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borsellino via damelio 2017 c acfbdi Jorge Figueredo*
Palermo, lunedì 17 Luglio 2017, a ridosso del 25° anniversario della strage di via d’Amelio si è svolta la conferenza “In che Stato è la mafia?" nella Facoltà di Giurisprudenza. Noi, cittadini paraguaiani, vogliamo manifestare il nostro appoggio incondizionato nella lotta contro la mafia e il sistema criminale globale che voi cittadini siciliani e di tutta Italia state portando avanti da diversi anni. In special modo in questa situazione estremamente delicata che state vivendo, perché vicini a scoprire la verità su Cosa Nostra, su chi rappresenta il vero potere criminale che ha dominato e prevalso in questo paese per oltre 150 anni, e soprattutto raggiungere la libertà che tanto aneliamo tutti.

Paolo Borsellino è più vivo che mai. 25 anni fa lo Stato-Mafia, ritenendolo un ostacolo, lo uccise crudelmente e vigliaccamente. Pensava che uccidendolo si sarebbero liberati dalla  passione per la verità e la giustizia che incarnava come magistrato. Lo manifestava con parole e azioni in conferenze, incontri, interviste, ma soprattutto nelle sue indagini e denunce contro il puzzo del crimine organizzato e della mafia. Quella mafia che era ed è ancora un cancro che si è purtroppo ramificato dentro lo Stato italiano e in tutta la società. Un cancro che ha contaminato il cuore e la mente di tutti come un virus letale che, oltre ad uccidere, inganna, manipola trasmettendo alle persone la falsa ideologia che i mafiosi sono rispettabili e uomini d'onore, che i ladri corrotti dello Stato sono dei benefattori, che gli oppressori e sfruttatori dei lavoratori e dei poveri sono mossi da umanità, che i dittatori e gli schiavisti moderni italiani sono grandi democratici, che il sistema criminale che funziona in Italia e in tutto il mondo è il miglior sistema della storia: il falso sistema democratico occidentale. Che la cultura dell’illegalità, la globalizzazione della mediocrità, l’assenza assoluta di valori e di etica nei grandi mezzi di comunicazione costituiscono qualcosa di positivo, di politicamente corretto, poiché rappresenterebbe nell’insieme la cultura attuale di questa civiltà molto avanzata in tecnologia e libertà.

Ricordiamo la morte di un grande magistrato italiano, Paolo Borsellino, che ha dato la vita per smascherare i falsi profeti della politica, dell’economia, dell’amministrazione della giustizia, di tutto lo Stato-Mafia italiano. Proprio quest’ultimo era stato il principale ideatore e mandante dell’uccisione di Paolo Borsellino e degli agenti di scolta che lo accompagnavano: Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli, ma ha cercato sempre di occultare la verità al popolo italiano: nessuno doveva sapere i motivi reali dell’omicidio e l'identità dei veri mandanti del massacro.

Quello Stato-Mafia che è ricorso ad ogni sorta di stratagemma e tergiversazione dei fatti, costruendo una manovra mafiosa per evitare che la cittadinanza italiana e mondiale prendesse coscienza del fatto che il giudice Paolo Borsellino non fu ucciso dalla mafia, specificamente da quella Cosa Nostra rappresentata da criminali come Riina, Bagarella, Brusca, Ligio, Provenzano, ecc., personaggi fantocci al servizio dei poteri de facto.

I veri responsabili della sua morte farebbero parte di quel potere che agisce nell’ombra, rappresentato dai suoi dirigenti o amministratori pubblici come Andreotti, da tutta la scoria della Democrazia Cristiana, da Berlusconi insieme al suo braccio destro Marcello Dell’Utri, (che attualmente in carcere sta scontando una pena a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa), dai servizi segreti italiani. C’è stata una vera e propria trattativa o patto tra lo Stato e la mafia italiana: ad essere essenzialmente coinvolti come menti esterne a Cosa Nostra sarebbero i grandi magnati dell’economia italiana e mondiale, grandi cardinali e vescovi potentati del Vaticano, membri della massoneria, personaggi potenti delle grandi multinazionali, fino al vertice del potere mondiale che domina non solo in Italia ma in tutto il mondo con le sue politiche economiche, educative, religiose, sanitarie e persino culturali. Criminali che cercano di distruggere non solo fisicamente gli esseri umani, ma tutti i valori più preziosi dell’uomo e che Borsellino, Falcone, Terranova, Costa, Caponnetto, Chinnici, Fava, padre Puglisi, il generale dalla Chiesa e tanti altri martiri possedevano.

I prestanome dello Stato-Mafia odiavano i valori che Paolo Borsellino manifestava nel suo essere magistrato, per questo è stato ucciso. Onestà, rettitudine, vero amore e passione nel servire gli altri, intellettualità spirituale, umanità, gioia di vivere, semplicità, umiltà, fame e sete di giustizia. Soprattutto aveva quel fuoco interiore che da giovani tutti abbiamo, ma che poi, da adulti, lo perdiamo giorno per giorno: quella capacità di essere creativi, idealisti, senza mai stancarci di indignarci di fronte all’ingiustizia e alla decadenza di questa civiltà umana.

Desidero anche ricordare le parole del vice direttore di ANTIMAFIADuemila, Lorenzo Baldo, quando nel 2012 abbiamo visitato il luogo in cui avevano ucciso Borsellino e gli uomini di scorta: “Il boato provocato dall’esplosione fu talmente forte che c’erano brandelli di carne e sangue dappertutto, i vetri dei primi piani dell’edificio dove abitata Borsellino erano andati in frantumi, c’erano vetri dappertutto; tuttavia, nonostante il pericolo del momento, la madre del giudice che abitava in uno degli appartamenti dell’edificio, sentendo l’esplosione scese le scale in fretta e uscì in strada per capire cosa era successo. Nonostante calpestasse i vetri, non si ferì, come se suo figlio morto, il cui corpo era totalmente dilaniato, l'avesse presa in braccio e protetta come un angelo”.

Non possiamo restare indifferenti in qualsiasi posto del pianeta in cui ci troviamo, né in silenzio nella lotta attuale contro la mafia che stanno combattendo i magistrati antimafia, accompagnati da organizzazioni civili e culturali, alcuni giornalisti, ma soprattutto i giovani di questo meraviglioso paese. Componenti rappresentate nella conferenza “In che Stato è la mafia?” dai relatori Nino Di Matteo, magistrato della Direzione nazionale antimafia titolare del processo sulla trattativa Stato-mafia; Giuseppe Lombardo, procuratore aggiunto a Reggio Calabria; Gianfranco Donadio, magistrato ed attuale membro della Commissione Moro; Antonio Ingroia, avvocato ed ex pm di Palermo; Saverio Lodato, giornalista e scrittore; Salvatore Borsellino, fondatore del movimento delle Agende Rosse e fratello di Paolo Borsellino; e il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni. Ma voglio anche ricordare i giovani del Movimento Culturale "Our Voice", che hanno già una portata internazionale con il loro spettacolo “L'arte uccide la mafia".

A 25 anni dell'assassinio di Paolo Borsellino e di Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli non sappiamo ancora chi ha voluto e ordinato a Cosa Nostra di uccidere il giudice, a soli 57 giorni dal massacro di Capaci. C’è ancora molto dolore e quella sofferenza potrà essere placata solo se si troveranno piene risposte a tutti i punti interrogativi non risolti di questo atroce crimine.    

I servitori della Giustizia ed i cittadini in generale del Paraguay ed America latina non devono pensare che la lotta attuale dell'antimafia italiana compete solo a quei pochi rappresentanti della magistratura e della società civile. Tutti i magistrati, giornalisti e cittadini che hanno coscienza non possono essere tanto meschini ed egoisti e nel lasciarvi soli in questa guerra per la liberazione dell'uomo. Perché la vostra causa è anche la nostra lotta, perché è in gioco il futuro dei nostri figli e nipoti e di tutta l'umanità.

Vi auguriamo forza per andare sempre avanti, compagni, amici e fratelli, da quest'altra isola del mondo, cuore dell'America del Sud, il Paraguay. Per noi, voi siete pionieri della grande rivoluzione culturale che è già iniziata ed è esempio di vita per proseguire nella guerra contro la mafia.

Foto © ACFB

*Magistrato paraguaiano

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