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Dopo mesi di forzato stop a causa della pandemia, tutti gli interessati avvertono l'esigenza di riappropriarsi degli spazi dedicati alla cultura, all'arte e alla bellezza.
Ad Ariano Irpino, splendido paese in provincia di Avellino, l'associazione culturale Miscellanea D:N:A ha pensato di offrire ai concittadini una serie di appuntamenti a tema, che si sono svolti all'interno di un progetto intitolato "Conversione di marcia", il cui obiettivo è comprendere più a fondo la vita dei santi e di coloro che hanno radicalmente modificato in positivo la propria vita.
Nel mese di luglio, Barbara Maraio, ideatrice dell'evento, ci ha contattato lo staff per organizzare una mostra di pittura dedicata alle opere di Gaspare Mutolo, che, in un simile contesto, rappresentava l'esempio ideale di ravvedimento e profonda trasformazione interiore. I quadri sono stati esposti all’interno del museo della Ceramica, con le opere alternate alle ceramiche locali.
Il 3 agosto, giorno dell'inaugurazione, l'incontro di presentazione è stato introdotto dall'attore Donato Laborante, un affascinante cantastorie locale, che ha richiamato l'attenzione dei presenti sull'importanza delle parole, e sul loro significato spesso sottovalutato o poco compreso.
A seguire, l’intervento di Savino Percoco, coordinatore delle Agende Rosse, invitato a in veste di moderatore. Dopo i dovuti ringraziamenti alle autorità locali, alle associazioni promotrici dell'evento e al pubblico presente in sala, Savino ha sottolineato l'importanza dell'informazione, soprattutto sul tema della legalità e sul percorso di collaborazione intrapreso da ex appartenenti ad associazioni criminali: nel caso specifico, il personaggio di riferimento è stato l'autore protagonista della mostra, Gaspare Mutolo.
Il Sindaco Enrico Franza ha rivolto il proprio indirizzo di saluto ai presenti ed a tutti i concittadini, prima di passare la parola alla dottoressa Graziamaria Monaco, Magistrato, Giudice penale del Tribunale di Benevento, che ha approfondito il tema "criminalità organizzata e collaboratori di giustizia". La dottoressa, ricordando la sua esperienza di giudice nei processi di ‘Ndrangheta, ha confermato il patto siglato nei primi anni ’90 in
Calabria tra le più potenti associazioni criminali del tempo: la Mafia siciliana, la Camorra campana e la ‘Ndrangheta calabrese decisero in quell’occasione, su proposta di Salvatore Riina, la morte dei giudici Falcone e Borsellino. Mafia e Camorra erano d'accordo, ha raccontato il magistrato, mentre i calabresi si dissociarono, temendo che la clamorosa uccisione di magistrati così noti avrebbe richiamato maggiore attenzione sulle organizzazioni criminose e maggiore concentrazione di forze dell'ordine. La cosa migliore, secondo gli ‘ndranghetisti, sarebbe stata di trovare il modo di delegittimare i magistrati: esattamente quello che sta accadendo oggi, ha spiegato la dottoressa Monaco, sottolineando inoltre quanto sia difficile lavorare in un contesto in cui non ci si può fidare di nessuno. “La criminalità schiaccia le persone e non permette loro di comprendere un vivere buono e bello” ha testualmente affermato.


Ultima a prendere la parola, la curatrice artistica del pittore Maria Santamaria, la quale, riallacciandosi all’esposizione della dottoressa Monaco, ha raccontato episodi legati all’infanzia e alla gioventù di Gaspare Mutolo, perché i presenti comprendessero meglio il contesto storico in cui è nato e cresciuto il pittore. Nella narrazione, Santamaria ha ricordato il passato mafioso che ha caratterizzato la prima parte della vita di Mutolo, molto vicino al boss Salvatore Riina, e successivamente gli incontri del 1992 con i giudici Falcone prima e Borsellino poi, in seguito ai quali Mutolo decise irrevocabilmente di collaborare con la giustizia. Iniziò così una nuova vita, un percorso non facile che Gaspare persegue negli anni con determinazione e lealtà.
Il momento più atteso è stato quello del collegamento telefonico con lo stesso Mutolo, al quale Savino Percoco ha rivolto alcune domande perché la platea ne conoscesse meglio il pensiero. Con la consueta, genuina semplicità, Gaspare ha risposto in modo esauriente ad ogni quesito, sia che si parlasse di mafia che di arte. Ha raccontato il suo vissuto da uomo d’onore, i rapporti con la famiglia mafiosa e quelli con la famiglia di sangue. Sono seguite le domande del pubblico in sala: una giovane donna gli ha chiesto di raccontare la natura del suo pentimento e la sua visione di perdono. Gaspare ha risposto ricordando succintamente il momento in cui ha deciso di collaborare con la giustizia, e come questo percorso umano abbia in seguito preso anche una piega spirituale, una trasformazione interiore avvenuta per gradi ma soprattutto in seguito all’incontro con il direttore del giornale AntimafiaDuemila Giorgio Bongiovanni.
Gaspare ha quindi spiegato che, a differenza di altri pentiti, non giustifica se stesso e le proprie azioni del passato, nascondendosi quale soldato di una presunta guerra di mafia: “...io non ero in guerra con nessuno, afferma Mutolo, semplicemente si commettevano omicidi a tradimento per eliminare tutti coloro che non erano in linea con la strategia di Riina. A quel tempo non c’era più alcuna umanità, c’erano solo uomini diventati bestie. Non può esserci perdono senza pentimento”. Infine, rispondendo all’ultima domanda del pubblico, Mutolo ha ribadito che i fatti e la sua vita odierna dimostrano la coerenza delle sue scelte e il percorso che ha intrapreso: queste parole hanno immediatamente strappato un lungo, meritato applauso. Prima di concludere l’incontro, Barbara Maraio ha voluto rivolgersi direttamente al signor Mutolo per esprimere la sua vicinanza: lei stessa, essendo un’artista, ha tenuto corsi di pittura nel carcere di Ariano e ha potuto trasmettere ai detenuti l’amore per l’arte. Una ragione in più per ringraziare il collaboratore di giustizia e pittore della sua testimonianza e per aver accolto l’invito ad esporre le sue opere nel Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino.

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