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vitale salvo c paolo bassani 2di Salvo Vitale
Leggo in un articolo di Davide de Bari, pubblicato su Antimafia Duemila, dal titolo “Peppino Impastato, la voce denuncia contro la mafia” che “La vera svolta arrivò con la fondazione di “Radio-Aut” insieme ai suoi compagni di lotta (tra cui Salvo Vitale e Umberto Santino)”,
In un altro articolo pubblicato sull’Espresso, a firma Lirio Abbate leggo che Umberto Santino era amico di Peppino Impastato.
Già nella fiction RAI su Felicia a Umberto Santino è stato attribuita una parte di primo piano, rispetto a quella data ai compagni di Peppino: solo per a qualcuno di essi è stato dato un ruolo peraltro coreografico e secondario.
Che si voglia dare più spazio al ruolo che Santino ha avuto nella vicenda di Peppino, non può che far piacere. La parte da lui avuta, dopo l’omicidio è stata fondamentale ed è stata molto spesso oscurata da quella di Giovanni Impastato o da quella dei compagni. Davvero, se non fosse stato per lui e per i suoi contatti con gli ambienti dei compagni di Palermo, non so come avrebbero potuto evolversi le indagini. Si è trattato di un lavoro giornaliero, dal momento in cui, morto Peppino, egli salì sul palco per chiudere la campagna elettorale nel comizio prenotato dallo stesso Peppino, alla mobilitazione dei partecipanti ai funerali, alla sottoscrizione per riparare il lineare rotto di Radio Aut, al bollettino “10 anni di lotta contro la mafia”, per il quale ho fornito gran parte del materiale, alla prima Manifestazione nazionale contro la mafia, fatta nel 79. E potrei continuare all’infinito, citando la registrazione e la decrittazione delle memorie di Felicia, pubblicate nel libro “La mafia a casa mia”, il dossier “Notissimi ignoti”, preparato da chi scrive  e da Felicetta Vitale, la richiesta fatta al giudice Caponnetto di riapertura delle indagini e, dopo la loro seconda chiusura, l’invito alla Procura di Palermo e in particolare al giudice Franca Imbergamo di raccogliere la testimonianza di Salvatore Palazzolo, il primo pentito della cosca di Cinisi, dalla quale si è dato l’avvio all’apertura del processo che ha condotto alla condanna di Badalamenti. Solo per dire alcune delle tante cose di cui bisogna dare atto a Santino.
Non è vero invece che egli sia stato un collaboratore di Radio Aut, come afferma Davide de Bari, o un amico di Peppino Impastato, come sostiene Lirio Abbate. La radio venne creata da Peppino, da Ciccio, da Benedetto, da Giampiero, da Guido e da qualche altro compagno. In quella fase (25 aprile 1976) non c’ero, anche se qualcuno mi ha attribuito la patente di “co-fondatore di Radio Aut”, così come non c’ero nella prima fase di preparazione dei radiogiornali. Bisogna andarci piano, perché a Cinisi si è formato un gruppetto di “ultras” che si definiscono compagni di Peppino e sono pronti a gridare come esaltati, nel momento che qualcuno cade in qualche inesattezza. E’ successo anche quest’anno nei confronti di un giovane, Ivan Vadori, che ha pubblicato in cartaceo un suo film di qualche anno fa dal titolo “La voce di Impastato”. Molti sono stati compagni di un momento, di una fase, ma si sono attribuiti il ruolo di conservatori dell’ortodossia e non hanno esitato a portare avanti autentici momenti di negazionismo e di macchina del fango nei confronti di altri compagni, com’è successo nei confronti del sottoscritto. Pur non essendo stati presenti in alcune fasi essi sostengono che erano altri, che erano presenti, a non esserci. Nel caso delle inesattezze su Santino comunque nessuno ha detto niente, forse perché nessuno se n’è accorto. E invece è stato proprio Santino a scatenare una polemica, finita in tribunale, nei confronti di Roberto Saviano, allorchè costui dopo avere scritto in un primo passaggio che la mamma di Peppino gli telefonò una volta per dirgli di stare attento, cosa non vera, in un altro libro ha scritto  che nessuno conosceva Peppino prima del film “I cento passi” e che il processo si è aperto a seguito del film. Minchiata che Santino gli ha contestato
In una sua testimonianza pubblicata nella seconda edizione della mia biografia “Nel cuore dei coralli - Peppino Impastato, una vita contro la mafia”, (edito da Rubbettino) Santino scrive:
“Non posso dire di avere conosciuto da vicino Peppino Impastato da vivo. Vigevano nella nuova sinistra (che era nuova per intensità d’impegno, passione morale e politica, vecchissima per settarismi, ansie di potere, livori personali) regole non scritte ma ferreamente e devotamente praticate: chi non fa parte del proprio “gruppo” o “partito” che ovviamente possiede la “linea giusta” e attua la “vecchia pratica rivoluzionaria”, se non è un concorrente nemico è comunque uno da salutare a stento o da non salutare nemmeno, tutt’al più una smorfia e tanto di muso lungo se lo si incontra alla manifestazione o all’”intergruppi”. Così so che Peppino ha fatto la campagna elettorale per “il Manifesto” nel 1972, ma non ci siamo incontrati perché, impegnati nella stessa campagna, non ho messo piede a Cinisi. So che era tra “quelli di Lotta Continua” quando, in una sala di Palermo, si svolgeva un dibattito in vista delle elezioni del 1976, e ho per certo che non gli è piaciuto il mio intervento, fatto a nome di “Avanguardia Operaia” e in obbedienza al “centralismo democratico”, cioè in contraddizione con quanto io stesso pensassi, che poneva qualche problema per la presentazione di una lista unitaria, mentre ha salutato con un’ovazione quello di Marco Boato che, essendo di “L.C.” non poteva che dire cose giuste e sacrosante. So pure che Peppino è venuto nello scantinato di via Agrigento, sede della libreria “Cento fiori” e del “Centro siciliano di documentazione”, tre giorni prima della sua morte sul binario e capisco perfettamente che non ci si sia neppure salutati. Le “certezze” erano già incrinate e i “cento fiori” erano solo crisantemi, ma alcune “regole” erano dure a morire: a parte la differenza d’età, di storia culturale e politica io e lui eravamo reduci dalla stessa battaglia condotta però in reggimenti diversi. Così tutto quello che ho saputo di Peppino vivo, con le sue crisi e le sue riprese, i suoi urli e il suo pudore, comincia il giorno della sua morte”.

Foto © Paolo Bassani

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