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masi di matteo bndi Sabrina D'Elpidio
Ho iniziato questa battaglia in completa solitudine con la convinzione che alla fine la Verità sarebbe emersa, anche se quella che sembrava la via più naturale da percorrere diventa sempre più insidiosa
Parole amare quelle scritte dal Maresciallo Saverio Masi sul proprio profilo Facebook, parole che riassumono la difficoltà vissuta da lui e da molti altri che come lui, hanno intrapreso la strada di denunce gravissime volte a smascherare comportamenti criminali all’interno delle istituzioni. Qual è “la via più naturale” di cui parla l’attuale capo scorta del magistrato Nino Di Matteo? Denunciare? No. Questa è proprio la via più tortuosa, perché non viviamo in un Paese che favorisce comportamenti legalitari. Il sistema Italia, favorisce comportamenti criminali. E’ bene dire le cose come stanno.

Saverio Masi era un investigatore di grandi doti, riconosciute più volte platealmente dai propri superiori. Elogi e note di merito fino a quando non diventa scomodo. Come? Trasferendosi dal nucleo investigativo di Napoli a Palermo col desiderio di offrire il proprio contributo nel porre fine alle lunghe e vergognose latitanze che indignavano l’Italia intera e parte dell’opinione pubblica internazionale. Si mette sulle tracce di Provenzano, consulta vecchi verbali e scopre indizi evidentemente e colpevolmente sottovalutati dai colleghi. Nel giro di poco tempo individua i complici del boss corleonese e i favoreggiatori più vicini seguendo i quali, si avvicina alla sua cattura ma, quello che poteva essere l’inizio di un barlume di giustizia sulla morte di Falcone, Borsellino e i preziosi agenti di scorta che con loro sono morti nelle stragi, si è rivelato il boccone più amaro da ingoiare. Saverio Masi prende coscienza, da una serie di ostacoli ingiustificabili posti dinanzi alle sue indagini, ai suoi pedinamenti e alle sue scoperte, che nessuno intorno a lui, ha intenzione di catturare Provenzano.
Semmai gli fosse sorto qualche dubbio intorno a questa amara consapevolezza, sarebbe svanita in un secondo dietro le dure affermazioni dei superiori, che Masi denuncia: “Noi non abbiamo intenzione di prendere Provenzano! Non hai capito niente allora? Ti devi fermare.Hai finito di fare il finto coglione? Dicci cosa vuoi che te lo diamo. Ti serve il posto di lavoro per tua sorella?” 
Domani, il gip di Palermo, si esprimerà sull’archiviazione delle denunce del Maresciallo Saverio Masi e del suo collega Salvatore Fiducia, anch’egli testimone di impedimenti inspiegabili durante indagini e operazioni volte a raggiungere l’arresto di Bernardo Provenzano. Se non verrà accolta la richiesta del legale dei due ufficiali, di proseguire e approfondire le indagini, scatterà l’archiviazione delle denunce e sarà sferrato un duro colpo alla storia di questo Paese e alla vita di uomini che con grande sacrificio, hanno scelto quella via tortuosa di cui parlavamo all’inizio.

Saverio Masi ha già pagato con un lunghissimo periodo di mobbing che va avanti da undici anni. Strappato al nucleo investigativo e assegnato al reparto scorte. Ha pagato con un processo vergognoso che gli ha consegnato una condanna che grida vendetta , ha pagato perché è testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia dove appare sempre più evidente, la responsabilità di alti ufficiali dell’arma, nel favorire Cosa nostra ma il codice penale non li condanna, dice che sono solo responsabili di “negligenza”. Eppure sono tante le testimonianze che ci consegnano una realtà parallela rispetto a quella conosciuta pubblicamente riguardo ai fatti che ruotano intorno alla mancata cattura di Bernardo Provenzano e agli accordi sciagurati stipulati dallo Stato con la mafia siciliana. Ci sono le testimonianze del colonnello Riccio che racconta di come il 31 ottobre 1995 , Bernardo Provenzano ha scampato l’arresto grazie al mancato blitz di Mezzojuso. Un confidente del boss, Luigi Ilardo, l’aveva fin li condotto. Sembrava tutto sotto controllo ma, “i negligenti”, impedirono di proseguire. Luigi Ilardo fu ucciso di li a poco. Ci sono le testimonianze del Generale Nicolò Gebbia: “Io preso in giro e condotto per il naso verso direzioni che non erano quelle che avrebbero potuto assicurare alla giustizia i principali latitanti di mafia. Preso in giro dagli immancabili “negligenti”.

Come si fa a parlare di archiviazione? Chi si prenderà una simile responsabilità? 
Massimo Ciancimino, il principale testimone nel processo trattativa, è stato arrestato. Come si comportano negli altri Paesi in presenza di super testimoni di questa portata? Ciancimino oltralpe, sarebbe custodito in una località segreta e non sottoposto a continui atti intimidatori come fin qui accaduto. Lo Stato sempre più complice, in netta superiorità criminale nel confronto con le organizzazioni che col crimine, ci campano. Ma solo grazie alla corruzione di uomini dello Stato.
I negligenti hanno fatto brillanti carriere; i fedeli uomini dell’arma, vessati da procedimenti costosi e interminabili. Sia impedita l’archiviazione. Poniamo un limite alle vergogne di Stato.

Tratto da: themisemetis.com

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