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di Salvo Vitale
Non è Tommaso Buscetta, ma Matteo Renzi. Buscetta è rimasto fedele alla sua arcaica visione di mafia con i suoi disvalori, con il suo deviato concetto di onore, con alcuni inderogabili principi che Totò Riina aveva stravolto e reinterpretato sotto il segno di una violenza brutale mirata esclusivamente al controllo violento del territorio e al dominio assoluto su ogni microcellula dell’organizzazione. Per don Masino ad avere tradito Cosa Nostra era la banda di Riina e dei suoi accoliti. Renzi invece ha tradito sin dall’inizio della sua carriera politica, cercando di dirottare al centro tutto ciò che caratterizzava la sinistra. Quindi un tradimento dei valori che per quasi due secoli hanno rappresentato il punto di riferimento dei proletari, degli sfruttati, dei meno abbienti, degli autentici democratici. Il Jobs Act è stato il giro di volta che ha finito con l’allontanare definitivamente tutti coloro che ancora credevano nella lotta di classe e nel capovolgimento delle regole del capitalismo. Non si era mai sentito di un segretario del maggior partito della sinistra che regalava ai padroni uno strumento per rafforzare la pretesa di poter liquidare e licenziare i propri dipendenti, con o senza giusta causa. Naturalmente un tradimento parallelo è stato condotto anche contro la CGIL, che riuscì a portare in piazza un milione di lavoratori per protestare contro la politica governativa. Nella smania costante di ricerca del consenso della classe media, tipica dei successori ed eredi del vecchio PCI, dopo l’immissione di buona parte dei resti della vecchia D.C. l’asticella si è addirittura spostata verso il consenso delle classi agiate e padrone del potere. E quest’ondata di popolari, di relitti vecchi e nuovi del centrismo borghese, ha preso in mano il partito stritolando qualsiasi “residuo ideologico” ancorato sul principio dell’égalitè. D’Alema, Veltroni, Bersani sono stati liquidati senza pietà. La strategia della rottamazione è servita a isolare questi residui, relegandoli in uno spazio estremo già falcidiato dall’ultima campagna anticomunista condotta da Berlusconi, attraverso lo strumento della persuasione e della cooptazione del mezzo televisivo e della stampa. Ma, a parte l’ideologia, il tradimento più brutale è stato condotto anche nei confronti dei propri “compagni” di partito e di provenienza, primo fra tutti Enrico Letta: con un cinismo ributtante Renzi lo ha fatto fuori dalla Presidenza del consiglio e ne ha usurpato il posto, non in virtù di un progetto politico, ma solo per libidine di potere. Netto tradimento anche nei confronti dell’amico Berlusconi, che sin dal 2010 era andato a trovare ad Arcore, rinnovando poi il sodalizio con il Patto del Nazareno (18 gennaio 2014), alla ricerca di un’intesa per la riforma elettorale. Con ogni probabilità non vennero rispettati gli accordi che prevedevano l’elezione di un presidente della Repubblica di destra, probabilmente Gianni Letta, e che si conclusero con l’elezione di Mattarella, tirato fuori dal cappello proprio da Renzi. Berlusconi dichiarò: "Renzi porta avanti le nostre idee, sotto le insegne del PD”, e di fatto Renzi, nel 2012, aveva tirato fuori un autentico ossimoro, affermando di considerare “il liberalismo un principio di sinistra” e avendo come modello una volta Tony Blair e, adesso, Macron. Non mancano naturalmente le tentazioni maggioritarie, con cui si trova alleati come Prodi, Parisi e Veltroni. Altro tradimento, con chiara involuzione autoritaria, quello dei valori e dei principi della Costituzione, e la pseudo abolizione del Senato, ridotto a una Consulta non deliberativa. Fortunatamente il referendum ha fatto fallire il folle progetto, lasciando l’ultimo residuo d’una legge elettorale, l’orribile Rosatellum, comoda a tutti i capipartito, che prevede l’abolizione della preferenza, e la scelta a tavolino, cioè nelle mani del leader politico, di coloro che dovrebbero essere gli eletti del popolo. La legge ha portato in Parlamento orde di fedelissimi pretoriani che mai avrebbero raccogliere un minimo di preferenze, vista la loro inconsistenza politica, ma a peggiorarla è il premio di maggioranza, autentica “truffa” che stravolge i risultati elettorali in nome della governabilità e che garantisce la maggioranza assoluta al partito o alla coalizione di partiti che consegue il 40%: il tutto sempre con la presenza in Parlamento dei soliti nomi scelti dal capopartito.. I risultati di queste forzature si sono visti con le ultime elezioni e con l’affermarsi di una trivalenza partitica, dove tutto si gioca sulla spregiudicatezza, sulla ricerca esasperata del consenso e sulla diffidenza reciproca nei confronti dei propri alleati, da cambiare disinvoltamente come un vestito quando la convivenza diventa impossibile.

L’ultimo tradimento è di questi giorni ed è stato condotto con la solita spregiudicatezza, e questa volta si tratta di un tradimento doppio, nei confronti di Conte, del quale aveva benedetto il discorso di dimissioni e condiviso l’ipotesi del nuovo governo Cinquestelle-PD, e nei confronti di Zingaretti, considerato più o meno un ostaggio, comunque non del tutto manovrabile e responsabile di una lenta studiata manovra di epurazione dei vari residui di renzismo. Il solito calcolo spregiudicato è stato quello innanzitutto di valutare il giusto momento, poiché non si ripeterà mai più la possibilità di disporre di un così alto numero di parlamentari che, essendo stati da lui scelti, lo seguono pedissequamente; poi di lasciare all’interno del PD spaccato un discreto numero di suoi fedelissimi, pronti a indirizzare o raddrizzare la linea qualora questa assumesse troppe sterzate a sinistra. Le scissioni tipiche della sinistra sino ad oggi si sono verificate “a sinistra della sinistra”, cioè da chi si sente tradito, privato del progetto rivoluzionario e spinto verso l’accettazione delle regole dell’alleanza con forze borghesi, reazionarie, con le quali, politicamente, ha ben poco da dividere. Delle scissioni verso destra la più nota è quella di Palazzo Barberini 11.01.1947. Allora si disse che dietro c’erano i soldi degli Americani che volevano rompere il fronte politico del governo, molto orientato a sinistra, come del resto poi avvenne, dopo il famoso viaggio di De Gasperi in America. Adesso è difficile dire se dietro ci siano sempre i soldi degli americani, che non vedono di buon occhio le scelte filo-europeiste o quelli di Berlusconi, che terrebbe così sotto controllo il nuovo governo. In tal caso, visto che l’occasione di una rappresentanza come quella di cui dispone, non si ripresenterà, né per lui né per Berlusconi, proprio Renzi sarà il migliore garante della durata del governo sino alla sua naturale scadenza, con buona pace di Salvini, ma senza considerare eventuali colpi di coda dei Pentastellati, per i quali vale lo stesso discorso, senza che ci siano le stesse capacità d’analisi di prospettiva futura e di opportunità politica.

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