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no alla mafia manifdi Francesco Bertelli
La mia è una brava riflessione su un tema delicato e allo stesso tempo fondamentale.
Che cosa è l’antimafia? Si possono fare decine di convegni su questo (e se ne fanno), ma occorre tenere presente un punto: se un soggetto x si definisce praticante di antimafia, significa che x non “deve” (e il virgolettato è voluto) trarre dalla sua attività benefici per se stesso; bensì il beneficio lo devono trarre i soggetti y, z, ecc che lo ascoltano; che imparano da lui determinate notizie; che capiscono e comprendono le dinamiche che stanno dietro alle migliaia storie di mafia di cui è costellato il nostro Paese. Un beneficio che gli altri ricevono di carattere culturale e morale (in poche parole: la lotta alla mafia).

Fare antimafia significa mettere a disposizione parte del proprio tempo per rendere un servizio utile ai più deboli, che sono spesso i più vessati dal fenomeno mafioso (e per mafioso si possono intendere decine di sfaccettature diverse).

Fare antimafia significa imparare dall’insegnamento delle decine di martiri uccisi che il nostro Stato ha lasciato soli (Falcone, Borsellino e Don Pino Puglisi sono tra gli ultimi in ordine temporale; ma di servitori dello Stato, che lo stesso Stato ha emarginato portandoli alla morte c’è un elenco infinito che tutti noi conosciamo).

Fare antimafia, visto che viviamo in Italia (paese unico nel suo genere), significa insegnare ed aiutare a capire ai più giovani ciò che è successo nel nostro Paese nel passato recente che rischia (grazie purtroppo ad un’informazione completamente assente) di essere dimenticato. Se questo scopo funziona, ti da un senso di gratificazione impossibile da definire a parole.
Nel mio piccolo, da studente universitario (come altre migliaia di studenti) mi dedico all’antimafia per spiegare agli altri cosa ci vogliono fare dimenticare. E ritengo che le scuole siano il luogo più adatto e primario in cui fare antimafia.

Ma c’è un altro punto da tenere presente: siamo tutti esseri umani. Questo non è pregio. Tutt’altro. L’uomo di fronte al denaro diventa uguale ad infiniti altri uomini: si può far corrompere e ricattare. Si piega al sistema mafioso.
Lo vediamo in politica. Quanti si sono nascosti dietro la bandiera dell’antimafia per poi sottobanco favorire la mafia? La casistica anche in questo caso è lunga. Lo si vede in Sicilia e nel Sud, ma lo si vede anche nel resto del Paese. La politica ha distorto il significato di antimafia rendendo oggi difficile (e certe volte impossibile) distinguere mafia da antimafia. E’ la stessa politica che fisiologicamente dallo sbarco degli americani in Sicilia in avanti, ha stipulato dei patti con le mafie, rinnovando sempre il dialogo con queste ultime (quello che noi oggi chiamiamo “trattativa”).

E’ a questa politica e a queste “mafie” che il lavoro della vera antimafia da fastidio. Ed è per questo motivo che troviamo di fronte costantemente a fatti piccoli e grandi di vero e proprio stralcio dell’antimafia. Non è un caso se il tema torna a far discutere a due giorni dal coinvolgimento di una bandiera storica per tutti i movimenti antimafia: Pino Maniaci.
Non è compito del sottoscritto creare sentenze o giudizi prima dello svolgimento delle indagini. Uso le parole che ha scritto Salvatore Borsellino: “Anche il semplice sospetto deve servire a isolare certe persone che purtroppo fanno un danno grandissimo, una ulteriore ferita che si aggiunge a quelle che già abbiamo, e che non si rimarginano. Il fatto che ci sia gente che sfrutta l’antimafia per i propri interessi personali, come sembra abbia fatto questo personaggio, ci colpisce e ci spinge quasi a non mescolarci e a gestire la memoria dei nostri familiari in privato piuttosto che davanti a tutti”.

E’ il messaggio che passa ciò che conta. Indipendentemente dal fatto che in questa vicenda Maniaci sia colpevole o innocente (vittima di un complotto ai suoi danni o meno), è il movimento della vera antimafia ad esserne colpito al cuore. E’ indebolito, per il semplice fatto che eventi del genere accadono costantemente: sia a livello elevato (come il caso Maniaci) sia a livello basso dei piccoli movimenti antimafia. Apparire, restare in primo piano rispetto ad altri, ottenere dei tornaconti personali che intrecciano gli ambienti dell’antimafia con quelli della mafia.
Questo è il cancro della vera antimafia. Si uccidono due volte i Paolo Borsellino, i Giovanni Falcone e tutti i servitori dello Stato che nella vera Antimafia ci credevano, e per questo hanno perso la vita.
Non credere più a nessuno non è la soluzione giusta. L’antimafia va fatta dal basso, e occorre certamente creare (tutti insieme) dei sistemi per accertarci e stare attenti su coloro che circondano i vari movimenti antimafia: da Scorta Civica, alle Agende Rosse, per arrivare a Libera.
Bisogna fare molta attenzione a questo perché il rischio che dal nome antimafia scompaia la parola “anti” è molto alto.

ANTIMAFIADuemila
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