di Carolina Orlandi
Ciao David,
Oggi sono cinque anni che non ti vedo. A volte mi sembra che il tempo si sia fermato là, a quando ti ho chiesto se potevo mettermi le tue pantofole e tu mi hai annuito.
Se poi ci penso bene, cinque anni sono tantissimo tempo. Cinque anni sono il tempo che ho passato alle scuole superiori, che, a confronto mi sembra quasi il doppio.
E in effetti - che stupida - è cambiato tutto.
Sono cambiata io, è cambiata mamma (discutiamo ancora ad alta voce, sai?), non viviamo più nella nostra casa e anche Ernesto se n’è andato via, come te. Oggi mamma sta in quel posto bellissimo che avevate disegnato insieme, io, invece, ho trovato un uomo che mi ama e sono andata a vivere con lui, abbiamo un cagnolina tutta nera come quella a cui ti eri affezionato al canile. Quando mi hai visto per l’ultima volta avevo 21 anni, chissà cosa pensavi di me. Chissà cosa penseresti ora. Me lo chiedo ogni giorno.
Tante persone alle quali hai voluto bene, non si ricordano più di te, dicono che ti conoscevano appena. Oppure se ne stanno in silenzio, fanno finta che non sia accaduto niente. Altre invece, che nemmeno hai mai visto, ci stanno aiutando tanto. In giro sento dire che eri un pazzo, che sei andato fuori di testa, altre volte ti dipingono come un uomo freddo, presuntuoso, un uomo di potere, di malaffare. Come possono sapere che vincevi sempre a scarabeo, che quella volta che Ernesto ti ha morso hai pianto dal dispiacere, che ogni anno compravi un cd natalizio per fare da sfondo all’apertura dei regali, che ti arrabbiavi solo quando perdevi a Risiko?
Ho paura di allontanarmi da te, da queste immagini, fino a non riconoscerne più le forme, gli odori. Ho paura che mostrarmi sempre forte e giusta possa portarmi a non sentire più niente. Ma come potrei fare quello che faccio se tenessi vicino a me la nostra vita di prima? Diventerei troppo vulnerabile e invece è importante che io sia una roccia, come mamma. Si sgretola ma si ricompatta sempre.
Da quando non ci sei, abbiamo fatto cose terribili. Ti abbiamo privato della tua discrezione, ti abbiamo spogliato di fronte a tutti. Abbiamo messo in dubbio ciò che ci dicevi e diffuso i nostri ricordi. Per amore, per quell’integrità a cui tenevi tanto, che ti portava ad arrabbiarti addirittura se un commerciante non ti faceva lo scontrino. E’ stato necessario e lo abbiamo fatto non senza sensi di colpa, sperando, ogni giorno, che tu avresti capito. Chissà se è così. In tanti non lo hanno fatto, pensano che ci vogliamo mettere in mostra, che lo facciamo per la gloria. Non so bene perché. La gloria dovrebbe far sentire appagati, invece più vado avanti più sento il vuoto che si allarga.
Mi chiedo, ogni giorno, cosa sarebbe cambiato se quella sera fossi passata da quella strada, se fossi arrivata in tempo da te. Nessuno dei passanti, nessuno dei colleghi, ha visto niente, così hanno detto. Ma io lo so che non è vero e che qualcuno, prima o poi, si deciderà a parlare. Noi stiamo provando a fare di tutto, così che nessuno si dimentichi cosa ti hanno tolto e cosa hanno tolto a noi.*
Ti ho preso in prestito tanti libri, sai? Nella mia nuova casa abbiamo fatto costruire una libreria grande, perché piano piano possa riempirla fino a farla diventare bella come la tua. Ho ritrovato anche il raccoglitore che mi avevi regalato quando facevo la collezione di biglietti da visita.
Ti aspetto, una di queste notti, è da un po’ che non ti fai vivo.
Noi intanto teniamo duro, promesso.
Ti abbraccio forte come non abbiamo fatto mai.
Tua, Caro
Tratto da: Corriere di Siena
Foto © Bruchi
David, senza di te è dura ma resistiamo
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