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mussolini fiamma neradi Ludovico Armenio*
Nell’ambito del processo “Mafia Capitale” figurano beni per 28 milioni di euro sequestrati a un imprenditore legato alle cooperative Domus Caritatis e Eriches 29 giugno.
Si parla di 32 terreni e 75 immobili, e tra questi ce n’è uno che non può passare inosservato: è “Fiamma Nera”, lo yacht appartenuto a Benito Mussolini.
Affondata nel 1943, per evitare la distruzione da parte dei tedeschi, venne recuperata e restaurata nel dopoguerra dal conte Sereni, e per questo ribattezzata “Serenella”.
E’ l’ennesimo “spettro nero” che aleggia sul nostro paese, e in particolare nella Roma odierna.
Basti pensare a Massimo Carminati, ritenuto a capo della consorteria criminale ora sotto processo, ex militante dei Nuclei Armati Rivoluzionari; basti pensare ai legami tra gli stessi N.A.R. e la banda della Magliana, che se non sfociano nel campo della politicizzazione, possono essere certamente definiti collaborazioni; e senza andare troppo lontano, anche i trascorsi giovanili dell’ex sindaco Gianni Alemanno sono a tinte nere.
Ricordando di non cadere nel pozzo senza fondo della strumentalizzazione politica, riprendendo la lezione del giornalista dell’Espresso Lirio Abbate, bisogna tenere presente che Mafia Capitale è un’organizzazione che non bada ai colori politici, e lo si capisce dalle liste dei rinviati a giudizio.
Ma piuttosto si può notare l’aria grottesca e anacronistica che questi spettri neri danno alla vicenda.
Gli uomini che si professano - o professavano - come neofascisti e che oggi sono coinvolti nell’inchiesta romana della propria ideologia non conservano che una componente estetica.
Aspetto che emerge, ad esempio, dalle intercettazioni telefoniche di Carminati, il “boss spaccone” che si presenta come intoccabile, ostentando forza, sicurezza e immunità rispetto alla legge.
Ma la sua azione è assolutamente priva di riferimenti ideologici: collabora con personaggi del mondo della sinistra sociale, le sue operazioni criminali hanno risvolti e valore economico - se si può definire “valore” - e non certamente ideologico, così come i componenti del coacervo criminale non sono parte dello stesso per la propria formazione politica, quanto per il ruolo politico e decisionale che ricoprono.
Di “nero” - come di “rosso” - non rimane che un simbolismo privo di significato, privo di un riscontro reale; la cosiddetta crisi delle ideologie che oggi stiamo vivendo non esenta la criminalità romana dal confronto con il linguaggio politico attuale.
Torniamo così allo yacht: oggi non  è che un pezzo di legno, e il suo mantenimento da parte di criminali “deideologizzati” svaluta il significato che in altre fasi storiche poteva assumere, come nel caso del suo recupero da parte del conte Sereni, che, vista l’epoca, ha dell’eroico.
Oggi invece appare grottescamente, ci fa quasi sorridere, è l’ennesimo tassello di quella “Roma Pulp” che nasconde i suoi traffici - che vedono coinvolti politici, imprenditori, professionisti, criminali, ex militanti - sotto un velo consunto di esasperata ideologia.

*18 anni, studente

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