quella dello storico Giuseppe Carlo Marino che, in un post su facebook 1.6.2022, dopo aver parlato di una “lunga vicenda corruttiva del berlusconismo che, al di là dello stesso Berlusconi, ancora non si è interrotta” - aggiunge che - “il neoliberismo selvaggio, coniugato con il consumismo e con l'edonismo individualistico, a scapito dei valori "repubblicani" della socialità e del "buongoverno" - è diventato cultura di massa..., ha distrutto partiti e sindacati, li ha resi tanto superflui quanto vanesi nel tentativo di sottrarsi al discredito e di sopravvivere come "clubs" quasi privati di potere; ha reso quasi incomprensibili i valori della civiltà del lavoro a nuove generazioni incapaci di distinguere tra azioni civili e raduni urlanti di fans di cantanti alla moda, tra lotte per i diritti e "battaglie" tra tifosi del dopo-partita; ha annientato la "democrazia" in un vortice di trasformismo e di retorica nel quale "tutte le vacche sono nere".


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Indro Montanelli e Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


Le origini
Il fenomeno è stato studiato da illustri sociologi, e non è mia intenzione approfondirlo, ma solo individuarne gli aspetti salienti e la loro evoluzione nel trentennio in cui s’è manifestato.

Le origini sono legate alla creazione dell’impero televisivo, attraverso una serie di operazioni spregiudicate e di investimenti e contatti con i vari più importanti operatori economici nazionali, compresi quelli legati a Cosa Nostra. Per una di quelle “inspiegabilità” delle italiche genti, buona parte dei collaboratori, soci, dirigenti, amici di Berlusconi sono finiti in galera, mentre lui, a parte una condanna commutata in facoltà di raccontare barzellette ai vecchietti, se l’è sempre vista dal rotto della cuffia. Nel frattempo ha accumulato ogni giorno miliardi con i proventi della pubblicità, a parte quelli provenienti dall’inestricabile reticolo di imprese a lui legate, ed ha anche avuto l’abilità di non accumulare solamente, come Paperone, ma di spendere munificamente i suoi guadagni, oltre che per acquisti e investimenti, sempre redditizi, per circondarsi di materiale umano di primo piano, dai medici, alle infermiere, alle igieniste dentali, alle veline, ai giornalisti leccaculo, ai politici reverenti e deferenti, ai giudici ossequienti, agli avvocati-complici, alle fidanzatine-badanti, ai giardinieri e stallieri, ai cuochi, ai fedelissimi di partito: fiumi di denaro sono entrati e usciti con disinvoltura per le compravendite più spericolate, di giocatori di qualsiasi campo, dal calcio alla politica, alle allegre donnine.


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Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


La tv all’americana
La possibilità di entrare nella casa degli Italiani e di interessarli, intrappolarli, attraverso immagini e informazioni selezionate e funzionali al mantenimento dell’attenzione sui canali Mediaset, ha creato strategie di comunicazioni immediate ed efficaci, sulla base di semplici scelte di luoghi comuni, di semplicità espressive, di proiezione dell’effimero e di modelli comportamentali in gran parte ispirati allo yuppismo americano. Americana è la maggior parte della produzione messa in onda, fatta di film, telefilm, telenovelas, fiction, tv spazzatura di qualsiasi provenienza e persino spot pubblicitari ridondanti e martellanti rispetto alle storie messe in onda. Rispetto alla RAI, imbalsamata nel suo ruolo di “funzione pubblica”, in virtù del canone dei contribuenti, ancora invischiata tra censure e censori, dal Vaticano, ai perbenisti, all’estrema destra, Mediaset si è presentata con l’irruzione di chi rompe le regole e i tabu e dilaga con le sue veline in tanga, i suoi varietà attraenti, la valorizzazione di nuove risorse, specialmente musicali, sponsorizzate dai propri canali e la ricerca di episodi di cronaca scandalistica o di servizi di varietà in cui diventano notizia gli scandali dei Reali o gli amori dei vip legati al carretto Fininvest e i delitti passionali maturati nell’ambito familiare, meglio se in quello extracomunitario.


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Bruno Vespa e Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


Il sistema e la violenza
L’aspetto più appariscente di una storica mancanza di dignità legata a forme di violenza inaudita, ispirate al modello americano, edulcorate e mistificate da un giornalismo compiacente, è avvenuto nel corso del G8 di Genova (19-22 luglio 2001). L’omicidio di Carlo Giuliani è stato presentato come un deplorevole gesto di un ragazzino in divisa che ha avuto paura e perso la testa. In realtà basta l’uso degli strumenti tipici della videocrazia, per maturare decisioni pericolosamente liberticide, come l'esclusione dei personaggi scomodi dagli spazi televisivi e dai tabloid, scelta che sostituisce, a tutti gli effetti, la “pena di morte”. E non si tratta solo dell’editto bulgaro, che ha fatto fuori giornalisti come Santoro, Enzo Biagi, e comici come Luttazzi. Schiere di leccaculo sono state in fila ad elemosinare briciole, o addirittura niente, imbottite da passaggi mediatici dietro ai quali non c'è un'idea o un progetto politico, ma un uomo solo così pieno di sé da irradiare frammenti della sua immagine disgustosa e farli rendere digeribili e indispensabili. Difficile scegliere se ci troviamo davanti a un “signore” rinascimentale che, ancora oggi accoglie presso la sua corte di Arcore visitatori e postulanti, o a un signorotto feudale padrone assoluto e regista di quello che avviene nel suo feudo, capace di influenzare anche quel che avviene nei feudi vicini. E non si creda che tutto sia azionato dalla forza di convincimento e penetrazione dello strumento televisivo.


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Michele Santoro e Daniele Luttazzi © Imagoeconomica


Dietro ci sono fascisti di lunga navigazione, piduisti che hanno continuato ad agire indisturbati, monarchici e nostalgici di reali parate, industriali a caccia di spazi, di mercati, appalti in cui navigare: ci sono cristiani legati agli immensi privilegi che sono stati conservati al Vaticano, (dai finanziamenti alle scuole private, all'8 per mille, all'esenzione del pagamento dell'ICI per le immense proprietà ecclesiastiche), socialisti della prima repubblica, cui il neo-duce era già vicino negli anni 80, mafiosi e camorristi, con i quali sono stati stipulati, nel tempo, papelli, trattative, patti chiari e precise garanzie, costruttori e signori dell’abusivismo, circoli e associazioni che nascono come funghi e funzionano da comitati elettorali al servizio dell'onorevole di zona: trovi serate di gala condotte tra lo sfarzo e il fumo dell'aristocrazia, che ormai ha accettato nel suo campo, oltre ai generali, ministri e politici rampanti, prostituzione al servizio dei capricci e delle libidini dei nuovi gerarchi, funzionari e dirigenti ministeriali nominati all'uopo, per estendere l'ala di controllo in singoli settori dell'elettorato, primari e direttori sanitari al vertice di una rete che controlla il sistema ospedaliero italiano e lucra sui bisogni per distribuire risorse, attrezzature, farmaci, consulenze; c'è il sistema della giustizia che, a parte i pochi magistrati recalcitranti, diventati oggetto della persecuzione più feroce, da parte del neo-duce, perché sono i soli ad avere, almeno sinora, gli strumenti per incastrarlo, è nelle mani di alti magistrati che decidono a chi assegnare i processi, quali processi mandare avanti, chi individuare come colpevole da dare in pasto, chi far languire in carcere, anche senza niente a carico. Per non parlare dell'apparato militare legato ai ministeri degli Interni e della Difesa, dietro cui ruota una vasta e lucrosissima sfera di interessi, dalle commesse militari, al traffico internazionale delle armi, alle missioni all'estero, alle gerarchie che assicurano la difesa interna, ai servizi segreti, alla gestione delle carceri...


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© Imagoeconomica


La seconda repubblica e gli Italiani
Chi pensa che tutte queste varie articolazioni del potere non siano state capillarmente permeate dal berlusconismo non ha capito niente della sua devastante forza di penetrazione. Chi pensa che si tratti di una moda destinata a scomparire col tempo e con il suo leader, come sembrerebbe, non si è reso conto del complesso sistema di potere che ha eroso tutti i sostegni delle istituzioni democratiche, servendosi di una legge elettorale che col premio di maggioranza trucca le cifre e che dà al capo-partito la facoltà di scegliere i suoi camerieri. Pertanto l'attuale regime, con le sue appendici montiana, renziana, draghiana, spacciato per seconda repubblica, si differisce in poche cose, rispetto alla prima, salvo che quella, almeno formalmente, era più rispettosa degli spazi costituzionali di democrazia e del ruolo di mediazione dei sindacati nel mondo del lavoro: per aggirare questo ostacolo è stata inventata la “costituzione materiale”, cioè la forzatura deliberata e antidemocratica della costituzione reale.

Qual è il ruolo degli italiani in tutto ciò? Quello di sentirsi pienamente realizzati come servi e di identificarsi in squallide figure che esprimono i loro difetti più reconditi, dalla litigiosità permanente, al fanatismo, all'intolleranza verso altre forme di pensiero e di religione, dal razzismo becero al provincialismo meschino, dall'aggressione verbale a quella di gruppo nei confronti dei soggetti più indifesi, dalla vigliaccheria al tradimento, al cambio di casacca, alla ricerca dell'effimero e delle vie nascoste dell'illegalità con cui continuare a recitare il proprio ruolo di furbetti al seguito.


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© Imagoeconomica


Certo non è tutto così: il berlusconismo ha contagiato sinora poco più del 30% degli Italiani votanti, grazie alla costante crescita delle astensioni, del qualunquismo, dei delusi, delle divisioni interne all'opposizione, delle collusioni più o meno striscianti, grazie alla ricerca delle briciole e delle elemosine concesse ai settori complici di un'opposizione paurosa o subalterna. Esistono vaste frange del mondo cattolico, della stessa destra più responsabile, della sinistra più avanzata e più coraggiosa, del mondo dell'imprenditoria, che avvertono il peso e la nausea di questa generale mancanza di dignità e che cominciano a chiedere spazio nel generale piattismo della rassegnazione. Non sappiamo quanti di questi resisteranno alla voglia di allungare la mano.
Esistono invece consistenti parti del mondo imprenditoriale e di quello borghese parassitario che, pur rimanendo nel centrodestra, si sono piano piano spostate verso la Lega e i neo o postfascisti.

La subcultura berlusconiana
Gli elementi della subcultura che il berlusconismo, ma non solo quello, ha diffuso negli ultimi vent’anni sono stati lentamente assorbiti, soprattutto a livello inconscio, al punto che ormai la gente li crede autentici, crede che siano il proprio modo di pensare e di essere: è emerso un razzismo cattivo e selvaggio, teso alla criminalizzazione di tutto ciò che non è italiano, con annessi fanatismi e incredibili forme di odio e di crudele repressione, (vedi Rosarno), verso chi ha la colpa di cercare una nuova via rispetto alle impossibili condizioni di vita nelle quali si è trovato; certe dichiarazioni sembrano degne del più truculento nazismo, specie quando si esorta a sparare sui barconi dei clandestini o si infierisce contro un cardinale il cui torto è quello di richiamare tutti a una cristiana fratellanza. E’ diventato un luogo comune che gli immigrati tolgono lavoro agli Italiani o che sono tutti delinquenti, spacciatori e stupratori. Altra degenerazione è quella di un falso mito dell’ordine, rispetto a una politica governativa che, attraverso amnistie e processi brevi sta popolando le strade di delinquenti, non essendoci nelle carceri posti sufficienti per contenere quelli giornalmente arrestati; l’ordine è quello che appare e che viene mostrato, non quello reale: è quello dei soldati in piazza o delle ronde di cittadini pronte a trasformarsi in squadracce fasciste, è quello della mafia che assicura tranquillità per essere lasciata libera nei propri affari. E’ diventato proprietà comune il mito dell’arrivismo a qualsiasi costo, della svendita della propria dignità alla ricerca di un lavoro che consenta di vivere agiatamente e guardare gli altri dall’alto.


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Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


La scomparsa della morale
Sulla morale il problema è più grave: la ricerca esasperata del gossip, la trasformazione in scandalo anche dell’elemento più innocuo di vita privata, la giustificazione delle bravate pseudo erotiche del politico di turno, se fa parte della maggioranza, e la criminalizzazione, anche con la confezione di menzogne mirate, di chi vuole fare opposizione sul serio, sono facce dello stesso progetto di costruzione del pensiero unico. Alcuni passaggi sono emblematici di questo deterioramento: per esempio la riabilitazione del ladro latitante Bettino Craxi, trasformato in esule e in vittima della giustizia, la beatificazione dell’eroe Mangano, del suo sodale Dell’Utri, del parolaio Mike Bongiorno, eroe anche lui, per non parlare del rifiuto del parlamento di affrontare la proposta di legge che impedisce agli indagati e ai condannati di essere eletti parlamentari. Ragazze di coscia lunga, dai glutei abbondanti, bellezze di colore con straripanti seni danno cibo all’immaginario sessuale degli italiani, ormai ridotti a un popolo di guardoni soddisfatti delle beghe e delle trovate dei protagonisti del Grande Fratello o dell’Isola dei Famosi. La stessa figura del tronista, così mortificante per la dignità femminile, il successo di squallidi personaggi ricattatori, come Fabrizio Corona, o di altri con sembianze da imbroglioni, come Briatore, Berlusconi, i Savoia, gli Agnelli e altri bei tipi della stessa pasta, ci dimostra che ormai l’unica libertà possibile è quella di rendere nostre le cose che gli altri ci propinano. L’apparire è la categoria dilagante che rende lontani, attraverso la manipolazione sapiente dell’immagine, i problemi reali, i fatti, i drammi della povera gente. La pratica, mai morta del “calcio in culo”, della spintarella, della raccomandazione è lo strumento principe per qualsiasi forma di richiesta. L’esibizione della griffa è la sublimazione perfetta di chi vuole esibire una nota di classe. Il rapporto sessuale non è più il sublime punto d’incontro tra persone che hanno voglia di conoscersi, ma uno strumento per far carriera, per sfogare una voglia repressa, togliersi un capriccio, oppure un rapporto economico tra il valore d’uso (il corpo) e il valore di scambio (il denaro).


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Silvio Berlusconi e Gianni Agnelli © Imagoeconomica


Apparire più che essere
Altre cose che una volta non sarebbero mai passate, grazie alla forza del sindacato, come i licenziamenti, la cassa integrazione, la mobilità del lavoro, lo spezzettamento delle ore, l’assenza di competenze specifiche e il cambio di competenze formali, sono diventate normali regole del mondo del lavoro. L’identificazione della politica nella persona e non nelle idee e nei programmi, l’esibizione, in campagna elettorale, di facce d’una bruttezza sconvolgente, la rassegna giornaliera degli stessi visi di politici nel corso dei telegiornali, come nelle parate del regime sovietico, o, per spostarci su altri settori, la scomparsa di forme di auto sostentamento, come il bricolage, la coltivazione dell’orto di casa, la riparazione autogestita, la preparazione del pasto in casa, e, per contro, lo smaltimento selvaggio dei rifiuti, il mancato rispetto per la tutela ambientale, la coscienza di “poterla fare franca” in un modo o in un altro, sono tutti aspetti della irreversibile decadenza di una civiltà tardo-industriale che ha progressivamente cancellato le forme di socializzazione, d’incontro, di confronto, per lasciare solo l’alternativa della solitudine, pilotata dal micidiale strumento del teleschermo. Culturalmente dilaga il revisionismo storico, la cancellazione di regole espressive, dalla grammatica alla sintassi, l’approssimazione del giudizio, la tendenza ad arrangiare a proprio uso e costume qualsiasi regola, l’aggressione verbale, la mancanza di rispetto sia delle opinioni, sia delle competenze (specialmente di quelle giuridiche), il distacco del termine dal suo significato, il disprezzo per la diversità, specie se questa ti spinge a riflettere. Urlare addosso alla propria controparte è una pratica ricorrente per evitare che l’altro possa esporre le sue ragioni, specie quando queste siano convincenti. Non è tutta colpa del berlusconismo, perché l’America ha imboccato ormai da quasi un secolo queste degenerazioni della civiltà di massa e ce le ripropone giornalmente con le orge di telefilm che dilagano dai teleschermi e trasmettono automaticamente un certo modo di vedere la vita, di giudicare, di comportarsi. Ma l’America è stata capace di andare oltre i suoi schemi, con la scelta di un presidente di colore e giovane, in concorrenza con un’aspirante presidente donna, mentre in Italia queste rimangono “cose dell’altro mondo”. L’apparenza e la mistificazione arrivano a punti in cui chi sostiene un’ipotesi utile a raccattare voti o a migliorare la propria immagine, riesce a manifestarla con tutta la forza di persuasione, anche se è convinto del contrario.


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© Imagoeconomica


Il tempo ristretto
C’è infine la corsa alla conquista del tempo, rispetto alla quale la lentezza dell'intelletto diventa un impaccio. Il tempo libero, quello che sfugge all’ossessivo controllo del tempo del lavoro, viene canalizzato, cooptato e goduto all’interno dei centri commerciali, dove la trasformazione del soggetto umano in “cittadino consumatore” fa rientrare nell’alveo quel minimo d’illusione aggrappata alla presunzione che sei tu a scegliere, nel momento dell’acquisto, e quindi ad esplicitare una funzione che ti compete. Non ha molto senso visitare un museo poichè non v'è consumo in quest'azione, ma solo gratificazione del proprio bisogno estetico, al di là del costo del biglietto. Un'opera d'arte richiede attimi di contemplazione e concentrazione per carpirne tutti i significati e le emozioni riflesse, ma questo non c’è più. Una poesia richiede anche qualche passaggio in più, dalla lettura, all’acquisizione dei significati nascosti nelle parole, alla loro comprensione e alla finale trasformazione in emozioni. Troppa fatica. Qualche passaggio in meno ha la musica, attraverso la fruizione diretta dei suoni ascoltati, ma anche qua la commercializzazione non è così coinvolgente e immediata come quella approvata al momento dell’acquisto della merce inutile, presentata come indispensabile. Orde di piccoli evasori vengono mandate al pascolo domenicale nei super-iper centri commerciali dove si trova di tutto e di più, dal cibo al vestito al computer ai film del cinema e dei DVD, ai dischi o lettori MP3, ai libri, sempre più omologati nel raccontare il nulla e sempre più invenduti: i nostri ragazzi al 50% non leggono libri (penultimi preceduti dai ragazzi romeni). Risultato: migliaia di facce inebetite senza più nemmeno il soffio vitale.

Davanti al dilagare di questo neo-medioevo, con la sua struttura verticalizzata della società, qualsiasi forma embrionale d’Illuminismo, periodo peraltro condannato dagli intellettuali neoconservatori, sembra il baluginio di una luce lontana, più il tramonto della ragione, che l’alba di un nuovo uso di essa. Più concreto invece il mito della caverna, dove tutti sono seduti a guardare le ombre proiettate sulla parete, ovvero sul teleschermo, e sono pronti ad uccidere chi tenta di dire loro che fuori esiste un altro mondo, quello vero, aldilà di quello drogato delle immagini.

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