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trocchia nello 610di Beppe Giulietti
Chi legge Il Fatto conosce bene Nello Trocchia (in foto), giornalista coraggioso e tenace, più volte minacciato per aver messo il naso nei territori delle mafie, delle camorre, del malaffare e della corruzione. Non a caso, gli interessi colpiti hanno reagito minacciandolo e inviando i loro inquietanti messaggi. Segnali che, nonostante gli appelli e le denunce, non hanno ancora convinto le autorità a predisporre gli opportuni servizi di scorta e vigilanza. Alle minacce di ieri si sono aggiunti i pestaggi di oggi.

È accaduto a Vieste, in Puglia, dove, insieme a Riccardo Cremona, stava realizzando per conto della trasmissione “Nemo” di Rai 2, uno speciale dedicato alle infiltrazioni mafiose nell’area di Foggia e del Gargano. I due stavano filmando la scena di un delitto, quando uno dei presenti, davanti ai carabinieri, in pieno giorno, è riuscito ad aggredire, ferire e colpire Nello Trocchia che è stato costretto a farsi medicare in ospedale, per la gravità delle ferite.

Gli aggressori saranno identificati e colpiti, ma resta la gravità di aggressioni che tendono a ripetersi, in pieno giorno, ed esibita aria di sfida. Tre cronisti sono stati picchiati ad Aversa, in pieno giorno, davanti a testimoni restati muti e fermi. A Reggio Emilia, dove si svolge il processo Aemilia, sono gli imputati dalle gabbie a inveire contro i cronisti che fanno il loro mestiere. A Catania, la redazione de I Siciliani, diretta da Riccardo Orioles, storico collaboratore di Pippo Fava, si è vista recapitare una lettera di minacce, nel giorno dell’anniversario della strage di via d’Amelio. Uno dei parenti di Totò Riina trova “normale” inviare minacce in rete al giornalista di Repubblica, Salvo Palazzolo, che da tempo investiga sui patrimoni dei mafiosi.

Per non parlare di Paolo Berizzi, più volte minacciato dalla galassia neonazista per aver “osato” scoperchiare un verminaio che godeva e gode di troppe amnesie e complicità. A questo quadro, assolutamente parziale, si aggiungano le perquisizioni disposte ai danni di Marco Lillo del Fatto e di Gianluca Paolucci della Stampa che hanno configurato un oggettivo tentativo di aggirare il segreto professionale e l’obbligo di tutelare le fonti, autentici pilastri del diritto di cronaca e della libertà di informazione.

Il quadro completo è possibile ricavarlo dai puntuali rapporti predisposti dall’associazione “Ossigeno”. Da più parti, talvolta in modo legittimo ed argomentato, si alzano critiche e denunce contro la correttezza dell’informazione, ma sarà anche il caso di ricordare che i cronisti “sotto tiro” sono proprio quelli che non hanno mai rinunciato ad “illuminare” mafie e corruzione e dunque a svolgere un vero e proprio servizio pubblico.

Chi ancora crede nell’articolo 21 della Costituzione e nel diritto dei cittadini ad essere informati, invece di progettare nuovi divieti e nuovi impedimenti al libero esercizio del diritto di cronaca, dovrebbe proporre un inasprimento delle sanzioni ai danni di chi minaccia e aggredisce un cronista, non solo per il gesto in sé, ma anche e soprattutto perché vuole colpire e sfregiare il dovere di informare e il diritto ad essere informati.

Ci sarà una forza politica disposta a dare battaglia su questo fronte?

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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