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manca attilio 3Missiva per: Di Matteo, Borsellino, Ciotti, Travaglio, Guzzanti, de Magistris, Maraini ed altri...
di Luciano Armeli Iapichino

Criminale! Vorrei iniziare questa lettera con la parola criminale. Tornerò tra qualche riga sul perché di questo input forse eccessivo, forse inappropriato, forse inadeguato … o forse troppo puro e non del tutto schietto se riferito all’iter processuale inerente alla morte dell’urologo siciliano, Dott. Attilio Manca. I destinatari di questa missiva non sono stati scelti a caso. Rappresentano, a molte latitudini, di certo per alcuni che pochi non sono, compreso lo scrivente, l’ultimo baluardo sano di quel mondo delle istituzioni, del giornalismo, dello spettacolo, della rappresentanza del popolo e della cultura. Rappresentano, ossia, i degni riceventi cui poter affidare, nell’Italia di oggi, una riflessione, uno sfogo, l’amara e di certo l’ennesima consapevolezza che il Paese-Italia, quello del Bernini, degli Uffizi, del teatro greco di Siracusa, quello della bellezza smisurata, quello delle vittime sacrificate sull’altare della mafia, sia diventato il palcoscenico di una tragedia insolita ma, a quanto pare e per certi aspetti, tristemente cronica:

la mortificazione del Diritto alla Verità.

La grande civiltà italica, la sua martoriata storia e la bellezza della creatività sopravvivono, paradossalmente, come sfondo tetro in cui è messa in scena l’esecuzione, al muro della vergogna, della Giustizia; l’umiliazione dell’Intelligenza della parte sana, civile, onesta e indifesa di questa nazione; il martirio dell’Anima del suo popolo. Solo che l’attore principale, in altre parole, l’esecutore materiale del vile reato sembra, annidarsi, sovente, in certi palazzi. Quelli delle Istituzioni. Istituzioni il cui rispetto resta, comunque, sacro e inamovibile.

Criminale, dicevo, e non saprei come definirlo, il farsesco e accidentato iter processuale sulla morte di Attilio Manca. Sulla morte di un ragazzo di provincia il cui unico torto sembra essere stato, nell’Italietta dei nostri tempi, quello di essersi elevato umanamente e professionalmente, dopo anni di sacrifici suoi e della sua famiglia, a quel grado di eccellente metamorfosi in cui la trasformazione è quella da “homo” a “vir”, e a cui tanti anelano, ma che soltanto pochi hanno la fortuna di conseguire (le parole sono di Attilio). E forse ha avuto anche il torto, di credere in questo Paese e di servirlo con straordinaria competenza, come voi state brillantemente eseguendo, senza attuare fughe all’estero, prima di essere murato giovane e promettente dietro una lastra di freddo marmo con l’ignominiosa onta di drogato.

E sì, perché capita!

Capita in questa straordinaria terra di costituzionalisti, giuristi e premi Nobel che sia attuata, dallo stesso humus umano, una prassi “sporca” e miserabile, emblema di bassa strategia morale e giurisprudenziale: quella di confezionare dossier e/o testimonianze ad hoc per gettare palate di fango su chi, morto e indifeso, costituisce un pericolo per l’architrave di Stato o di certe Istituzioni, covi di potere occulti e segreti inconfessabili, anche quando il regno dei morti è divenuto la sua dimora.

L’eccellente urologo, e non solo lui, è vittima ancora una volta di veleni che si respirano in una certa area geografica del messinese, Barcellona Pozzo di Gotto, e con esattezza di quella parte sociale della cittadina che umilia il regime del 41 bis e i docenti universitari e che ha avuto un ruolo di primo piano nelle faccende inquietanti della storia di questa nazione, copertura di pericolosi latitanti compresa. Una strategia che porta l’urologo, pertanto, colto da estrema euforia esistenziale, a inocularsi nell’avambraccio sinistro (lui che era un mancino puro) un mix di eroina, diazepam e alcool, sfigurandosi il volto e martellando il corpo di ecchimosi, testicoli compresi; incenerendo, altresì, in un solo attimo i sacrifici di una vita, la luminosa carriera, l’amore per i familiari, la stima di pazienti e di colleghi per un attimo di “sballo” o di non so cosa, così come la procura di Viterbo, da anni, forse troppi, vuole, a fatica e senza imbarazzo, trucidando la norma giurisprudenziale e, allo stesso tempo, l’intelligenza di una civiltà, chiudere la quaestio.

Senza entrare nel merito delle incongruenze procedurali, delle testimonianze, dei referti autoptici, dei tabulati telefonici, dei verbali veri e di quelli falsi, dei pentiti, di Carmelo D’Amico, della Costa Azzurra, Marsiglia e Provenzano, delle coperture e della sua latitanza, di probabili mandanti, dell’estromissione della parte civile, della presunta o certa accidia istituzionale, di quella che qualcuno ha definito sciatterie giudiziarie e le indagini, sulla morte di Attilio, superficiali, una cosa sembra assolutamente certa: quel volto, come quel corpo, devastato da inaudita violenza non deve e non può essere sbattuto in faccia ad una nazione e, prima di essa, ai familiari di questo ragazzo come azzardato suicidio.

L’orribile maschera di quel bellissimo uomo, emblema di un’overdose di colpi, è la bandiera nera di quell’Italia anomala e inquietante che sventola sulle roccaforti di certi poteri e che va estirpata.

Lo scontro di civiltà è in corso, in primis, dentro il perimetro di questa Italia.

Attilio, figlio di docenti siciliani, non è e non sarà mai, né può diventarlo, la vittima sacrificale a protezione di chi, nel passato, ha servito a vario ruolo e titolo il suo Paese coprendo i latitanti, componendo, dunque, quel sistema grigio che si erge a piaga dannosamente incancrenita per la dignità, la realizzazione e la serenità di un popolo.

Il perché dei vostri nomi?

Semplicemente perché, solo voi, riferimenti degli umili e degli ultimi, potrete coordinare il vostro animo, le vostre competenze, i vostri ideali, la vostra volontà e i vostri sforzi per far si che il rebus Attilio Manca non sia liquidato, con la complicità di un certo bavaglio mediatico, come affaire di un eroinomane di provincia che operava al millimetro.

Semplicemente perché anche la vostra intelligenza e l’umanità di uomini e genitori non siano umiliate e offese da una Procura che si vuole ergere, a tutti i costi, come incontrastata porta degli Inferi, sabotando ciò che di democratico è stato costruito dai sacrifici risorgimentali e patriottici, e invalidando ciò che in termini di bellezza è stato costruito da un genio creativo millenario.

Se molto avete concretato sino adesso per questa straordinaria penisola e (chi, per competenza) anche per Attilio, com’è del resto visibile a tutti, penso che per lui e per la sua famiglia qualcosa in più possa essere ancora scritto, soprattutto in questa delicata fase storico-processuale.

Quest’urlo di dolore è, vuole essere, una rinnovata fiducia in voi, avamposto nella guerra contro gli infedeli al dettato costituzionale e a difesa della civiltà, riposta dal basso, affinché l’ultimo mattone della vergogna non sia posto a chiusura delle indagini.

La mobilitazione di tanti ha salvato la Costituzione. Quella di tutti, se voleste aiutarci a organizzarla (evidentemente serve un piccolo sforzo in più) restituirà dignità a un giovane ragazzo siciliano e alla sua terra che, in un piccolo cimitero, porta il suo nome. Aiutateci.

Con stima.

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