di Paolo Borrometi
Un’udienza privata di oltre mezz’ora in cui il Santo Padre ha accarezzato il mio cuore. Nessuna formalità, solo il suo sorriso infinito e la sua disarmante semplicità. Papa Francesco sapeva tutto, io raccontavo la mia esperienza di vita e Lui la anticipava, completandola. Aveva letto quelle drammatiche intercettazioni in cui i boss di Pachino, poche settimane fa, dettagliavano il piano dell’attentato, per far saltare me ed i ragazzi della mia scorta in aria. Aveva capito, più di tanti altri, il significato di quel “bum e tutti a terra”, di quei “fuochi d’artificio”, di quella “mattanza” che dovevano fare con le nostre vite.
Il Papa è stato molto duro solo in un momento, quando mi ha detto che “i mafiosi che si dicono cristiani, di cristiano non hanno nulla”.
Poi mi ha chiesto di non sentirmi isolato, di andare avanti nel mio lavoro, dicendomi che lui è con me con la preghiera e chiedendomi di dare ai ragazzi della scorta ed alla mia famiglia un “abbraccio affettuoso da parte sua”. Non credevo alle mie orecchie, ma conosceva perfettamente Modica, Vittoria e si era informato su alcune mie inchieste giornalistiche, come quella che denunciava la presenza della società del capomafia di Pachino, Salvatore Giuliano, nel consorzio Igp del famoso e buonissimo pomodorino.
Ho chiesto la sua preghiera per le tante donne ed i tanti uomini grazie ai quali sono vivo, innanzitutto le forze dell’Ordine di Siracusa e Ragusa e i Magistrati della Procura Distrettuale Antimafia di Catania, e per chi mi sta realmente accanto.
Alla fine della chiacchierata, nel suo studio privato a Santa Marta, ci ha raggiunti un carissimo amico, grazie al quale ho potuto vivere quei momenti di serenità e fede, don Marco Pozza. Solo lui poteva pensare e proporre un selfie con il Papa, preceduto da una foto, in cui il Santo Padre mi ha detto, sorridendo, “abbracciami se vuoi”.
Grazie Papa Francesco.
Tratto da: articolo21.org