"Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva appieno il vero significato del suo credo... Che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza". Sono queste alcune parole del celebre discorso pronunciato da Marin Luther King jr al termine di una grandissima marcia di protesta a Washington, il 28 agosto 1963, davanti a circa 250mila persone.
Il suo instancabile impegno nella lotta per affermare i diritti civili degli afroamericani ancora oggi offre un'ispirazione nella battaglia contro il razzismo.
Una lotta improntata sempre sul principio della non violenza e che gli valse il premio Nobel per la pace nel 1964. Non a caso, del resto, prima di essere assassinato dichiarò più volte di essersi ispirato per il suo attivismo alle lotte non violente del Mahatma Gandhi.
Per decenni la figura di Martin Luther King è stata considerata controversa da una parte della politica americana, finché nel 1986, dopo la firma del Presidente Usa Ronald Reagan del 1983, fu istituita una giornata di festa nazionale proprio per ricordare l'impegno di un uomo che dedicò la vita per risvegliare le coscienze nel mondo, con la lotta sociale, una lotta non-violenta, basata sui dettami della giustizia e della fratellanza.
Così, ogni terzo lunedì di gennaio si celebra la sua memoria in una data che cade quest'anno molto vicino al 15 gennaio, giorno della nascita dello stesso King. E così ci uniamo al ricordo.
La gioventù
Martin Luther King Jr. nacque ad Atlanta, Georgia, il 15 gennaio del 1929. Crebbe in una famiglia benestante nella Auburn Avenue, soprannominata il Paradiso Nero, dove risiedevano i borghesi del ghetto, gli "eletti della razza inferiore", per dirla con un'espressione paradossale in voga al tempo. Nonostante ciò, fin dall’infanzia, si scontrò con la realtà segregazionista degli Stati del Sud (esistente anche nel Nord).
Martin Luther King Sr, il padre, era pastore di una chiesa battista. Il figlio decise, dunque, di intraprendere il suo percorso di studi religiosi nell'autunno del 1948, iscrivendosi al Crozer Theological Seminary, in Pennsylvania. La scuola era composta per la maggior parte da bianchi. Proprio qui, durante gli studi, si avvicinò al pensiero di GandhiPennsylvania, che sarà infatti sempre alla base della sua lotta non violenta per l'emancipazione dei neri.
L'8 maggio 1951 ricevette il baccalaureato in teologia, ottenendo anche una borsa di studio.
Il 13 settembre si iscrisse all'Università di Boston, e nel 1952 Martin conobbe Coretta Scott, che sposò il 18 giugno 1953. Nel 1955 conseguì il dottorato in filosofia.
Nel 1954 scelse di diventare pastore di una chiesa battista di Dexter Avenue a Montgomery, in Alabama. Martin aveva 25 anni, un giovane pastore di una città del Sud profondo degli Stati Uniti.
Entrò a far parte del NAACP (National Association for the Advancement of Colored People) e diventò vice-presidente del Consiglio dell'Alabama per i rapporti umani.
Martin visse negli anni in cui negli Stati Uniti era molto forte il sentimento razzista e segregazionista. Emblematica l'organizzazione Ku Klux Klan, un gruppo di estremisti nazionalisti bianchi razzisti violenti, protagonisti anche di numerosi atti di terrorismo. Un membro del Ku Klux Klan è stato ritenuto responsabile, dal 1977, della strage di Birmingham (1963), in cui venne fatta esplodere una bomba in una chiesa, dove persero la vita quattro bambine afroamericane.
Fino al 1964 infatti rimasero in vigore le “leggi Jim Crow”. Emanate nel 1870, stabilivano la segregazione razziale all’interno dei servizi pubblici. Con il motto “separati ma uguali” queste leggi aggiravano di fatto le tutele nei confronti delle etnie non bianche che erano state sancite negli emendamenti dell'era della ricostruzione (XIV e XV della Costituzione americana, compreso il XIII, emanato precedentemente). Ad esempio, i neri non avevano il diritto di voto, nonostante il XV emendamento.
Nel XX secolo la Corte Suprema iniziò ad abolire le leggi Jim Crow. Nel 1954 venne dichiarata anticostituzionale la segregazione nelle scuole, un passo decisamente molto importante.
Il presidente Lyndon Johnson firma il Civil Rights Act mentre il dottor Martin Luther King, Jr. (al centro a destra) e altri guardano
La campagna non violenta
Rosa Parks il primo dicembre 1955 a Montgomery, al ritorno da una giornata di lavoro, si rifiutò di cedere il posto ad un passeggero bianco, come stabilito dalla legge, scatenando così le proteste e venendo immediatamente arrestata ed incarcerata. Questo gesto scatenò 381 giorni di proteste pacifiche che videro Martin Luther King come leader. Le proteste consistettero nel boicottaggio dei mezzi pubblici. La vittoria arrivò nel novembre 1956 quando la Corte Suprema dichiarò illegittima la segregazione sugli autobus.
"Siamo stanchi di essere segregati e umiliati. Non abbiamo altra scelta che la protesta. Il nostro metodo sarà quello della persuasione, non della coercizione. Se protesterete con coraggio, ma anche con dignità e con amore cristiano, nel futuro gli storici dovranno dire: laggiù viveva un grande popolo, un popolo nero, che iniettò nuovo significato e dignità nelle vene della civiltà".
Nel 1957 Martin fondò la "Southern Christian Leadership Conference" (SCLC), un movimento che si batteva per i diritti di tutte le minoranze e che si fondava su ferrei precetti legati alla non-violenza di stampo gandhiano, suggerendo la nozione di resistenza passiva.
“E' necessario distinguere tra il non resistere al male, e il resistere con la non-violenza, c'è una grande differenza, c'è un abisso tra le due cose. Non c'è resistenza quando si accetta il male e la violenza”.
Durante gli anni della lotta, King venne più volte arrestato e molte manifestazioni da lui organizzate finirono con violenze e arresti di massa; lui continuò a predicare la non violenza pur subendo minacce e attentati (per 3 volte fecero esplodere bombe contro la sua casa).
Arriviamo così al 28 agosto 1963, quando oltre 250.000 persone si recarono alla “marcia per il lavoro e la libertà”, a Washington. In quell'occasione Martin, di fronte al Lincoln Memorial, pronuncerà il suo discorso più celebre: “I have a dream”. Espresse la speranza che un giorno la popolazione dei neri avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi, e che un giorno “i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza”.
Un anno più tardi nel 1964 arrivarono due vittorie importanti:
il Civil Rights Act, firmato dal Presidente Johnson, un atto che dichiarò anticostituzionale ogni tipo di segregazione nelle scuole e nei luoghi pubblici, e la consegna a Martin Luther King Jr. del Premio Nobel per la pace.
La tensione negli USA continuò a rimanere molto alta.
Il 7 marzo del 1965 ci fu la marcia per estendere il diritto di voto ai neri. Il corteo sarebbe dovuto partire da Selma per arrivare a Montgomery, ma non arrivò mai perché questa protesta pacifica venne bruscamente interrotta sull’Edmund Pettus Bridge dalla polizia che abusò di violenza sui manifestanti. Due giorni dopo venne ritentata una seconda marcia, alla quale partecipò anche King, ma ancora una volta la polizia bloccò i manifestanti sul ponte. Inoltre il pastore James Reeb (bianco), che partecipò alla marcia, venne picchiato e ucciso dai segregazionisti bianchi. L’omicidio di Reeb e le violenze sui manifestanti suscitarono molta indignazione. Nonostante le violenze subite dai manifestanti la marcia venne poi ripetuta una terza volta con successo, e il congresso approvò il Voting Rights Act. Di conseguenza anche i neri poterono votare da quel giorno.
Nell’agosto del ‘65 scoppiò una violenta rivolta a Los Angeles conosciuta come i “Watts Riots” (34 morti, 1.032 feriti e 3.952 arresti).
Dal 1966 la lotta si spostò a Chicago. Martin Luther King si trasferì. Cominciano le marce per migliorare la condizione di vita e di lavoro dei quartieri più degradati. Uno dei risultati fu “Operation breadbasket” ovvero un negoziato con le industrie di Chicago per offrire accordi di lavoro migliori per i neri.
Una lotta senza limiti
Martin Luther King Jr. non si limitò solo a combattere per i diritti degli afroamericani. Infatti durante un discorso del 4 aprile del 1967 si esprimerà anche contro la guerra del Vietnam, condannando il fatto di finanziare un conflitto nonostante la popolazione statunitense soffrisse molto la povertà. Queste dichiarazioni attirarono critiche da tutti i fronti, e acuirono i sospetti dell’FBI sul fatto che potesse aver contatti con il partito comunista.
Nell’aprile del 1968 si recò a Memphis, Tennessee, per prendere parte ad uno sciopero degli operai, evento che sfociò nella violenza. Il 3 aprile pronunciò al Mason Temple di Memphis il suo ultimo discorso. Il giorno dopo venne assassinato.
L'omicidio
Il 4 aprile del 1968 Martin Luther King venne assassinato mentre, sulla veranda dell'albergo del Lorraine Motel di Memphis, s'intratteneva a parlare con i suoi collaboratori. Alle 18:01 King venne colpito alla testa da un colpo di un fucile di precisione. Ufficialmente, il responsabile della morte del premio Nobel per la pace fu James Earl Ray. Approfittando dei momenti di panico riuscì ad allontanarsi indisturbato. L’assassino fu catturato alcuni mesi dopo all’aeroporto di Londra. Non fu mai fatta chiarezza sulla vicenda. James Earl Ray rivelò di non essere l'uccisore di King, sostenendo inoltre di sapere chi fosse il vero colpevole. Il figlio di Martin, Dexter King, gli fece visita in carcere, chiedendo se fosse davvero lui il colpevole, ma James rispose di no. La famiglia King gli credette, ma Ray non riuscì mai ad ottenere un secondo processo per provare di non essere stato il responsabile diretto dell'uccisione di Martin Luther King. Si parlava infatti di una cospirazione ai danni del leader pacifico. Nel novembre 1999, William Francis Pepper rappresentò la famiglia King in un processo civile per omicidio colposo contro Loyd Jowers. Jowers, proprietario di un ristorante a Memphis, era stato portato in tribunale civile nel dicembre 1999, e venne denunciato per aver partecipato a una cospirazione per uccidere Martin Luther King, e fu ritenuto legalmente responsabile. La famiglia King accettò 100 dollari in restituzione, un importo scelto per dimostrare che non stavano perseguendo il caso per guadagno finanziario. Coretta Scott King ha dichiarato: "La giuria era chiaramente convinta dalle ampie prove presentate durante il processo che, oltre al signor Jowers, la cospirazione della mafia, le agenzie governative locali, statali e federali, erano profondamente coinvolte nell'assassinio di mio marito. La giuria ha anche affermato prove schiaccianti che hanno identificato qualcun altro, non James Earl Ray, come il tiratore, e che il signor Ray era stato impostato per prendersi la colpa”. Ci furono altre indagini. Il 9 giugno 2000, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto di 150 pagine in cui respingeva le accuse secondo cui vi era una cospirazione per assassinare King. Probabilmente non sapremo mai la verità. Tuttavia sappiamo che non sarebbe poi così strano il coinvolgimento di servizi segreti e organi come l'FBI in cospirazioni come quella forse messa in atto contro King. Non bisogna dimenticare che Martin Luther King era perseguitato dall'FBI, il cui direttore ai tempi era il famigerato J. Edgar Hoover. Veniva intercettato a telefono e spiato (sorte che toccò anche a un altro leader per i diritti dei neri, Malcolm X, assassinato anche lui, il 21 febbraio 1965).
Il Martin Luther King, Jr. National Memorial a Washington D.C
Oggi l'esempio del dr. King è più importante che mai. Perché viviamo in una società in cui si è condannati per tutto e, purtroppo, la lotta al razzismo è tutt’altro che finita.
E’ una società in cui il “diverso” è sbagliato. Una società in cui il potere sorge grazie al sangue dei popoli oppressi. Quegli stessi popoli che urlano grida di dolore. Per questo non è possibile voltarsi dall'altra parte. Affinché quelle grida in nome di “Pace! Fratellanza! Giustizia!” non siano mai più rese vane.
*Our Voice commissione Africa
(Samuele Sparacio, Thierno Mbengue, Gisele Yabre, Miriana Mastrangelo)
Nel nome di Martin Luther King jr una battaglia al razzismo mai finita
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